Parlarsi per Capirsi: Strategie di Comunicazione Efficace per Tutti i Giorni

Quante volte ti è capitato di dire qualcosa con le migliori intenzioni, e vedere l’altra persona reagire male? Oppure di uscire da una conversazione con la sensazione di non essere stato capito, o di non aver capito proprio nulla? Tranquillə, succede a tutti. La buona notizia è che non è (solo) colpa nostra. La comunicazione non è un talento che “o ce l’hai o non ce l’hai”, ma un’abilità che si può allenare. E sì, può davvero fare la differenza, tanto nel lavoro quanto nella vita privata.

Perché saper comunicare è così importante

Comunicare bene non significa semplicemente “parlare”. Significa farsi capire, certo, ma anche saper ascoltare, leggere tra le righe, capire le emozioni proprie e altrui. Significa riuscire a dire “no” senza ferire, a chiedere aiuto senza sentirsi deboli, a risolvere un conflitto senza alzare la voce. Tutto questo impatta sui nostri rapporti: con i colleghi, con il partner, con gli amici, con i figli, persino con noi stessi.

Nel mondo del lavoro, ad esempio, saper comunicare aumenta la nostra autorevolezza, ci aiuta a fare squadra, a ottenere feedback utili, a gestire meglio le relazioni con capi e collaboratori. Nella vita privata, la comunicazione efficace crea legami più autentici, ci fa sentire più vicini, più compresi e... meno soli.

Un esempio pratico: la storia di Elena

Elena ha 35 anni, lavora in ambito marketing, è precisa, brillante, molto capace. Ma ha un problema: spesso si sente "invisibile" durante le riunioni. Quando prova a dire la sua, qualcuno la interrompe. Quando lancia un’idea, viene ignorata, ma poi magari un collega la ripropone e riceve applausi. A casa, invece, si trova spesso in discussioni con il suo compagno perché, dice, “non mi ascolta mai davvero”.

Quando ci siamo conosciuti in studio, Elena era frustrata. Non capiva dove stesse sbagliando. “Mi sembra di parlare chiaro, ma nessuno mi ascolta”, mi disse durante il primo incontro.

Abbiamo iniziato da lì: non da cosa diceva, ma da come lo diceva.

Cosa abbiamo scoperto

Nel lavoro, Elena parlava con un tono incerto, iniziava spesso le frasi con “Scusate se interrompo” o “Non so se ha senso, ma…”. Il suo linguaggio del corpo era chiuso, lo sguardo basso, le mani sulle ginocchia. Questo, anche se inconsapevolmente, mandava un messaggio: “non sono sicura di quello che dico”.

A casa, invece, comunicava in modo molto più emotivo. Quando si sentiva non ascoltata, accumulava frustrazione fino a esplodere con frasi come “Tanto non te ne frega niente di me”. Parole che allontanano, invece di avvicinare.

In entrambi i contesti, il punto era lo stesso: Elena non si sentiva legittimata ad esprimersi con forza e chiarezza. Il risultato? Non veniva ascoltata. E più non veniva ascoltata, più si chiudeva in se stessa o reagiva con rabbia. Un circolo vizioso.

La strategia: la comunicazione assertiva

Per uscire da questo schema, abbiamo lavorato su un concetto fondamentale: l’assertività. Che non è essere aggressivi o duri, ma il contrario: è la capacità di esprimere i propri bisogni, opinioni ed emozioni in modo chiaro, diretto e rispettoso, sia verso di sé che verso gli altri.

Ecco cosa abbiamo fatto, passo dopo passo:

1. Riconoscere i propri bisogni

Abbiamo lavorato sul capire cosa voleva comunicare veramente Elena. Cosa desiderava? Sentirsi riconosciuta, ascoltata, considerata. E questo non è “egoismo”, ma un bisogno legittimo.

2. Usare il linguaggio "IO"

Invece di dire “Tu non mi ascolti mai” (che suona come un'accusa), ha imparato a dire: “Io mi sento messa da parte quando non mi guardi mentre parlo”. Cambia tutto: non attacca, ma comunica un'emozione.

3. Curare il non verbale

Abbiamo fatto delle prove pratiche: sguardo diretto, postura aperta, voce ferma. All’inizio sembrava una recita, ma pian piano Elena ha iniziato a sentire che quelle modalità le appartenevano.

4. Chiedere spazio con fermezza

Nel lavoro, ha smesso di iniziare con “Scusate se interrompo”. Ha imparato a dire: “Vorrei aggiungere un punto su questo tema” o “Posso proporre un’alternativa?”. Le sue parole hanno iniziato ad avere più peso.

5. Dare valore a sé stessa

La vera svolta è stata questa: Elena ha iniziato a sentirsi più legittimata ad esistere nello spazio della comunicazione. E quando tu senti di avere valore, anche gli altri lo percepiscono.

Comunicare è relazione, non solo informazione

Ad oggi Elena non è diventata una “comunicatrice perfetta”. Ma ha acquisito strumenti concreti per esprimersi meglio. Più che altro, è cambiato il suo modo di stare nelle relazioni. E questo è il cuore della comunicazione: non tanto parlare per “dire qualcosa”, ma per creare un ponte, per entrare in contatto autentico con l’altro.

E non serve essere dei grandi oratori. Basta allenarsi, un passo alla volta. Osservare come comunichiamo, fare attenzione alle parole che usiamo, chiederci se stiamo davvero ascoltando l’altro o solo aspettando il nostro turno per parlare. E, soprattutto, riconoscere che la comunicazione è un atto di cura: verso noi stessi e verso gli altri.

Prova anche tu: un piccolo esercizio pratico

La prossima volta che ti trovi in una conversazione difficile, prova a usare questa formula:

“Quando succede [comportamento specifico], io mi sento [emozione]. Mi piacerebbe che [bisogno/soluzione]”.

Esempio: “Quando parli sopra di me durante le riunioni, io mi sento ignorata. Mi piacerebbe che potessimo darci il tempo di ascoltarci a vicenda”.

È semplice, ma potente. Aiuta a spostare la comunicazione da un terreno conflittuale a uno di confronto.

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