La pulsione in psicoanalisi: concetto “ponte“ tra lo psichico ed il somatico. Uno studio storico

In relazione ad alcuni convegni e seminari dedicati al rapporto - possibile o impossibile, questo è tuttora da definire  -  tra gli sviluppi recenti e meno recenti delle neuroscienze e l’apporto clinico e teorico della psicoanalisi da Freud in poi, convegni e seminari ai quali ho assistito negli ultimi anni e che riprendono i temi introdotti dal Progetto di Freud, mi sono chiesto quali, tra i concetti fondamentali della psicoanalisi così come identificati e descritti da Lacan nel Seminario XI (1964) possa essere ritenuto un candidato affidabile alla funzione di ponte tra lo psichico ed il somatico e quindi tra teoria psicoanalitica e neuroscienze.

Si tratta, in fondo, del problema centrale che la psicoanalisi si trova storicamente ad affrontare sin dai suoi inizi: ovvero, l’osservazione di fenomeni corporei la spiegazione dei quali non può dirsi esaurita in modo esaustivo nella biologia dell’organismo ma che rappresentano una eccedenza che pone problemi fondamentali, se non di sopravvivenza, all’apparato psichico e di cui, per esempio, i sintomi come formazioni dell’inconscio sono una testimonianza, senza tacere inoltre del fantasma la logica del quale Lacan definisce e sintetizza con rigore attraverso la triade soggetto barrato - punzone - oggetto a piccolo (o tetrade, scrivendola nella sequenza soggetto - barra - punzone - a piccolo…).

Di seguito, vado a mettere in fila, sinteticamente ma con relativa precisione, i passaggi che portano alla costruzione del concetto di pulsione nella psicoanalisi, alla sua messa a lato nelle teorie della relazione oggettuale, al suo recupero nel lavoro seminariale di Lacan  - a partire dall’insegnamento sulle Psicosi nel seminario terzo fino ai lavori sul Reale nei seminari degli anni Settanta.

L’ipotesi che sostengo è che non sia propriamente l’inconscio, come frequentemente si ritrova nel testi che mirano ad avvicinare le sponde della psicoanalisi a quelle delle neuroscienze, bensì la pulsione il concetto che può fare da ponte tra l’una e l’altra delle due discipline.

Ciò in quanto, come cercherò di dimostrare, il concetto di pulsione nasce sin da subito, ancora prima del suo stesso essere nominato come tale da Freud, dall’esigenza di dare senso a fenomeni clinici complessi e che investono contemporaneamente la vita psichica e le vicende del corpo del soggetto - come nei casi delle prime isteriche incontrate da Freud.

Soprattutto, Dora.

Dora mostra sulla scena sintomatica tutta una serie di fenomeni corporei sorprendenti per intensità, frequenza, concatenazione e, non ultimo, per veridicità.

Dall’insonnia, alla tosse, alla paralisi, alla cecità - fino al fenomeno della gravidanza isterica - il corpo di Dora mette in scena un’intera parata di vicissitudini che non possono trovare né nella fisiologia dell’organismo umano né nella sua declinazione patologica, ma sempre su base organica, spiegazione.

C’è qualcosa che eccede, che è di troppo e che Freud, da buon archeologo ed esploratore, accetterà interrogandosi senza mai indietreggiare.

Lezione che, tuttora, è da ritenersi magistrale.


1) Prima della pulsione: il concetto di energia vitale e le vicissitudini di questa

Nel 1895, Freud sviluppa all’interno de “Il Progetto di una psicologia scientifica” - testo  che verrà pubblicato postumo nel 1950 - l’ipotesi del funzionamento della vita psichica in relazione alle caratteristiche del sistema nervoso.

Introduce il concetto di “energia vitale”, in parte traendolo dalla filosofia spiritualista di Henry Bergson, in parte dallo sviluppo nascente delle scoperte della fisica e della chimica di allora.

Il Progetto non si completa in quanto lo sviluppo della neurofisiologia e della neuroanatomia è ancora ai primi stadi. Freud però intuisce l’esistenza di unità cellulari all’interno del sistema nervoso e il loro funzionamento, intuizione che troverà conferma pochi anni dopo con le scoperte di Ramon y Cajal il quale, applicando il metodo di impregnazione argentica di Camillo Golgi, isola i neuroni: corpo cellulare, dendriti, assoni.

Freud, come è noto, abbandona il progetto e prende la strada della costruzione della teoria psicoanalitica a partire dall’osservazione clinica dei casi di isteria, in particolare Dora, dove tuttavia, le manifestazioni psicosomatiche particolarmente intense di questa celebre paziente esigono che lo sguardo clinico abbracci la relazione tra vita psichica e vita organica.

C’è già, nascente, la caratteristica principale della pulsione: non spiegabile dalle conoscenze che riguardano le caratteristiche biologiche della specie umana.

Occorre un passaggio ulteriore.


2) La via regia del sogno: dal concetto di energia a quello di investimento

Nel 1900 esce “L’interpretazione dei sogni” in cui il programma di ricerca - perché, presumo, tale possa essere definito - contenuto nel Progetto è assente, anche se il funzionamento dell’inconscio viene descritto identificando delle leggi specifiche che governano il rapporto tra rappresentazione e investimento di affetto, non scartando del tutto l’idea della presenza di una “energia” che richiede particolari meccanismi di regolazione.

Condensazione, spostamento, sovradeterminazione, raffigurabilità, lavoro secondario: sono concetti che prendono vita da campi semantici diversi, utili per descrivere le vicissitudini dinamiche che accadono nel mondo interno del paziente, un mondo interno spogliato dei rimandi alla struttura nervosa - l’abbandono del “Progetto” è evidente - ma in cui il somatico non può essere del tutto assente.

Possiamo dire che, al posto delle osservazioni riguardanti il sistema nervoso governato da leggi, appaiono meccanismi dinamici che governano un sistema di rappresentazione “automatico”: l’inconscio. Da tali meccanismi prendono origine i fenomeni legati al sogno, e le dinamiche interne al sogno che ne governano le relazioni fra affetto e rappresentazioni.


3) La teoria sessuale: la pulsione

Nel 1905, Freud pubblica “I tre saggi sulle teoria sessuale” in cui introduce il concetto di pulsione, utilizzando il termine tedesco di Trieb (dal verbo Treiben, spingere), distinguendolo nettamente da Instikt.

Si tratta di un passaggio significativo, in quanto Freud ritiene che gli istinti, espressioni di una dotazione biologica delle specie su base ereditaria e che conduce a comportamenti anche complessi ma rigidi, non possa rendere conto pienamente dei fenomeni psichici: variabili e modificabili. Non solo, mentre l’organismo funziona in base a ritmi endogeni specifici, la spinta pulsionale è sempre presente e questo pone al soggetto un problema costante di regolazione che non può trovare soluzione in comportamenti prefissati, istintuali.

La sessualità è l’evento paradigmatico.

Nell’uomo, a differenza di ogni altra specie, la sessualità è sganciata dalla riproduzione, il piacere sessuale fa questione a sé sin dall’inizio della vita, la sessualità si interseca con l’appartenenza della specie umana all’ordine del simbolico.

Lacan, negli sviluppi del suo insegnamento aderente al pensiero di Freud, arriverà a descrivere in modo rigoroso il processo della sessuazione, ovvero l’assunzione non in base a leggi biologiche bensì simboliche e logiche, del proprio destino sessuale.

Ne troviamo ampiamente elaborazione in uno dei suoi seminari più ostici, ma anche più formali, Il Seminario XVIII - per il cui titolo, già di controversa traduzione, l’edizione italiana si produce in un poco soddisfacente  Di un discorso che non sarebbe del sembiante - e in particolare negli interventi del 19 maggio 1971 (L’uomo e la donna e la logica) e del 9 giugno 1971 (Un uomo e una donna e la psicoanalisi).

Come si nota, tutto sta nell’articolo, determinativo e indeterminativo…

Il primo appartiene alla dimensione della formalizzazione logica, che la linguistica in tal caso permette, e che sancisce logicamente l’impossibilità del rapporto sessuale mentre il secondo appartiene all’esperienza analitica dove, di tale impossibilità, si può almeno produrre un dire.


4) La metapsicologia: la pulsione viene articolata

Nel 1915, Freud avverte l’esigenza di fornire una cornice teorica sistematica alle ipotesi che ha fino a quel momento formulato, e alle osservazioni cliniche sviluppate attraverso il contatto quotidiano con i suoi pazienti e le sue pazienti.

Scrive il saggio “La metapsicologia”, in cui definisce e approfondisce quelli che ritiene essere i concetti fondamentali, appunto meta-psicologici, della teoria psicoanalitica del funzionamento psichico: inconscio, rimozione e pulsione.

Per quanto riguarda la pulsione, Freud distingue:

la fonte (variabile), ovvero il luogo del corpo da cui ha origine;

la meta (non variabile), la medesima per ogni pulsione, ovvero il ripristino dell’equilibrio rotto dall’interno;

l’oggetto (variabile), ovvero lo strumento attraverso il quale la pulsione trova soddisfazione;

la spinta (variabile), ovvero l’intensità con la quale la pulsione si manifesta.

Si vede bene come, a parte la meta, le altre tre “coordinate” che definiscono le vicissitudini della pulsione siano variabili da soggetto a soggetto e all’interno del soggetto da una fase all’altra - a differenza della dotazione istintuale che non è caratterizzata da altrettanta diversità e flessibilità.

In realtà, anche la meta stessa varia, in quanto la pulsione può giungere al soddisfacimento di questa inizialmente attraverso una scarica motoria, in seguito attraverso la rappresentazione e quindi il pensiero, come nel caso della sublimazione.

L’oggetto, quindi, non è meno dinamico.

Non è “Cosa”, assoluta, bensì effetto di una perdita.

Vi troviamo la radice del concetto lacaniano di oggetto a piccolo.

La definizione di pulsione nel dizionario di psicoanalisi “Laplanche e Pontalis” mi pare riassuntiva: “Processo dinamico consistente in una spinta (carica energetica, fattore di motricità) che fa tendere l’organismo verso una meta. Secondo Freud una pulsione ha la sua fonte in un eccitamento somatico (stato di tensione); la sua meta è di sopprimere lo stato di tensione che regna nella fonte pulsionale; la pulsione può raggiungere la sua meta nell’oggetto o grazie ad esso”, (i grassetti sono miei).

Sono questi elementi diffusi di variabilità che legittimano la scelta di scartare il concetto di istinto e di assumere pienamente nella cornice teorica psicoanalitica il concetto di pulsione.

Lacan, nel seminario XI, ne darà una efficace rappresentazione topologica, distinguendo una fonte circoscritta in un luogo del corpo - la zona erogena -, in un aumento di tensione interna che tende ad allontanarsi dall’omeostasi, in un oggetto a piccolo variabile (aggiungendo lo sguardo e la voce, tipici dei fenomeni allucinatori delle psicosi), e in un obbiettivo che è il ritorno allo stato di quiete, preparando quindi il terreno alla definizione della logica del fantasma, intreccio dei tre registri simbolico, immaginario e reale.

Si vede bene, pertanto, come all’interno della psicoanalisi, la pulsione rappresenti un luogo di attraversamento fondamentale, autentico nodo costitutivo del corpus teorico.


5) Dualità della pulsione in Freud

Nel 1920 Freud pubblica il saggio “Al di la del principio di piacere” in cui teorizza l’esistenza della pulsione di morte in contrasto con la pulsione di vita. La teoria della dualità della pulsione, in contrapposizione alla teoria della unicità della pulsione (libido) elaborata da Jung, e quindi l’elaborazione della seconda topica strutturale diventa uno degli aspetti centrali del pensiero freudiano.

Il concetto di pulsione, stretto nell’opposizione Eros-Thanatos, perde a mio parere la formidabile iniziale spinta epistemologica.

Eros e Thanatos, infatti, sembrano soddisfare l’esigenza esistenziale di dare un senso alla vita psichica, e alla morte la quale fa irruzione nella vita di Freud sia attraverso il trauma della violenza del primo conflitto bellico mondiale che non solo miete milioni di vittime ma soprattutto accade nel cuore dell’Europa asburgica e civilizzata, sia attraverso il tumore alla bocca, con il quale Freud si confronterà fino alla fine della sua vita, respingendo di volta in volta l’attacco attraverso interventi chirurgici di rimozione della massa tumorale che semplicemente spostano in là un destino inevitabile.

Il tumore si ripresenta, coattivamente, aggredendo non un luogo qualunque del corpo: la bocca, quindi il luogo della parola.


6) Dopo Freud: fantasie ed eventi somatici

Come detto in precedenza, “Il progetto di una psicologia scientifica” viene pubblicato postumo nel 1950. Che cosa accade dalla morte di Freud fino a quel momento? Nel pensiero di Melanie Klein, di Anna Freud e di Winnicott, ciascuno di essi rappresentante delle tre scuole di pensiero inglese, l’interesse dell’analista si sposta dalla pulsione alle fantasie inconsce che sono una modalità con la quale la pulsione viene rappresentata e trattata, sempre nell’ottica della regolazione della tensione interna.

Con fantasia, e non fantasma, si intende nel pensiero kleiniano una particolare attività immaginaria attraverso la quale il bambino rappresenta gli eventi somatici che accadono dentro il corpo. L’attività immaginaria del bambino, presente nel gioco,  viene stimolata attraverso l’interpretazione che, nel setting klieniano, è coerentemente più frequente che in altri settings - proprio in quanto si realizza all’interno del registro immaginario, e il simbolico come funzione lascia il posto a simboli già codificati.

E’ il caso clinico di Richard.

La Klein, di fronte al gioco di Richard, ai suoi continui rimandi alla guerra, a Hitler, ai bombardamenti, interpreta seguendo temi già definiti e che si ritrovano nelle teorie dello sviluppo psichico del bambino elaborata da lei stessa.

Non c’è spazio per il legame inedito e soggettivo dei significanti, in una teoria in cui l’aggressività gioca un ruolo fondamentale e vi è, a mio parere, l’esigenza primaria del terapeuta di incanalarla.

E non si fa cenno alla pulsione, come concetto limite tra lo psichico ed il somatico, cosa che invece permane e fa da sfondo nella nozione in Lacan di fantasma.


7) La pulsione all’interno delle teorie delle relazioni oggettuali

Autori di scuola anglosassone come Guntrip e Fairbarn, lo stesso Winnicott, Sullivan, Ogden, Rosenfeld e molti altri riprendono il concetto di pulsione a partire da uno dei quattro elementi che la definiscono: l’oggetto.

Quindi la pulsione viene ri-definita non più e non soltanto in quanto elemento di rottura e di riparazione dell’equilibrio endogeno del soggetto bensì proiettata verso la costruzione della relazione con l’oggetto per eccellenza: la madre.

Si pone l’accento sulla spinta del bambino alla relazione.

Nascono le teorie delle relazioni oggettuali secondo le quali le pulsioni sono definite e operano nel contesto della relazione con la madre, o con il caregiver che la sostituisce (il padre stesso, lasciato ai margini, o altri sostituti anonimamente collocati in serie…), e non possono mai essere separate da questa.

Un ulteriore sviluppo è rappresentato dai lavori di Spizt e di Bolbwy: il primo, attraverso l'osservazione di bambini allevati in contesti istituzionali (orfanotrofi); il secondo attraverso l'osservazione etologica.

Nasce la teoria dell'attaccamento e della perdita che trova sviluppo attraverso le osservazioni derivate dall'applicazione del test Strange Situation della Ainsworth e la definizione che Crittenden pone di quattro differenti modalità di attaccamento (Modelli Interni): una adattiva (attaccamento sicuro), tre disadattative o francamente patologiche (evitante, ambivalente, disorganizzato).

Analogamente, cominciano a prendere corpo le osservazioni dettagliate di Stern e di Shaffer sullo svolgimento della relazione diadica madre-bambino, e in seguito triadica, con il coinvolgimento della figura paterna e quindi del contesto familiare nel suo complesso.

E' interessante notare come, per Lacan, la struttura portante dello sviluppo della vita psichica del bambino sia intrinsecamente triadica, senza che peraltro ciò comporti la declassazione della pulsione a strumento dell’oggetto materno:

 

 

                                                   bambino

                                                                   

 

 

 

                                  madre                               padre

                                                                         

 

E' all'interno della triade che si costruisce il passaggio dalla fantasia al fantasma laddove relazione è tale in quanto giocata tra tre elementi: il bambino, la madre, la funzione simbolica.

Il termine con cui Lacan, in quel periodo, identifica la realtà della funzione simbolica all'interno del contesto familiare - Funzione del Nome del Padre - è in sintonia con quanto Lacan scrive della struttura familiare in un testo del 1938: I complessi familiari.

Lacan descrive il legame “biologico” tra bambino e madre - in cui la presenza del padre  ancor prima che fisica è veicolata simbolicamente dalla madre che nomina il padre al piccolo, lo presentifica attraverso la parola, ne fa il terzo simbolico in  quanto comunque presente e costitutivo dello scenario a tre.

I semi della patologia sono presenti quando, invece, la struttura triadica diventa diadica, nel momento in cui il bambino diventa il fallo materno, ovvero oggetto della madre e non del fantasma materno.

Il padre, come funzione simbolica, viene per così dire fatto fuori: forcluso.

Quindi il bambino, infante in quanto non ancora in grado di strutturare soggettivamente la parola, è tuttavia presente all'interno del campo del linguaggio, come soggetto di relazione, partecipe della vita di scambio con  la madre, il padre, con il caregiver che si occupa di lui - come per altro è stato ben descritto da Stern e Trevarthen nei loro studi e da Schaffer a proposito dei fenomeni della proto conversazione e degli scambi tra bambino e madre.


8) Lacan e il ritorno a Freud: il reale, il significante e l’efficacia dell’interpretazione

Tornando al tema della pulsione, all'interno della scuola francese prevale il lavoro di Lacan che, riprendendo la tradizione dei testi freudiani, tenta di dare basi scientifiche (la psicoanalisi come scienza del soggetto, scienza dei legami) ai quattro concetti fondamentali della psicoanalisi (inconscio, transfert, ripetizione e pulsione) attraverso:

  • l'applicazione dei principi della linguistica di De Saussure (1916);
  • l'applicazione dei principi di quella branca della geometria che è la topologia, di cui abbiamo testimonianza in numerosi seminari: nel seminario IX sull’identificazione, nel seminario X sull’angoscia e nel Seminario XI (1964) dedicato ai quattro concetti, quando si tratta di descrivere e rappresentare la pulsione e i suoi quattro elementi (Vedi pag. 173 dell’edizione italiana), nel seminario XVIII e nel Seminario XXIII (1974-1975) dedicato al Sinthomo.


Lacan articola il rapporto tra pulsione e significante e passando attraverso il registro simbolico, torna a porre la questione centrale della psicoanalisi: il reale del corpo.

Un corpo, quello della specie umana, per la comprensione del quale fare proprie le regole del funzionamento della dotazione biologica non è sufficiente, che pone ai meccanismi della vita psichica la permanente questione di fornire una rappresentazione efficace di quel sovrappiù di turbamento che la pulsione scatena.

Non è un caso che Freud fosse un medico, Lacan un medico psichiatria, Dolto un medico, Winnicott un medico, Bion un medico chirurgo, Resnik un medico psichiatra, Matte Blanco un medico psichiatra…

Sebbene Freud ritenesse la professione medica tutt’altro che indispensabile alla formazione dell’analista -  ma è anche vero che Lacan non amava gli psicologi  e si rivolgeva più frequentemente agli psichiatri - è altrettanto storicamente vero che il primo oggetto di osservazione dell’analista è il corpo, un corpo che, come detto, si pone sulla scena come eccedenza, come disordine non riordinabile nella logica di meccanismi fisiologici alterati.

E’ il caso delle isteriche, le pazienti paradigmatiche ed autentiche fondatrici della psicoanalisi. Charcot ne colse gli aspetti di induzione immaginaria, Freud colse, comprendendo la natura del transfert, senza arretrare come invece fece Breuer, l’intreccio logico tra simbolico e reale.

Il reale del corpo attraversato dall’ordine del significante.

Come spiegare, altrimenti, l’efficacia  somatica  dell’interpretazione, ovvero un atto di parola il cui effetto sul soggetto giunge fino al modo con il quale nel corpo si modifica la pulsionalità e quindi i sintomi, che dalla pulsione sono investiti?

Poiché il paziente porta all’analista in primo luogo un disagio che lo pervade realmente, che prende la forma o di turbe della funzionalità del corpo, che il medico non riesce a spiegare, che gli esami clinici non attestano, che le formule della fisiologia non rilevano, e turbe della vita quotidiana, del rapporto che quella psiche, attraverso il corpo, ha con la vita, con il soggetto e con gli altri.

Scrive Jorge Zanghellini in Eterità, (numero 5, 2004): “[…] Il sintomo è godimento in quanto suppone la soddisfazione della pulsione e questo non è pensabile se non a partire da ciò che passa attraverso il corpo. Ogni interpretazione, se davvero di interpretazione si tratta, in senso stretto, ha un effetto sul corpo abitato. Non diciamo infatti che c’è interpretazione allorché due parole si incontrano per la prima volta? Senza dubbio, nel suo carattere inatteso, sconvolgente, di cambiamento. Ma affinché essa abbia questo carattere, ci vuole una scena dove la parola abbia delle conseguenze […]”.

E ancora: “[…] Nel seminario Il rovescio della psicoanalisi, Lacan introduce il significante come apparato di godimento. Si tratta dell’inconscio come apparecchio traduttore che morde sul reale della pulsione, e rende possibile, per retroazione, l’incidenza del significante e la sua efficacia. E’ qui la grande scoperta freudiana…”, (i grassetti sono i miei).

Scoperta, dunque, non legata soltanto all’inconscio ma all’accadere della parola sul corpo, le cui vicissitudini dipendono, ancor più che dalla biologia, dall’inscrizione alla struttura del simbolico.

Il mistero del corpo parlante, del corpo inciso in profondità dalla parola.

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