Il buco (2016) di Anna Llenas per affrontare un trauma con i bambini

l Buco di Anna Llenas è un libro ricco di colori, testi e immagini originalissime che hanno una grande potenza simbolica come potenti sono i colori. Una storia che parla di resilienza, affrontando un tema importante come il dolore e non solo, perché in questo libro è possibile ritrovare l’essenza di due discipline: la pedagogia e la psicologia.

Il libro affronta non un dolore qualsiasi ma quel dolore, legato ad un lutto o ad un evento traumatico, che lascia il segno, nel nostro caso un buco, nella pancia di Giulia: la bambina protagonista della storia. E’ un libro semplice e per questo capace di arrivare dritto al cuore, o alla pancia, dei bambini (dai 3 anni in su) e dei grandi, in particolare quando si trovano a vivere la sensazione di smarrimento esistenziale, che sopraggiunge a seguito della rottura di un equilibrio, di una grave perdita o di quella metaforica ‘caduta dal Paradiso’ che trascina con sé tutte le nostre certezze e i nostri riferimenti, come nel caso del lutto che consegue una separazione o un divorzio.

Questo libro attrae subito per la copertina, rigida con un buco al centro, poi sfogliando le pagine, di buchi se ne trovano tanti, di tante dimensioni e colori, e poi colpisce una frase, presente prima di iniziare il racconto: ‘Per te, affinché trovi quello che stai cercando…’, la frase è una dedica e ognuno può sentirla sua, è indirizzata ad ognuno di noi, con i suoi buchi, colmi di bisogni, debolezze, vuoti e mancanze. Non è spiegato il perché di questo buco, ma solo le sensazioni che procura: entra freddo, escono mostri, ecc. Quando sentiamo un vuoto, solitamente, cerchiamo di colmarlo con ‘tappi’, e questo è ciò che fa Giulia, talvolta i tappi sono buoni, talvolta ingannevoli, finchè arriva il momento in cui Giulia rinuncia, smette di cercare una soluzione.

Un fortunato giorno però, qualcuno le suggerisce di guardare in se stessa, così facendo Giulia si accorge di avere in sé un mondo pieno di sorprese, di emozioni, pensieri, e che questo mondo che non sapeva di possedere la può avvicinare nuovamente agli altri, anche loro con un buco nella pancia, un dolore alle spalle, anche loro con un mondo da condividere.

E qui possiamo rintracciare il cuore della pedagogia, la disciplina umanistica che studia l’educazione e la formazione, educare significa: trarre fuori, condurre, portare la persona a guardarsi dentro, a comprendere se stessa, i propri obiettivi e le proprie potenzialità, per riuscire a fronteggiare le incertezze e le difficoltà del vivere quotidiano.

Psicoterapia breve strategica del trauma psicologico
Non solo Giulia guarda dentro il buco, ma lo attraversa imparando a conviverci e a capirne il significato per trarne nuove sintesi. In questo cercare di capire troviamo la psicologia, una scienza che studia i processi psichici, coscienti e inconsci, cognitivi (percezione, attenzione, memoria, linguaggio, pensiero ecc.) e dinamici. In particolare, nell’atto di attraversamento troviamo l’approccio breve strategico, perché quel buco richiede di passarci attraverso, di non ignorarlo, o il freddo continuerà a sentirsi e i mostri verranno fuori. Richiede di ammettere che nel vuoto si avranno le vertigini, ma poi la vista sarà più ampia.

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L’approccio breve strategico, a seguito di un forte trauma, come ad esempio quello che sta vivendo in questi mesi il personale medico e paramedico in seguito alla pandemia da Covid-19 o tutte le persone colpite da un lutto che non hanno avuto la possibilità di elaborarlo, propone come strategia il ripercorrere per scritto il tragico evento, per potersi distaccare gradualmente dalla paura, dal dolore e dalla rabbia che questo ha provocato. La parola ‘trauma’ deriva dal greco ‘foro, perforamento’. In ambito psicologico, ci si riferisce al trauma come ad un evento particolarmente spaventoso, tale da lasciare uno strascico emotivo ed esperienziale che si estende al di là dell’evento stesso. Un ‘solco’ quindi, una profonda messa in crisi dell’equilibrio precedente, tale da lasciare separati un prima e un dopo che poco interagiscono, poco si accomunano, poco comunicano. Chi, infatti, ha vissuto un forte trauma, si trova ad essere inondato di ricordi, immagini, suoni, odori, flashback, che impediscono alla persona di proseguire il suo cammino verso il futuro. 

Secondo Nardone ed altri (2007) le strategie di gestione messe in atto da chi accusa i sintomi di Disturbo Post-Traumatico sono raggruppabili in tre tipologie: il tentativo di controllare i propri pensieri e cancellare l’esperienza traumatica, l’evitamento delle situazioni associabili al trauma, la richiesta d’aiuto, di rassicurazioni e le lamentele.

Nell’illusione di poter in qualche modo ‘dimenticare’ il trauma vissuto e tenere sotto controllo le spaventose sensazioni ad esso correlate, la persona sperimenta la situazione paradossale per cui più cerca di dimenticare, più finisce per ricordare sempre di più.

Secondo l’approccio della psicoterapia breve strategica diviene importante non evitare la crisi ma attraversarla, come diceva il poeta Robert Frost: ‘Se vuoi venirne fuori, ci devi passare in mezzo’. In Psicoterapia Breve Strategica, la tecnica di elezione per il trattamento del trauma è quindi basata sulla scrittura, il cosiddetto Romanzo del trauma (Cagnoni, Milanese, 2009). Attraverso la narrazione scritta è possibile innescare la metabolizzazione dell’esperienza e una diminuzione delle emozioni correlate. Inoltre, richiamando volontariamente questi pensieri, non li si vivono più come incontrollabili e intrusivi, ma come gestibili. Successivamente è possibile diminuire progressivamente gli evitamenti, in modo da ripristinare la funzionalità di vita presente prima dell’episodio traumatico.

In questo modo la ferita del trauma si trasforma a poco a poco in una cicatrice che, pur non scomparendo completamente del tutto, permette alla persona di riappropriarsi della propria naturale capacità di resilienza. 

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