Modern love e la psicoterapia

MODERN LOVE E LA PSICOTERAPIA

Preavviso che questo è uno scritto a rischio spoiler: la serie televisiva, proposta on line in questo periodo, non spicca per particolare suspence, ma se qualcuno tenesse a non saper nulla sul terzo episodio cambi lettura.
L’episodio parla di Lexi (interpretata da Anne Hataway), una giovane donna alle prese con la vita e con il tentativo di nascondere al mondo una sua difficoltà che la caratterizza sin dall’adolescenza: Lexi alterna periodi di euforia, vitalità e brillantezza relazionale ad altri in cui, improvvisamente, si ritira nel suo letto per giorni, si assenta senza preavviso dagli studi legali, in cui viene ciclicamente assunta e poi licenziata, e dà buca ad amicizie e frequentazioni. Non amo le etichette ma il termine che comunemente descrive questa difficoltà è “sindrome bipolare”. Lexi è irriconoscibile nelle sue due versioni di sé e non ha mai confidato a nessuno questa sua caratteristica per vergogna e paura di essere rifiutata. Questo l’ha condannata alla solitudine e ad un continuo senso di inadeguatezza.

L'INCONTRO
All’ennesimo licenziamento, accade però un episodio che cambia completamente il corso della vita della protagonista, qualcosa che io ritengo molto vicino a ciò che si vive in un percorso di psicoterapia.
Lexi, stanca dei suoi continui fallimenti amorosi e lavorativi, si confida per la prima volta con una collega, che si è dimostrata particolarmente disponibile e accogliente. Questa non si scompone alla rivelazione delle sue difficoltà psicologiche, le rimane vicina ed accetta di portare avanti la loro amicizia: col suo gesto, le comunica che Lexi va bene così com’è e che anzi per lei è una perosna importante.

Per Lexi, questa è una vera epifania: l’esperienza di essere accolta e compresa le permette di sentirsi più a suo agio nei suoi panni e di essere più fiduciosa nell’intraprendere una cura seria per il suo disturbo. E fa anche di più: la donna richiama amicizie e corteggiatori passati per scusarsi e spiegare cosa le succedeva quando non rispondeva più al telefono o non si presentava agli appuntamenti. Riscuote solidarietà e comprensione, molto più di quanto potesse immaginare. Costruisce intorno a sé una rete sociale più salda e, grazie anche alle cure, il suo umore e, inevitabilmente, la sua vita diventano più stabili.

LA PSICOTERAPIA COME LABORATORIO
Semplificando molto, questa può essere una metafora della psicoterapia: un laboratorio relazionale in cui vengono favorite professionalmente delle esperienze relazionali (sottolineo…”esperienze”…non si tratta solo di “parlare”) che si cerca poi di portare al di fuori del setting terapeutico, al fine di introdurre dei movimenti nelle relazioni esterne.
Se questo è accaduto parlando con una collega, a che serve un/a professionista? Non serve mica sempre una psicoterapia per stare bene nella vita, vi sono molte esperienze che ci permettono di crescere come persone! Chi è psicoterapeuta, però, ha seguito una formazione professionale per favorire l’esperienza relazionale adatta al tipo di difficoltà che la persona sta vivendo e, nella maggior parte dei casi, ha affrontato un percorso di terapia personale per evitare che le proprie difficoltà vadano ad interferire e a sommarsi con quelle della persone che segue. Cioè, se l’esperienza di cambiamento può capitare casualmente nella vita, la psicoterapia è orientata fondamentalmente a questo.

“Lo scopo dello psicoterapeuta non è di produrre uno stato mentale ma di produrre una mobilità mentale che permetta di seguire un percorso nel futuro.” (George Kelly)

commenta questa pubblicazione

Grazie per l'articolo: é un contributo molto importante sopprattutto per noi terapeuti; in un mondo clinico che tende sempre à ridurre i percorsi terapeutici a delle sedute unilaterale: dove uno è paziente e l'altro esperto che in un modo quasi magico deve dare delle risposte, sparisce pian piano la centralità della relazione che cura. E qui, il pericolo di rendere le sedute più meccanicistiche. Ovviamente, si tratta dell'importanza del transfert e non solo, ma il valore inalienabile della relazione cliente- terapeuta in tutte le forme possibili che crea uno setting curativo. Grazie di nuovo. Bienvenue K.

Bienvenue Kiyombo il 13/07/2020

Progetto Prospettive ha risposto al tuo commento:
La relazione terapeuta - cliente è lo strumento principale di lavoro, terreno fertile da cui osservare, elaborare, rileggere insieme ciò che accade: dinamiche simili in fin dei conti accadono nella vita della persona ma nello studio della terapia, contesto protetto, tutelante e non giudicante, possono diventare spunto di riflessione e crescita.
Grazie del suo prezioso feedback.

Clicca qui per inserire un commento