Come uscire dalla dipendenza affettiva: la strada giusta

La Dipendenza Affettiva o Love Addiction, anche definita mal d’amore è uno dei mali dei nostri tempi.
E’ una dolorosa condizione relazionale che proviene da una sofferenza interna, ma si esplica in relazione con un altro che abbia una problematica complementare, sia che la relazione sia effettiva che in fase di corteggiamento, oppure sia terminata.
Vi sono forme totalmente unilaterali che si inquadrano nell’ambito dei deliri oppure delle idealizzazioni romantiche adolescenziali, che sono parte normale dello sviluppo.
Così il dipendente (più spesso donne, ma non solo) si trova “perfettamente” incastrato in una relazione che genera sofferenza, come una chiave quando trova la sua serratura.
Nel Manuale Dei Disturbi Mentali questa condizione è descritta come Disturbo Dipendente di Personalità che ha in comune con la Dipendenza Affettiva il bisogno dell’altro, con la differenza che chi presenta un Disturbo Dipendente di Personalità per il suo equilibrio psichico è più preoccupato di rimanere solo, sentendosi debole e incapace ad affrontare la vita di tutti i giorni, mentre chi soffre di dipendenza affettiva può rimanere ancorato per molti anni all’amore e passione per una persona specifica anche dopo che la relazione è finita e può sentirne una vera e propria astinenza come se si trattasse di una droga.
Il Dipendente Affettivo soffre molto sia in relazione sia quando la relazione finisce o non comincia proprio dopo essere stato illuso tramite una manipolazione più o meno consapevole dell’altro.
Di solito il partner complementare è una persona apparentemente sicura di sé, che rientra nell’ambito delle personalità narcisistiche con Attaccamento Relazionale di Tipo Evitante e cioè un modo di stare in relazione che sminuisce l’attaccamento e pone se stessi al centro del mondo.
Essa è una difesa psichica che ha avuto un suo senso nel passato della persona ma porta diversi problemi nella vita attuale. In particolare i narcisisti faticano a mettersi in relazione autenticamente e tendono allo sfruttamento psichico.
Ma quali sono i sintomi di chi soffre di Dipendenza Affettiva?
I sintomi più dolorosi sono i sensi di vuoto, i pensieri ossessivi rivolti al partner (attuale, ex o futuro) a come piacergli, quindi come cambiare nella direzione di poter piacere e riuscire ad avvicinarlo o tenerlo vicino.
La sensazione, a cui il partner contribuisce, è quella di essere spesso a un passo dalla perfezione e dal farcela per sentirsi poi subito fallire nell’intento di essere amati e riconosciuti nei propri sforzi.
Il narcisista idealizza poi svaluta, concede e poi toglie mentre il Dipendente cerca di riempire i vuoti e i dolori dell’infanzia tramite l’ottenimento di quella approvazione fugace e mai completa.
Entrambi fanno fatica ad essere autentici perché organizzano forme complementari di difesa sopra il vuoto e il dolore vissuto nella loro infanzia.
Il meccanismo doloroso per il Dipendente Affettivo è quello delle droghe: queste ultime, mentre vanno parzialmente a coprire un vuoto con una momentanea euforia, non fanno altro che aumentare la profondità del vuoto emotivo di fondo ad ogni nuova dose, una volta caduto il velo dell’entusiasmo.
I dipendenti affettivi vedono in quell’amore la soluzione a tutti i loro problemi, e spesso un riscatto e un riconoscimento del loro valore, e si possono sentire davvero innamorati.
La sofferenza insorge dopo il lungo logoramento prima di accorgersi che c’è qualcosa che non va in come stanno procedendo le cose: si inizia a fare mente locale sui messaggi ambigui ricevuti (complimenti e poi svalutazioni, messaggi relativi all’essere importanti per l’altro e poi freddezza relazionale, comunicazione ambigua) e si inizia a dubitare sulla lunghezza eccessiva di un corteggiamento che non approda mai a nulla, nemmeno a una fine, oppure sulla giostra di alti bassi di una relazione che da una parte sembra linfa vitale dall’altra sembra togliere tutte le energie e far ammalare.
Oppure sull’impossibilità totale di dimenticare l’ex partner dopo la fine di una relazione di questo tipo: eccitante da una parte, ma straziante dall’altra.
Le personalità dello spettro narcisistico infatti riescono con il loro fascino ed anche la loro debolezza ad attirare donne (ma anche uomini) che hanno lo spirito da crocerossina, oppure una ferita dell’autostima, oppure anche donne forti che però vengono agganciate nel loro punto debole: io ce la farò perché sono diversa dalle altre, che non sono riuscite a conquistarlo.
Oppure ancora sono donne di base fiduciose e si accorgono troppo tardi di essere state prese in giro, perché inizialmente il partner si è presentato sotto vesti di normalità e gesti romantici.
Vi sono situazioni dove invece non si trova un partner esattamente complementare e allora questi problemi non si espliciteranno in modo eclatante nella relazione, ma queste persone non si sentiranno comprese nel loro accudire compulsivamente gli altri, o nel compiacerli, o nell’essere particolarmente gelosi, quindi la relazione finirà ed emergerà la loro profonda fatica ad accettare la chiusura di una relazione.
In particolare il non sentire ricambiato l’amore può costituire una sofferenza molto grande che appare insopportabile.
La persona ha già subito questa ferita e fa fatica a non attribuirla ad una propria inadeguatezza o a qualcosa che ha comunque a che fare con una sua mancanza.
Ciò che contraddistingue queste dolorose situazioni è il rimanere bloccati in uno stato di rabbia perché si sente che si è sottoposti a un destino ingiusto.
A volte si può essere persino spaventati dopo aver compreso la propria ferita e visto quanto il proprio partner fosse a sua volta in difficoltà e che, pur non riuscendo a instaurare una relazione autentica ritorni continuamente a farsi vivo per trattare l’altro come un oggetto ai propri fini (mantenere il proprio equilibrio psichico grazie all’adorazione del partner e al suo amore).
Chi soffre di dipendenza affettiva può sviluppare inoltre sintomi accessori come depressione, ansia generalizzata, insonnia, pensieri ossessivi.
La conseguenza pratica più penosa è che una persona che generalmente è brava nel suo lavoro, o comunque dotata di voglia di vivere e di amare, concentra la sua energia psichica in questa ossessione e non riesce più a dedicarsi alla sua vita o lo fa con una gran fatica.
A volte queste persone non riuscendo ad accettare il corso delle cose, passano il tempo a verificare su facebook o whatsApp cosa sta facendo la persona amata, se è o non è online, e ogni dettaglio può scatenare pensieri, interpretazioni e gelosie.
E’ possibile venire a contatto con personalità dai tratti narcisistici particolarmente rigide nella loro struttura che alcune persone incorrono in una sindrome come conseguenza del trauma di essere stati trattati come oggetti, chiamato da Trauma da Narcisismo descritto dal Dott Pier Pietro Brunelli.
Esso è caratterizzato da veri e propri disturbi riguardanti la sfera psicofisica della persona accentuati come quando si subisce un vero e proprio trauma: cioè la reazione di fronte ad eventi che superano le capacità di sopportazione psichica della persona e che sono relativi a minacce di sopravvivenza proprie o di altri.
Spesso questa sofferenza è acuita dal non essere compresi dagli altri e il senso di colpa con la sensazione di “essersela cercata” in quanto si ama quella persona. Ci si sente colpevoli del proprio amore che da una parte c’è ancora e dall’altra invece è inorridito da ciò che ha compreso.
Lo definirei uno chock dovuto all’impossibilità di comprendere, cioè di mettere insieme tutti gli elementi (persona che amo e pensavo mi amasse/persona che mi fa del male, mi usa).
Ciò che sembrava vero all’improvviso non lo è più.

Uscire dalla Dipendenza Affettiva è comunque possibile e comporta diverse fasi:
-consapevolezza cognitiva (ricerca di informazioni e letture adeguate che aiutino a inquadrare mentalmente la situazione, a dare un nome a ciò che già si era intuito nelle dinamiche di coppia e dell’altro);
-consapevolezza cognitiva del proprio contributo alla situazione e dei propri dolori;
-presa di contatto con le emozioni sottostanti i comportamenti compulsivi: paura, rabbia, tristezza;
-presa di contatto con le emozioni riguardanti il lutto (fine della relazione o fine di un’illusione);
-individuazione e apprendimento dei propri bisogni più autentici;
-apprendimento all’attenzione costante su se stessi più che alla colpevolizzazione dell’altro.


Le persone candidate alla psicoterapia sono quelle che riescono a raggiungere la prima fase e cioè a comprendere che c’è qualcosa che non va e soprattutto a comprendere che c’è il proprio contributo e che l’unico lavoro possibile da fare è su se stessi.
Il momento più difficile è quello in cui bisogna ammettere per la propria salvezza di avere una ferita da curare e che non è sufficiente dare tutte le colpe all’altro e alla sua patologia.
E’ possibile che la rabbia tenga ancora incatenati e impedisca di proseguire con la propria vita.
Anche se questa rabbia è legittima, l’unica persona che può cambiare il corso delle cose non è il partner, ma questa volta il potere è nelle mani del dipendete affettivo.
La prima fase informativa può essere fatta da soli, oppure tramite workshop, seminari o gruppi di crescita.
Dopo di che è fondamentale un percorso di Psicoterapia inizialmente Individuale per potersi finalmente occupare di se stessi e fortificarsi.
L’Individuazione, la comprensione di se stessi e l’accrescimento dell’autostima in una relazione duale sicura sono i primi passi da compiere per chi si porta dietro questa ferita.
In seguito può essere utile l’inserimento in un Gruppo Psicoterapeutico per imparare a riaprirsi agli altri, e a stare in relazione in modo autentico.
Per esperienza posso dire che la Psicoterapia è un vero e proprio viaggio alla scoperta di se stessi che può diventare man mano sempre più piacevole per queste persone che sono abituate a non essere viste, a non essere importanti, a prodigarsi per gli altri e a non sentirsi degne di stima.
Loro stesse e le loro relazioni iniziano a prendere contorni sempre più sfumati dove non ci sono Buoni o Cattivi assoluti potendo così sciogliere la paura di cadere nell’uno o nell’altro estremo, concedendosi di vedere anche la propria forza interna e la ferita degli altri.
Questo passaggio conduce ad un’autostima più realistica e a modi più costruttivi di trovare risposta ai propri bisogni più autentici.
L’impostazione di fondo del mio lavoro con questo tipo di difficoltà, è considerare la Dipendenza Affettiva alla stregua di altre Dipendenze: una vera e propria droga.

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