Un interpretazione cognitiva dell'attacco di panico
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Come riconoscere un attacco di panico.
Secondo uno dei più importanti manuali di psicologia (Psicoterapia cognitiva dell'ansia, Sassaroli, Lorenzini, Ruggiero, 2006), il panico “altro non è che la più pura, semplice e intensa manifestazione di paura”. Ma la domanda che mi rivolgono la maggior parte dei pazienti e soprattutto rivolgono a se stessi è: ho avuto un attacco di panico? Molti sono convinti di averlo vissuto, pur non sapendo molte caratteristiche di questo disturbo.
L'attacco di panico è solo una delle varie forme di ansia. La cosa che lo caratterizza e che lo distingue da esse e da un altro importante disturbo dell'area psichica, è la sensazione riportata dalla maggior parte delle persone di stare per morire o per “impazzire”, ossia perdere il controllo delle proprie azioni e del proprio comportamento. L'individuo vive in prima persona l'esperienza più catastrofica, l'unica a cui non c'è rimedio: la “perdita di sè”, ossia la morte o la follia, e la sperimenta nell'immediato, non la vive come una paura futura.
Un'altra importante caratteristica del singolo attacco di panico è la sua durata: essa infatti va dai 2 agli 8 minuti, che sono minuti vissuti come interminabili per la persona che li sta vivendo. Passato questo momento, si ha una paura talmente forte che esso possa ripetersi, che si tende ad “evitare” di fare le stesse cose che si stavano facendo quella volta, e di tornare nello stesso posto. L'evitamento, poi, si allarga ad un'ampia gamma di situazioni che mettono il soggetto in uno stato di tensione, cui non riesce a resistere. Un'altra strategia che può mettere in atto per calmare questa tensione interna così elevata è l'uso di alcool o di farmaci.
Quindi, la cosa che consigliamo alle persone affette da questo disturbo è di fermarsi ad analizzare l'evento che li ha impauriti, cercando di capire bene se si tratta o meno di un attacco di panico vero e proprio o di un altro disturbo.
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