Il Sé fragile dei pazienti obesi
La ragione sottostante il funzionamento psichico dei pazienti obesi è spesso legata al proprio "Sé fragile", riconducibile alla relazione primaria con i caregiver.
Chi soffre di obesità psicogena, ha un marcato sovrappeso, non dovuto a cause mediche od organiche che lo giustifichino. A differenza delle problematiche alimentari come la bulimia e anoressia, chi soffre di obesità non ha le perdite di controllo e i conseguenti sensi di colpa tipici. Le condotte tipiche sono date dall’iperfagia o dal “piluccare”, introduzione di piccole dosi di alimenti in modo continuo nell’arco di tutta la giornata o un frequente consumo di alimenti iper calorici.
Il cibo, negli obesi diventa una compensazione di fronte a stati emotivi ansiosi o depressivi o più generalmente di un disagio o malessere psicologico. I bisogni fisici-corporei ed emotivi vengono confusi e affrontati in un unico modo: mangiando.
Il rapporto con il cibo è conflittuale e simbolico, viene utilizzato da un lato, come “difesa dalle aggressioni esterne”, infatti il tessuto adiposo tende ad avere la funzione di corazza che protegge dal mondo esterno e nello specifico, dai sentimenti di vuoto illusoriamente superati “riempendosi di cibo” per darsi un valore. Dall’altro, uno strumento inconsapevole di aggressione e autopunizione poiché i rischi per la propria salute sono alti, una sorta di meccanismo di autopunizione. Motivo per cui molte diete risultano fallimentari, in quanto tralasciano le implicazioni emotive che questa patologia ha per chi ne soffre.
Va da sé che avendo un immagine di sé povera di aspetti positivi l’autostima è molto bassa. Essendo una patologia che comporta gravi danni alla salute è necessario intervenire con un intervento parallelo: un calo ponderale del peso attraverso una rieducazione alimentare e un aiuto psicologico per imparare a gestire il disagio e malessere emotivo in un modo più sano e meno dannoso per sè.
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