Come costruire un narcisista

Il significato più profondo della personalità narcisistica è sostanzialmente quello di un ripiegamento su di sé, non nel senso di chiusura solitaria, che anzi il narcisista ama mettersi in mostra, brillare, stare sulla scena e ricevere applausi, ma in quello di ascoltare solo sé stesso, i propri convincimenti ed idee, di dare spazio solo a sé, riducendo al minimo quello di chi gli sta intorno.

Il narcisista è il monarca assoluto, pienamente convinto che le proprie posizioni siano sempre le migliori, non criticabili e che il potere che esercita nella relazione sia ovvio, talmente ovvio che non è spesso nemmeno consapevole. E’ affetto da un sentimento di potenza che sconfina nell’onnipotenza e questo ci dice che spesso non tiene conto dei dati di realtà, preso com’è dai propri riferimenti interni.

“Caspita però, che sicurezza, che autostima!” viene da pensare.  Queste persone danno in effetti un’idea di forza, di chiarezza di intenti, di capacità di arrivare con successo a raggiungere nella vita obiettivi importanti. Ed è vero che in certe fortunate circostanze e momenti diventano leader incontrastati, con quanto di pericoloso questo può comportare, ma è altrettanto vero che la corazza narcisistica racchiude in realtà un vuoto interno, una incapacità a sentire sentimenti veri di trasporto verso l’altro ed in ultima analisi una rigidità personale che è il contrario della vera forza.

Ma come si arriva lì? Quali premesse e quale percorso conducono a questa struttura di personalità?

Per rispondere è necessario pensare al bambino, in quanto tale. Sappiamo che il bambino piccolo è molto preso da sé, dai suoi bisogni, dai suoi capricci, dalle sue pretese di attenzione esclusiva. Sappiamo quante richieste fa all’adulto e quali trucchi escogita per essere al centro dell’attenzione, anche a costo di subire rimproveri o castighi e di sfociare in comportamenti problematici. Si può quindi parlare di narcisismo infantile, o primario, che rientra in una logica normale. I genitori e gli educatori lo sanno e se lo aspettano. E fin qui ok. Ma a questo punto si pone il compito estremamente importante di gestire tutto ciò.

Gestire vuol dire riconoscere e dare il giusto significato ai comportamenti, cioè capire quando e quanto sono accettabili o invece esagerati e intollerabili, significa contenere certe richieste o reazioni e quindi avere la forza di dire no, significa sapere mettere i paletti e fare rispettare le regole adeguate alle diverse età, significa saper trasmettere il rispetto di sé ma assolutamente accanto al rispetto dell’altro.

Si tratta di un carico educativo non facile, ma indispensabile, in questi tempi di figli unici, o poco più, proprio perché questa unicità di numero rischia di scivolare in una unicità e basta. Il principino che in casa detta legge, che ha tutto, che non ha neanche il bisogno di esprimere desideri perché esauditi ancora prima, considerato a priori praticamente un genietto. Se queste condizioni di partenza permangono negli anni l'obiettivo è raggiunto.

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