Attacco di panico ed EMDR

L'ansia è considerata "uno stato affettivo spiacevole, contraddistinto da sentimenti di incertezza, di insicurezza, di paura che si collegano ad una sensazione, spesso vaga ed indefinita ma sempre penosa, di pericolo: come se qualcosa di minaccioso incombesse sulla persona, obbligandola ad una specie di ritrazione (o di difesa) rispetto alla sua normale vita di relazione, all'azione in corso, ai suoi compiti ed ai suoi progetti". (p.5. U. Galimberti, 2002).

È spesso caratterizzata da fenomeni somatici soprattutto rilegati all'Attacco di Panico, culmine del disturbo ansioso, quali: iperventilazione, palpitazione cardiaca, intorpidimento del corpo, ottundimento dei rumori e stordimento della vista, sudore freddo, blocco del corpo, sensazioni di svenimento e alle volte vedersi fuori dal proprio corpo;

Queste sono "modificazioni collegate al sistema nervoso autonomo e soprattutto all'azione del sistema simpatico". (p.5 R. J. Blumenschine, J. A. Cavallo, 2000).

La prima impressione è che l'ansia, e l'attacco di panico nello specifico, siano puramente una patologia o peggio un sintomo di una grave disturbo.

In realtà non solo l'Ansia e l'Attacco di Panico sono considerate le esperienze più spiacevoli che una persona sana possa vivere, ma senza di loro la nostra specie non sarebbe sopravvissuta, il problema è che molti non conoscono perché vengono attivate queste reazioni corporee durante un momento d'ansia eccessivo o un attacco di panico. Queste attivazioni sono dei meccanismi di attacco e fuga che ci salvano nei momenti di pericolo.

Alle nostre origini

Ai pazienti che soffrono di attacchi di panico ed ansia elevata spiego il senso dei sintomi fisici che vivono nei momenti più brutti e che spaventano partendo dalle origini della nostra specie.

Se nella nostra preistoria, di fronte ad un animale pericoloso, ci fossimo fermati a pensare.. saremo stati divorati.

Per questo motivo il nostro cervello attivava quei sintomi che preparano il nostro corpo o all'attacco o alla fuga. Attiva le aree più ancestrali del nostro cervello, il sistema limbico (l'area delle nostre emozioni), e allo stesso tempo disattiva, o meglio diminuisce, l'attivazione di quelle più cognitive e razionali, l'area prefrontale e frontale.

 

Di fronte ad un pericolo il nostro cervello inizia a dare segnali specifici al nostro corpo. Il primo è l'iperventilazione, quel respiro veloce a piccoli tratti; la sensazione errata nell'iperventilazione è l'assenza di ossigeno, in realtà nel nostro corpo viene aumentata l'ossigenazione e questo è il primo sintomo che scatenerà tutto il resto.

L'iperossigenazione aumenta la tachicardia (spesso si ha la sensazione di avere un infarto o di morire) che pomperà più velocemente il sangue caricato d'ossigeno ai muscoli delle gambe e delle braccia. Questo serve per preparare i muscoli alla fuga e all'attacco ma causa anche l'irrigidimento degli arti.

Ovviamente l'affluenza del sangue agli arti diminuirà quello agli organi interni, questo non è solo per il cambiamento del flusso sanguigno ma perché, nel caso venissimo feriti ad un organo, questo perderà meno sangue, permettendoci così di difenderci o scappare nonostante la ferita. Ecco perché quando siamo in ansia ci si chiude lo stomaco.

Anche l'intorpidimento del corpo e la sensazione di formicolio hanno un senso all'interno del circolo attacco e fuga. Il nostro corpo perde sensibilità soprattutto agli arti perché nel caso venissimo colpiti non riuscissimo a sentire troppo dolore per poter ancora scappare o combattere.

Anche il cervello avrà meno nutrimento in quanto sia il sangue ma le sostanze essenziali saranno tutte confluite verso i muscoli; questo dà il senso dell'offuscamento e di svenimento, come una incapacità di comprendere ciò che accade o peggio di impazzire.

La sensazione di svenimento però è illusoria perché durante un attacco di panico la pressione si alza e l'adrenalina pure, escludendo quindi anche il rischio dell'infarto.

Di solito si sviene dopo l'attacco di panico, che dura qualche minuto, a causa del crollo delle energie, della pressione e del potassio. Anche se la sensazione di malessere persisterà per ore, alle volte per quasi tutto il giorno.

Un attacco di panico di qualche minuto brucia le energia di una corsa, perché tutto il nostro corpo è stato attivato per poter scappare al massimo delle nostre energie.

Infatti se all'inizio di un attacco di panico o durante un'eccessiva ansia andassimo a correre la sensazione di malessere svanirebbe. Lo sport aiuta molto a prevenire questo disturbo.

Ma, com'è risaputo, chi soffre di una forte ansia e attacchi di panico non ha la capacità in quel momento di ragionare, tanto meno di correre se non si sta scappando da qualcosa o qualcuno. Ecco perché la prima cosa che si insegna è la respirazione.

Reagire con la respirazione

La respirazione è essenziale per ristabilire l'equilibrio di ossigeno e anidride carbonica che viene destabilizzata agli inizi dell'attacco di panico; si deve quindi respirare l'anidride carbonica per riportare il livello di ossigenazione ai livelli ottimali.

I modi consigliati sono due:

·         il primo io lo chiamo il sostitutivo delle gocce al bisogno, cioè il sacchettino. Respirando dentro ad un sacchettino di carta, facendo attenzione a non far entrare ossigeno, in pochi secondi si respirerà solo anidride carbonica e si disattiveranno sul nascere tutti quei sintomi che stavano per essere attivati dall'iperventilazione;

·         il secondo è la respirazione addominale che aiuta la persona non solo a rilassarsi ma a respirare con cadenze prestabilite, contrastando quindi la velocità ansiogena dell'iperventilazione. Questa tecnica, come le tecniche di rilassamento, è bene però impararle nei momenti di tranquillità e non di agitazione, per poterle praticare bene.

L'ansia quindi è parte del genere umano, e i meccanismi somatici che si attivano fanno parte della sopravvivenza della razza umana in situazioni di pericolo e di attacco e fuga.

"Se l'individuo non possiede mezzi psichici sufficienti per rispondere alla situazione con decisioni idonee e con adeguate ristrutturazioni del proprio mondo cognitivo‐affettivo, l'ansia di tipo situazionale tende a trasformarsi in forme più gravi e generalizzate che, ovviamente, possono instaurarsi anche al di là di ogni contingenza situazionale".

Capita quindi che viviamo una forte ansia o addirittura un attacco di panico senza una fonte esterna ben precisa ed evidente, o di pericolo; questo ci dà il senso di non essere mai al sicuro, succubi del nostro corpo che non controlliamo e della nostra mente che non comprendiamo.

È cosa ormai dimostrata che dopo il primo attacco di panico, anche senza una fonte di pericolo, si instaura un meccanismo automatico di terrore per i prossimi futuri e possibili attacchi, meccanismo per cui inevitabilmente ne creerà altri (ansia anticipatoria).

Molto spesso questo disturbo, se non è causato da un'esperienza traumatica vissuta direttamente o indirettamente, potrebbe essere causato da una perdita o allontanamento o cambiamento della vita molto importante non necessariamente negativo (lutto, matrimonio, diventare genitori, esami, separazioni, trasferimenti ecc ecc). Questa è la teoria di natura dinamica che va ad indagare le cause inconsce rendendole consapevoli.

Ma cosa succede nel nostro cervello quando entriamo in uno stato elevato di ansia, fino ad un attacco di panico?

La neurofisiologia dell'attacco di panico

"Le basi biologiche dell'ansia rimandano alla caratteristica attività delle zone mesencefaliche, ipotalamiche e limbiche attraverso una complessa rete di collegamenti tra loro e con zone della neo‐ corteccia particolarmente nei lobi frontali, nonché all'azione dei mediatori neuro‐chimici, particolarmente al metabolismo dell'adrenalina e della nor‐adrenalina". (p.4 M. F. Bear, W. B. Connors, A. M. Paradiso, 2002).

Molte ricerche neurofisiologiche hanno dimostrato dei correlati tra il sistema limbico e le manifestazioni parossistiche, tipiche dell'ansia (Avanzini, 1998).

Il sistema limbico è deputato all'elaborazione delle emozioni ma anche degli stati affettivi-istintivi; è un'area sottocorticale, quindi la parte del cervello più interna ed antica, ed è costituita da una serie di nuclei collegati tra loro (setto, amigdala, ippocampo, nuclei anteriori, corpi mammillari, ipotalamo e nuclei dorsali del talamo). Il sistema limbico tende a salvaguardare la sopravvivenza dell'individuo regolando i comportamenti, le emozioni, le attività vegetative e somatiche.

Un ipereccitamento del sistema limbico comporta un'attivazione del sistema di paura e panico, alcune aree nello specifico sono coinvolte nell'attivazione dell'ansia e del panico (locus coeruleus, amigdala e ippocampo).

Un'iperattivazione del sistema non solo lo disconnette dalle aree corticali cognitive, ma diminuisce l'attivazione dell'area frontale, che è la parte che caratterizza l'aspetto cognitivo e razionale dell'essere umano (la specie umana è quella che ha il lobo frontale più sviluppato).

EMDR PER GLI ATTACCHI DI PANICO

È importante precisare che non esiste un approccio unico per curare gli attacchi di panico, ma l' orientamento più indicato è quello Cognitivo Comportamentale (CBT) che, attraverso tecniche comportamentali e ristrutturazione cognitiva, va a diminuire l'intensità dei sintomi e spesso aiuta la persona a controllare i momenti più critici. Ma a distanza di un anno si nota un lieve ritorno della sintomatologia (EMDR and Cognitive- Behavioural Therapy in the treatment of Panic Disorder: a comparison. Rivista di Psichiatria 2012).

Mentre il CBT va a modificare le azioni e i pensieri distorti, una tecnica più efficace, anche unita alla CBT, è la terapia EMDR (EMDR and Cognitive- Behavioural Therapy in the treatment of Panic Disorder: a comparison. Rivista di Psichiatria 2012).

L'EMDR non solo va a diminuire, e in alcuni casi eliminare, i sintomi dell'attacco di panico, ma elabora i traumi che hanno creato il primo Attacco e lo stesso Attacco di panico iniziale, perchè per chi soffre di attacchi di panico, la prima esperienza di questo disagio diventa traumatica di per sé, creando quindi la cosiddetta ansia anticipatoria e quindi una conseguente serie di attacchi di panico.

Nello specifico attraverso l'EMDR il terapeuta può:

·         elaborare le situazioni scatenanti legate al primo attacco di panico;

·         attraverso il "come back" (o in analisi transazionale si potrebbe definire tecnica dell'elastico), rimanendo nella situazione presente, si viaggia verso i primi ricordi del paziente rilegati alla situazione che ha comportato la nascita del primo attacco di panico (prevalentemente è un collegamento emotivo, quindi attivando i ricordi più antichi che si collegano allo stato emotivo del qui ed ora). Possono così essere elaborati e desensibilizzati. Nel caso invece l'attacco di panico sia collegato ad un Trauma specifico e del presente (incidente, violenza), può essere sufficiente elaborare quel ricordo, ma sempre dopo una buona anamnesi ;

·         elaborare il ricordo degli attacchi di panico più significativi (il primo, il peggiore e l'ultimo) proprio perchè l'attacco o gli attacchi di panico stessi sono considerati dei traumi che comportano quindi un disturbo post traumatico da stress;

·         e infine sostenere e rafforzare una prospettiva futura adattiva per affrontare situazioni legale ai sintomi (modello futuro).

 

 

La ricerca ha dimostrato che l'EMDR sembra produrre un miglioramento più rapido e duraturo nel tempo dei sintomi e in particolare dell'ansia anticipatoria.

Unita quindi ad un approccio cognitivo comportamentale, per la gestione degli attacchi nel qui ed ora, e un momento psicoeducazionale rispetto all'ansia e agli attacchi di panico, l'EMDR può dare un contributo più veloce e duraturo rispetto al disturbo d'ansia e dell'attacco di panico.

 

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