Prendere corpo nel XXI secolo

I disturbi del comportamento alimentare più noti sono l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa, dove l’aggettivo “nervosa” indica la natura psichica del disturbo.

Essi si caratterizzano per un’alterazione delle abitudini alimentari (restrizioni dietetiche nell’anoressia, episodi di abbuffate seguiti da condotte compensatorie nella bulimia) e una marcata preoccupazione per il peso e le forme del corpo, che influisce eccessivamente sui livelli di autostima. Mentre l’anoressia è in genere un disturbo egosintonico (la persona non lo avverte come un problema), i sintomi della bulimia sono, invece, egodistonici, (il soggetto spesso nasconde il suo disturbo per vergogna).

I disturbi del comportamento alimentare insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il genere femminile.

Per comprendere questi dati è necessario conoscere le caratteristiche della fase della vita che chiamiamo adolescenza e del nuovo contesto sociale in cui viviamo.

Il compito evolutivo fondamentale dell’adolescente è quello di definire la propria identità, in modo positivo e stabile. Per questo è indispensabile che sviluppi solide sicurezze interne, fondate sulla possibilità di riconoscere i propri bisogni (in senso lato, da quelli materiali a quelli psicologici) e le proprie risorse per rispondervi.

Oggi però la realizzazione di questo compito fase-specifico dell’adolescenza sembra incontrare ostacoli nuovi rispetto al passato.

L’elaborazione mentale dei cambiamenti corporei tipici di questa fase della vita, col conseguente adattamento psichico agli stessi, è resa più difficile dal continuo bombardamento di stimoli sensoriali audiovisivi da parte dei social e dei mass media, che favorisce l’uso di forme concrete di pensiero.

Anche l’emancipazione dalla vecchia rete di relazioni familiari infantili è più ardua rispetto a pochi decenni fa. La famiglia oggi sembra essere più preoccupata di crescere figli “felici” (evitandogli il più possibile dolore mentale e frustrazioni e cercando di saturare ogni desiderio prima ancora che emerga) che avente l’obiettivo di trasmettere anche norme e regole sociali. In questo modo l’adolescente non sa con chi scontrarsi, manca lo stimolo a crescere, il sano scontro generazionale.

Anche il nuovo contesto sociale non aiuta la definizione della propria identità adulta, soprattutto per le ragazze, dati i modelli di femminilità vecchi e nuovi contrastanti. Esse, infatti, crescono imparando ad attribuire molta importanza a valori considerati tradizionalmente maschili (l’ascesa, il successo sociale, la competitività). Così, alle soglie della pubertà, quando il corpo rivela i segni di una potenzialità materna, essa richiama l’antico ruolo femminile, di moglie e madre, dunque di un ruolo subordinato a quello maschile, e anche l’eco di una maternità che è attualmente svalutata (minor numero di figli e messi al mondo più tardi) ed in contrasto con il modello estetico odierno.

In aggiunta, i mass media espongono ad un continuo proliferare di immagini di corpi magri e di consigli dietetici, favorendo il fatto che i disturbi del comportamento alimentare siano “di moda”.

In quest’ottica è quindi possibile affermare che i disturbi del comportamento alimentare rappresentino una soluzione di compromesso, anche se disfunzionale, per affrontare i compiti di sviluppo fase-specifici dell’adolescenza.

In questo modo, infatti, si sposta sul corpo in trasformazione il malessere che si prova di fronte al passaggio dallo status di bambino a quello di “adulto”. Il disagio deriva principalmente dai vissuti collegati ai bisogni, che generano ansia, in quanto evocano sensazioni di passività e perdita di controllo. Uno dei modi di reagire è quindi cercare di riprendere padronanza attraverso tentativi di esercitare un controllo onnipotente sul corpo, che è la manifestazione più evidente del cambiamento.

Così l’adolescente, in modo illusorio, nega i bisogni, ad esempio quello della fame (attraverso la dieta), o cerca di eliminare lo stato di bisogno (si abbuffa e poi butta fuori).

I disturbi del comportamento alimentare danno quindi all’adolescente l’illusione di realizzare i compiti di sviluppo, rappresentando però in realtà uno scacco del processo di definizione della propria identità. L’alterazione della condotta alimentare è dunque solo una conseguenza.

In questi casi quindi l’intervento psicoterapico in adolescenza è finalizzato ad aiutare a sviluppare un senso di sicurezza, attraverso l’integrazione delle polarità sopra evidenziate, promuovendo così un processo di crescita autonoma.

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