Disturbi del comportamento alimentare (DCA)

DEFINIZIONE

Si definiscono come persistenti disturbi del comportamento alimentare quei comportamenti finalizzati al controllo del peso corporeo, che danneggiano in modo significativo la salute fisica o il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta.

CAUSE

I fattori di rischio sono molteplici e vanno ricercati sia tra gli aspetti genetici che tra quelli psicosociali.

L’ individuazione specifica di alcuni fattori consente di attivare strategie diverse secondo la tipologia del rischio, per individuare le possibilità di evitare o almeno di ridurre l’incidenza nella popolazione generale.

CLASSIFICAZIONE

anoressia nervosa

mantenimento attivo di basso peso (BMI  17.5)
amenorree nelle donne che hanno già mestruato o assunzione di estroprogestinici…
valutazione di se basata in modo predominante o esclusivo su: alimentazione, peso, forme corporee e sul loro controllo
bulimia nervosa

abbuffate ricorrenti
comportamento di controllo del peso estremi es. diete ferree, vomito, lassativi.
Valutazione di sè basate in modo prevalente o esclusivo su alimentazione, peso, forme corporee e sul loro controllo.
disturbi  dell’alimentazione atipici

Fame notturna
Obesità
Ortoressia
Vigoressia
Si tratta di disturbi dell’alimentazione di severità clinica che soddisfano la definizione di disturbo dell’alimentazione ma non i criteri diagnostici dell’anoressia e della bulimia.

DISTRIBUZIONE NELLA POPOLAZIONE IN GENERALE

L’Anoressia Nervosa (AN) e la Bulimia Nervosa (BN) compaiono in maniera predominante nelle società occidentali.

L’età di insorgenza dell’AN è l’adolescenza o in alcuni casi in giovani adulti mentre  per la  BN è vero il contrario: è maggiore nei giovani adulti e in alcuni adolescenti.

Rispetto alla distribuzione legata al sesso l’AN vede il 90% di donne coinvolte. Nella BN pur essendo predominante nelle donne tuttavia colpisce anche i maschi più dell’anoressia.

L’AN mostra una possibile maggior prevalenza nelle classi sociali sociali elevate mentre la BN è distribuita in tutte le classi.

L’incidenza dell’AN è pressochè raddoppiata dagli anni sessanta indicando che il disturbo può essere una soluzione sempre più comune per una varietà di fattori stressanti intrapsichici, familiari o ambientali.

ANORESSIA NERVOSA

Eziologia  

Secondo la Bruch la  preoccupazione riguardo al cibo e al peso è una manifestazione secondaria di un disturbo fondamentale del concetto di sè. La maggior parte dei pazienti hanno la ferma convinzione di essere completamente impotenti e inefficaci.

Il quadro premorboso, precedente all’esplodere del disturbo è quello di una perfetta brava piccola bambina che tenta in tutti i modi di compiacere i genitori fino a quando improvvisamente non comincia ad essere testarda  e  negativista.

Si tratta di pazienti che mancano di un qualche senso di autonomia, incapaci di tener sotto controllo le loro funzioni corporee. L’anoressia nervosa, è quindi “un tentativo di cura di sé“ per sviluppare attraverso la disciplina del corpo un senso di individualità e di efficacia interpersonale.

La Bruch ha individuato inoltre una relazione disturbata tra l’infante e la madre. La madre sembra prendersi cura della bambina in funzione dei propri bisogni piuttosto che di quelli della bambina.

Non sviluppando di conseguenza un sano senso di sé, la bambina si esperisce come un’estensione della madre, non come un centro di autonomia per suo stesso diritto.

Minuchin e coll. hanno descritto uno schema di invischiamento nella famiglia dei pazienti anoressici, nel quale vi è una generale assenza di confini generazionali e personali. Ciascun membro della famiglia è ipercoinvolto nella vita di ogni altro membro al punto che nessuno esperisce un senso di identità separata al di là della matrice familiare.

Secondo la teoria cognitivo comportamentale il meccanismo centrale nel mantenimento dei disturbi alimentari è uno schema disfunzionale di autovalutazione.

Per quanto tutti gli studi convergano nel focalizzare l’attenzione madre – figlia, Bemporad e Ratey (1985) hanno osservato uno schema caratteristico di coinvolgimento paterno con le figlie anoressiche. Il tipico padre era superficialmente interessato e supportivo ma emotivamente abbandonava la figlia ogni volta che lei aveva realmente bisogno di lui. Entrambi i genitori spesso vivono una grave delusione riguardo al loro matrimonio, il che porta ciascun genitore a cercare sostegno emotivo nella figlia.

BULIMIA NERVOSA

Eziologia

Nel considerare l’eziologia della bulimia nervosa dobbiamo tener conto di un’ampia eterogeneità all’interno della quale spesso sintomi bulimici si alternano a sintomi anoressici.

Spesso vi sono concomitanti disturbi psichiatrici e più della metà delle pazienti bulimiche può soffrire di associati disturbi della personalità.

Un quadro clinico di bulimia può essere osservato in pazienti con strutture caratteriali ampiamente diverse, in uno spettro che parte dalla struttura nevrotica, attraversa quella bordeline per giungere fino alla struttura psicotica.

Mentre la paziente anoressica è caratterizzata da una maggiore forza dell’Io e da un maggior controllo del Super Io, la paziente bulimica può soffrire di una generalizzata incapacità di posticipare la scarica degli impulsi, a causa di un Io indebolito e di un Super Io debole.

Le pazienti bulimiche generalmente usano le relazioni interpersonali come un modo di ricevere danno o punizione da fonti esterne.

Mintz ha individuato l’origine dei bisogni di punizione della paziente bulimica in un’enorme riserva di aggressività inconscia diretta contro le figure genitoriali.

Questa rabbia viene spostata sul cibo che viene poi cannibalescamente distrutto.

Alcuni autori hanno individuato che un tratto comune nella storia delle pazienti bulimiche è l’assenza di un oggetto transizionale che aiuti la bambina a separarsi psicologicamente dalla madre. In tal senso l’ingestione di cibo può rappresentare il desiderio di fusione simbiotica con la madre e l’espulsione di cibo un tentativo di separarsi da lei . La relazione della bulimica con la madre è simile a quella anoressica e così, anche il quadro familiare presenta un modello in cui ciascun membro dipende da tutti gli altri membri per mantenere un senso di coesione. In particolare nelle famiglie bulimiche predomina una modalità di gestire le qualità “cattive, inaccettabili”: da una parte è presente un forte bisogno delle famiglie di essere visti come tutti “ buoni”, dall’altra le qualità inaccettabili dei genitori vengono spesso proiettate nelle bambine bulimiche che divengono quindi le depositarie di tutta la cattiveria.

MODELLO ORGANIZZATIVO DI RIFERIMENTO

Si intende operare con un modello teorico di riferimento integrato (sistemico-relazionale, psicodinamico, corporeo) ed interdisciplinare (medico, psicologico, psicoterapeutico, psichiatrico, sociale).

La valutazione diagnostica

Durante i primi colloqui si effettua una valutazione comprendente: lo stato clinico fisico (peso, situazione  metabolica, funzionalità cardiaca, ecc.), l’attuale assetto psicologico ed eventualmente psichiatrico comprendente, tra le altre, la coscienza di malattia, la motivazione alla cura sia  a livello individuale sia a livello familiare.

Per quanto concerne l’indagine psicopatologica si procederà:

1) alla somministrazione di test psicodiagnostici

2) valutazione psichiatrica  ed eventuale necessità di prescrizione  farmacologica

3) valutazione attraverso colloqui individuali e familiari.

Nei colloqui individuali verranno approfondite le seguenti tematiche:

a-la capacità di chiedere aiuto

b-la capacità di prendere in considerazione un percorso terapeutico

c-la capacità di interagire con i terapeuti e la capacità di relazione

d-la consapevolezza di malattia

e-la possibilità di costruire l’alleanza terapeutica

f-ricostruire la situazione attuale inerente il controllo del peso, le abitudini alimentari e gli     atteggiamenti riguardo al vissuto corporeo

g-ricerca del significato del sintomo nella storia psicologica della paziente e sulla strutturazione della personalità della stessa

h-indagine per acquisire i dati utili per valutare se siano soddisfatti i criteri diagnostici per Anoressia Nervosa  e Bulimia Nervosa  o per altri sottotipi di sindromi, distinzione importante per il significato clinico e prognostico.

Per quanto concerne la valutazione internistico – nutrizionale, alla luce della complessità del disturbo, appare importante il primo contatto con il paziente, contatto che richiede particolare cautela e sensibilità.

Già dalle prime fasi di valutazione è importante che venga garantita l’integrazione dei due livelli internistico e psicologico.

La diagnosi  Internistico-Nutrizionale comprende:

a-la valutazione clinico-anamnestica.

Questa è costituita dall’anamnesi fisiologica, familiare e patologica con particolare riferimento alla storia del peso corporeo e alle fluttuazioni ponderali recenti; all’andamento della  patologia nel tempo, alla ricerca di meccanismi di compenso quali vomito autoindotto, lassativi, diuretici, iperattività fisica e la presenza di disturbi del ciclo mestruale .L’esame obiettivo è mirato alla evidenziazione di condizioni patologiche associate e/o complicanze quali ipertrofia delle parotidi, segno di Russell ed erosione dello smalto dei denti.

b-la valutazione dello stato nutrizionale

E’ possibile attuare tale valutazione attraverso il calcolo dell’Indice di Massa Corporea (IMC ) o l’uso di tabelle auxologiche, previa misurazione del peso e della statura

c-la valutazione della condotta alimentare e della spesa energetica.

Si tratta di descrivere le abitudini alimentari, la strutturazione quantitativa e qualitativa dei pasti, il monitoraggio dell’attività fisica e dei comportamenti compensatori. In questo tipo di percorso può essere utile  l’utilizzazione di un diario alimentare.

IL PROGRAMMA TERAPEUTICO

Successivamente  alla fase della valutazione si individua  quale trattamento sia da concordare con il/la paziente e la sua famiglia; si potrà ritenere opportuno procedere a livello ambulatoriale o all’inserimento in una struttura residenziale o semiresidenziale o in casi di estrema necessità andrà disposto il ricovero in una struttura ospedaliera Per quanto concerne gli aspetti clinico nutrizionali s’intende avvalersi della collaborazione degli altri servizi ospedalieri ed ambulatoriali dell’ASL (dietologi, diabetologi, cardiologi, ginecologi e il Servizio di Medicina dell’Ospedale).

Il trattamento psicoterapeutico individuale costituisce il fondamento della terapia  per i pazienti con disturbi del comportamento alimentare e viene messo  in atto integrandolo con il trattamento nutrizionale e psico sociale familiare. I pazienti, inoltre, potranno avere buoni esiti anche dall’integrazione del percorso individuale con la partecipazione a gruppi di auto mutuo aiuto, gruppi psicodinamici o a gruppi di lavoro corporeo

Gli interventi sulla famiglia  non debbono necessariamente essere solo di terapia familiare sistemica  ma anche  interventi con e sulla famiglia: da il sostegno psicologico, alla costituzione di gruppi di auto mutuo aiuto, all’intervento su singoli membri del gruppo familiare.

Qualora si ravvisi la necessità dell’inserimento in una struttura residenziale per un periodo di tempo congruo in genere al raggiungimento di obiettivi clinici e terapeutici che permettano poi, un programma di psicoterapia, si ritiene di poter far attualmente ricorso a strutture esistenti sul territorio nazionale, da richiedere alla ASL di competenza

Anche il ricovero ospedaliero può essere un’evenienza temporanea e preliminare all’avvio del trattamento ambulatoriale.

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