Il complesso di Edipo

E’ la tragedia dell’Edipo che consegna alla psicoanalisi gli strumenti per costruire uno dei propri concetti cardine e la chiave per accedervi o è la psicoanalisi che, attraverso la ricostruzione di casi clinici prima, e l’osservazione sistematica di alcuni comportamenti dei bambini, poi, restituisce alla metafora dell’Edipo la sua vera essenza?

Secondo Freud l’interpretazione antica dell’Edipo Re secondo cui gli uomini si devono piegare alla volontà degli Dei e all’ineluttabilità del Fato consapevoli di non poter sfuggire ad una trama già scritta, non potrebbe turbare l’uomo moderno[1]; …”Se Edipo Re commuove l’uomo moderno non meno del greco di allora, l’unica spiegazione possibile è che il suo effetto non si trova nel contrasto tra il destino e la volontà umana, ma si deve ricercare nella natura particolare del materiale impiegato per esemplificare questo contrasto.

Ci deve essere qualcosa dentro di noi che ci fa subito riconoscere la forza costrittiva del destino di Edipo”…[2], in quanto, sostiene Freud il suo destino potrebbe essere il nostro. La sua folle disperazione, le sue inenarrabili sofferenze sconvolgono coloro che si imbattono nel mito di Edipo che contiene senza dubbio elementi che possono toccare le corde più profonde dell’animo umano.

 

Il mito di Edipo

E’ narrato nei versi della tragedia di Sofocle intitolata Edipo Re e scritta presumibilmente attorno al 430 a.c. Edipo viene abbandonato dai genitori Laio e Giocasta ai quali era stato predetto che il figlio avrebbe ucciso il padre e sposato la madre. Il bambino viene salvato ed adottato. Tuttavia lo stesso vaticinio viene rivelato ad Edipo che ormai adulto fugge dai genitori adottivi nel tentativo di evitare il suo compiersi. Una serie di eventi casuali lo riporta a Tebe, sua vera città natale, dove inconsapevole uccide il padre e, divenuto re come il genitore, sposa la madre Giocasta avendo da lei figli incestuosi. Raggiunto il vertice del suo potere, viene a sapere chi è veramente e, folle di disperazione, si strappa gli occhi accanto al cadavere della regina suicida, sua moglie e madre.
 

Innanzitutto Edipo vuole indagare, vuole ricostruire la sua storia anche se avrebbe potuto non farlo e quindi leggere il mito e farlo proprio significa anche identificarsi con il suo protagonista e con la sua ansia di voler sapere nonostante il dolore immenso che questo potrebbe provocargli.

 

…Giocasta: Che? Di chi ti ha detto? Non te ne occupare. Tempo perduto! Vane ciance! Scordale!

Edipo: Ti sbagli! Io non trascurerò , con tali indizi, di conoscer la mia origine…

…Giocasta: Non far ricerche! Ascoltami! Ti prego!

Edipo: Non posso! E’ necessario veder chiaro…[3]

                                                                               ………………

Edipo: Ohi, Ohimè! Tutto si appalesa chiaro… E’ ormai certo che io nacqui da persone dalle quali non dovevo mai nascere, convissi con gente a cui m’era vietato unirmi[4].

In questi versi si trova la ferrea volontà di Edipo di conoscere le proprie origini e di ricostruire il suo dramma a posteriori avendo vissuto fino a quel momento inconsapevole della sua vera natura. E con quel m’era vietato unirmi eccolo il primo piccolo, grande dramma del bambino e dell’umanità tutta: il divieto, il freno agli impulsi, agli istinti di cui la natura ci ha dotato: sostiene Freud che il destino di tutti gli uomini è quello di rivolgere il primo impulso sessuale verso la madre e il primo odio verso il padre[5] che minaccia la diade primaria. Infatti lo stesso Freud nella sua opera L’interpretazione dei sogni, quando tratta del materiale e delle fonti dei sogni, si trova ad osservare come i sogni dei bambini sulla morte dei genitori riguardino soprattutto il genitore dello stesso sesso, in una sorta di rivalità per conquistare il genitore del sesso opposto.

Oltre il divieto che presuppone già una mancanza di libertà fin dalla nascita, l’interdizione più grande, quella di unirsi in modo completo e spontaneo a chi si ama maggiormente nonostante l’altra parte della diade ricambi questo amore; da qui l’ostilità del bambino verso chi si oppone a questi suoi impulsi, che si potrebbero anche configurare come sogni onnipotenti.

Dall’altra parte la madre, già adulta e, se sana, fuori dal mondo magico dell’infanzia, che considera il suo amore verso il bambino “puro”, asessuale, nonostante, sostiene Freud, che carezzando il bambino, baciandolo, cullandolo lo tratti come un surrogato di un oggetto sessuale completo[6].

Si potrebbe pensare ad una visione di Freud eccessivamente pessimista rispetto all’interpretazione della metafora dell’Edipo, in realtà il mito è la situazione estrema perché è in questo modo che le leggende, i miti, le tragedie rimangono nella memoria collettiva, quando sono eclatanti, non comuni.

Nei versi stessi di Sofocle è contenuta per bocca di Giocasta una sdrammatizzazione della tragedia:

 

”Non giacquer molti in sogno con la lor madre? E vivono sgomenti forse pei lor sogni? No, se vogliono condur la vita senza troppi affanni”…[7]

Freud suppone che questa strofa ma anche l’intero mito siano stati ispirati dal fastidio, dalla repulsione di alcuni sogni riguardanti il rapporto incestuoso tra genitori e figli[8]. Si potrebbe dire inoltre che in questi versi sia contenuta in nuce la ragione del rifiuto della teoria della seduzione da parte di Freud. Già nella Grecia antica i sogni, le fantasie, l’immaginazione incestuosa erano considerati eventi non insoliti; tragico era, come nel caso specifico di Edipo, se la fantasia veniva consumata anche se inconsapevolmente. Si può supporre che considerare Edipo cosciente sarebbe stato troppo sconvolgente e scandaloso ma soprattutto non vi sarebbe stato materiale per una tragedia: Edipo sarebbe stato considerato semplicemente un criminale e il suo mito non sarebbe giunto fino a noi. Tuttavia la tragedia contiene comunque l’assassinio di un “vecchio” che simbolicamente potrebbe rappresentare il padre per Edipo e le nozze con una donna che forse per età avrebbe potuto essere sua madre, nonostante proprio da questo pericolo egli stesse fuggendo. D’altra parte il mito contiene anche l’abbandono di Edipo da parte dei genitori per paura di venire uccisi, ma anche questa potrebbe essere un uccisione metaforica; dunque il timore soprattutto di Laio di venire soppiantato e sostituito dal figlio e la preoccupazione di Giocasta che la seduzione “ritualizzata”[9] potesse divenire realtà. La madre, come viene insegnato da Freud, è la prima seduttrice e il suo corpo e il suo amore restano impressi in modo indelebile nella memoria di ciascun individuo. Questo rapporto fusionale di possesso reciproco è spesso inseguito dal singolo lungo tutto il ciclo di vita ma nel caso specifico del bambino esso subisce limitazioni e frustrazioni a causa dell’assenza della madre e dell’intervento del “terzo”, il padre che ha la funzione di orchestrare la relazione della diade madre-bambino in modo che mantenga un ritmo equilibrato; …”la figura paterna ha dunque una funzione organizzatrice dei processi di separazione e di differenziazione del bambino, attraverso la quale si attua il passaggio dalla fusione all’intersoggettività e la trasformazione della perdita in mancanza e desiderio”[10]. Come sostiene Carotenuto (1994) la fusionalità nega il desiderio, dove vi è fusione l’eros è incestuoso, eternamente avvitato su se stesso e qualsiasi “terzo” è vissuto come un aggressore[11]. Questo il timore di Laio di essere vissuto come un invasore fino ad essere eliminato.

Dunque il mito di Edipo come un monito alla tentazione incestuosa anche se è difficile capire chi seduce chi, in quanto Freud attribuì le cause della nevrosi prima a seduzioni reali attuate da parte di adulti nei confronti di bambini, poi a fantasie di bambini rispetto a tali seduzioni. Dunque bambini che sperano di essere insidiati (di qui le fantasie) o di sedurre gli adulti, in particolar modo i genitori, o adulti che seducono i figli o che hanno paura di farlo? Questi dubbi, queste paure sembrano concentrarsi e rivelarsi in tutta la sua tragicità nel mito dell’Edipo.

La domanda chi seduce chi è stata oggetto di un lungo ed intenso dibattito tra i vari studiosi come ad esempio Ferenczi che riprese la teoria della seduzione in occasione del XII congresso di Psicoanalisi del 1932 rivalutando la posizione dei pazienti rispetto ai racconti da loro fatti riguardo ad esperienze traumatizzanti subite nella prima infanzia. Ferenczi, nella sua relazione la Confusione delle lingue fra adulti e bambini (1933) sostiene che l’adulto introduce il linguaggio della “passione”, della “sessualità” proprio dell’adulto nel linguaggio della “tenerezza” del bambino (da qui il titolo della relazione) creando appunto una confusione fra linguaggi; questo equivoco nella comunicazione fra adulto e bambino provocherebbe, secondo l’Autore, delle conseguenze nella formazione del carattere e della nevrosi[12]. Ferenczi riprese dunque la teoria iniziale di Freud. Anche Bowlby, il fondatore della teoria dell’attaccamento, sosteneva che le cause della delinquenza giovanile potevano avere le loro origini in eventi esterni avvenuti in età infantile[13], in netta contrapposizione con la Klein che parlava invece di fantasie endogene; il suo approccio dunque era più vicino a quello di Ferenczi che di Freud in quanto prendeva in considerazione traumi reali e non scene infantili fantasmatiche.

Come Edipo, Laio e Giocasta non erano completamente né innocenti, né colpevoli rispetto alle loro vicissitudini così si può accogliere sia la tesi che il bambino non è così passivo come lo si intendeva prima di Freud sia la tesi che possa essere stato vittima in qualche modo con o senza consapevolezza da parte dell’adulto di “attenzioni sessuali”[14] che il suo inconscio non era ancora in grado di elaborare. In questo senso, come sostiene Carotenuto nel suo libro Riti e Miti della Seduzione, …“in ogni uomo alberga un fantasma di seduzione originatosi all’alba della sua esistenza. La madre che appare gratificando il desiderio del bambino e la madre che scompare, che si tira fuori dal “circolo fusionale”, per vivere altrove la sua capacità di “dare”, possono convergere, unitamente ai vissuti intimi legati all’oscillazione della presenza materna, nelle rappresentazioni inconsce del bambino”[15].

 

[1] Freud S. L’interpretazione dei sogni  seconda ed. 1989 Grandi Tascabili Economici Newton, Roma trad. Ravazzolo Antonella.

[2] Ibid. pag. 198.
[3] Sofocle Edipo Re (1951) Milano Ed. Rizzoli, p. 74.

 
[4] Ibid., p.82.
[5] Freud S. L’interpretazione dei sogni  seconda ed. 1989 Grandi Tascabili Economici Newton, Roma trad. Ravazzolo Antonella
[6] Freud S. (1905) Tre saggi sulla teoria sessuale, in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 1984, vol. 4.
[7] Sofocle Edipo Re (1951) Milano Ed. Rizzoli, p. 69..

 

 
[8] Freud S. L’interpretazione dei sogni  seconda ed. 1989 Grandi Tascabili Economici Newton, Roma trad. Ravazzolo Antonella
[9] “Il rito di corteggiamento” tra madre e figlio e padre e figlia dovrebbe avvenire nel periodo della prima infanzia e ha lo scopo di sottolineare i comportamenti maschili o femminili del figlio/a , ma non tende in alcun modo al rapporto sessuale (Baldaro Verde J., 1987. Donna, maschere e ombre. Raffaello Cortina Editore, Milano).
[10] Carotenuto A., (1994). Riti e miti della seduzione. Bompiani: Milano, p. 11.
[11] Ibid.
[12] Ferenczi S., (1933). Confusione delle lingue fra adulti e bambini, in Fondamenti di Psicoanalisi, Volume terzo: ulteriori contributi (1908-1933). Psicoanalisi delle abitudini sessuali e altri saggi. Rimini: Guaraldi, 1974.
[13] Bowlby J. (1940a). The influence of early environment in the development of neurosis and neurotic character in International Journal of Psycho-Analysis, 27; 154-178.
[14] Le stesse “cure materne” potrebbero veicolare messaggi sessuali al di là delle intenzioni.
[15] Carotenuto A., (1994). Riti e miti della seduzione. Bompiani: Milano, p. 121.

 

 

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