Mental Training: come lavorare con i giovani atleti

La programmazione di un mental training rivolto a giovani atleti richiede conoscenze specifiche, legate alla distinzione delle diverse fasi di sviluppo dell'atleta (infanzia, pre-adolescenza, adolescenza), e all'importanza delle differenze di genere all'interno dei gruppi sportivi.
Un mental training rivolto a gruppi di giovani atleti prevede programmi personalizzati con attività di apprendimento diversificate per ogni livello di sviluppo.

I gruppi sportivi sono spesso organizzati sulla base dell'età cronologica; in primis, un gruppo è formato in base al tipo di categoria, e poi dall'abilità sportiva. All'inizio, anche lo psicologo dello sport considera l'età come criterio di scelta del proprio intervento.
Ciò nonostante, per andare incontro alle richieste dei clienti, il mental training deve considerare, non solo la differenza d'età, ma soprattutto la fase di sviluppo a cui far riferimento.
L'età può essere un criterio per iniziare a suddividere gli atleti, ma poi è utile notare le differenze a livello di sviluppo fisico, cognitivo, sociale ed emotivo, perché:
a) ogni atleta si sviluppa con una propria personale velocità.
b) le età degli atleti potrebbero variare all'interno di ogni singolo gruppo sportivo.
Per personalizzare e rendere migliori i programmi di mental training rivolti a giovani sportivi, è utile conoscere le caratteristiche peculiari di ogni fase di sviluppo (infanzia, pre-adolescenza e adolescenza), tenendo conto di come le diverse fasi evolutive, insieme alle differenze di genere, possano incidere sulla qualità dei servizi sportivi erogati dai professionisti.

Infanzia

Durante l'infanzia, dai 6 agli 11 anni, vi è la tendenza da parte dei bambini di dare molta importanza al legame con i genitori e gli adulti significativi, che spesso porta al bisogno di ricercare l'approvazione. È importante sapere che questi comportamenti potrebbero creare difficoltà nel giovane atleta, dipendenza o confusione di ruoli (ad es., bambino-genitore, bambino-allenatore, bambino-psicologo). Tuttavia, i bambini sono in una fase di vita in cui cercano di stabilire legami d'amicizia con i pari, in particolare con i coetanei del loro stesso sesso; infatti, soprattutto quando cerca di aumentare la coesione del gruppo e di promuovere la comunicazione, lo psicologo sportivo deve soddisfare richieste diverse: per esempio, le bambine tendono a creare gruppi sulla base dell'aspetto fisico, mentre i bambini possono usare l'abilità sportiva come criterio per stabilire lo status del gruppo di pari.

Nello sviluppo del Sè, a questo livello di sviluppo, gli atleti valutano il proprio valore e la propria autostima sulla base di un ridotto numero di fonti d'informazione e da un punto di vista globale; risulta difficile per loro distinguere fra impegno, fortuna e abilità.
Nel complesso, sono sensibili e consapevoli delle emozioni altrui, ma hanno ancora difficoltà a pensare in modo astratto e a considerare le conseguenze a lungo termine.
Per esempio, all'età di 7 anni possono avere difficoltà nel comprendere comportamenti fallosi e, anziché giudicarli come comportamenti “anti-sportivi”, possono reagire influenzando negativamente l'esito della partita e il clima del gruppo sportivo.
Il compito dello psicologo dello sport è quello di aumentare le abilità cognitivo-emotive informando in modo ripetitivo e sistematico i giocatori di come ogni loro azione abbia conseguenze sia a breve sia a lungo-termine, sia negli allenamenti che nelle partite, sia dentro che fuori dal campo.

I bambini, in questa fase di sviluppo, comprendono i concetti di uguaglianza e di correttezza, e le regole del gioco che non vengono rispettate dai coetanei (in assenza dell'allenatore) possono creare conflitti e confusione. Le femmine sono più sensibili a livello emotivo, dimostrando maggiore supporto e collaborazione; i maschi, sono più portati ad assumere comportamenti rumorosi partecipando al gioco in modo aggressivo.

Pre-adolescenza.

La preadolescenza, dai 10 ai 14 anni, è caratterizzata dalla pubertà, vi sono cambiamenti emotivi con oscillazioni dell'umore, un aumentato interesse verso i pari, una maggiore capacità di pensiero astratto, capacità di considerare alternative e conseguenze.
Rispetto ai bambini più piccoli, gli atleti preadolescenti possono essere incoraggiati nella presa di decisioni relative alle attività del gruppo sportivo. Lo psicologo sportivo può evidenziare questo nuovo traguardo evolutivo attraverso domande di “scoperta guidata” e attività che permetteranno ai ragazzi di trovare da soli le loro risposte.
Nel complesso, i ragazzi a questo livello di sviluppo, potranno comprendere il razionale dietro alle attività del mental training, e di come questa attività possa facilitare positivamente lo sport e la performance. Ciò nonostante, gli atleti più giovani potrebbero non comprendere ancora il significato delle strategie mentali (mental skills), il self-talk (dialogo interno) e il rilassamento potrebbero essere più complicati da comprendere rispetto al goal-setting (formulazione degli obiettivi) e all'imagery (tecniche immaginative).
Questa fase di sviluppo è anche caratterizzata dall'interesse per i pari e le relazioni tra pari, che possono essere facilitate se i membri del gruppo sportivo vanno d'accordo, mentre in presenza di conflitti possono mettere a dura prova la coesione e l'unità del gruppo.

Per quanto riguarda lo sviluppo del Sé, gli atleti iniziano a costruire la loro identità, e per lo psicologo è più facile notare negli atleti un modo coerente di affermare e descrivere se stessi.
Anche per quanto concerne l'autostima, sono maggiori le fonti cui attingere per valutare le proprie competenze; tuttavia, l'autostima è ancora vulnerabile e influenzata da valutazioni esterne, specialmente derivanti dai coetanei. Durante l'adolescenza, le ragazze sono sono più predisposte ad avere una bassa autostima rispetto ai ragazzi. Questa differenza di genere potrebbe dipendere dall'aumento dell'insoddisfazione per la forma corporea, legata ai precoci cambiamenti fisici e ormonali della pubertà. Sebbene, queste differenze di genere, a livello di valore personale e di autostima, abbiano inizio durante la preadolescenza, continuano poi anche in adolescenza.

Adolescenza

La maggior parte dei clienti sportivi che richiedono un mental training, si trovano nel pieno dell'età adolescenziale, tra i 15-17 anni d'età.
A questa fase di sviluppo, gli atleti sono fisicamente e sessualmente sviluppati, capaci di esprimere i loro sentimenti, capaci di pensiero astratto, possono riflettere su tematiche sociali e morali, ed iniziano ad essere sempre più indipendenti. Insieme al loro bisogno di padroneggiare lo sport da loro praticato, questi atleti cercano di comportarsi in modi sempre più autonomi.
Ecco perché sono inclini a collaborare nei processi decisionali, e a loro agio nell'esprimere pensieri diversi da quelli dei loro allenatori, e dei loro genitori.
Lo psicologo dello sport dovrebbe considerare molteplici modalità per coinvolgere gli atleti in riunioni, offrendo alternative per ciò che riguarda le sessioni e i metodi di allenamento.
In questa fascia d'età, è possibile applicare un esercizio in immaginazione, il “Come se”, per permettere ai giovani sportivi di visualizzare risultati futuri e aiutarli a sentirsi maggiormente coinvolti nell'esperienza sportiva dal punto di vista mentale; soprattutto, se questi desiderano continuare a praticare il loro sport a livello agonistico.

Insieme al loro desiderio di autonomia, vi è un aumento dell'importanza attribuita ai pari e alle relazioni sociali. Tuttavia, ci sono differenze di genere: le ragazze avranno la tendenza ad instaurare rapporti stretti e profondi, relazioni caratterizzate da un più alto grado di intimità rispetto ai ragazzi.
Quindi, nel lavoro con gruppi di adolescenti femmine, lo psicologo dovrà essere attento a riconoscere e tener conto della forte importanza attribuita alle relazioni sociali e come queste utlime potrebbero impattare sul singolo atleta ed estendersi all'esperienza del gruppo sportivo.

Infine, il periodo adolescenziale è caratterizzato da una maggiore comprensione di specifici e molteplici aree del sé, accurate descrizioni di sé, la costruzione di possibili sé futuri, e un maggiore autocontrollo. In ogni caso, è importante ricordare che uno sviluppo positivo del sé non è automatico, ma è il risultato di esperienze familiari, sociali, ambientali e culturali; pertanto, gli psicologi dovrebbero aspettarsi una maggiore eterogeneità a livello di gruppo.

Bibliografia

Visek, Harris, Blom. Mental Training with Youth Sport Teams: Developmental Considerations & Best Practice Recommendations. 2014. J Sport Psychol Action

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