Gli attacchi di panico, una trappola per la mente

GLI ATTACCHI DI PANICO, UNA TRAPPOLA PER LA MENTE
 

"Legati da vincoli invisibili alle nostre paure,
siamo, al tempo stesso, burattino e burattinaio,
vittime delle nostre stesse aspettative"
Rawling.

 

Gli attacchi di panico sono una sintomatologia complessa e piuttosto diffusa che può aver inizio nella tarda adolescenza o nella prima età adulta e si verifica prevalentemente nelle donne rispetto agli uomini.


Ma andiamo a capire meglio come si presentano.


Gli attacchi di solito durano pochi minuti ma causano una grandissima angoscia, e nell'intento di controllare le proprie reazioni, l'individuo rivolge continuamente la propria attenzione all'ascolto dei  sintomi ansiosi che provocano un  senso di soffocamento, vertigini, sudore, tremori, tachicardia.

Il controllo razionale di questi sintomi non fa che alterare la loro naturale espressione, il soggetto percependo questa alterazione si spaventa, l'ansia e quindi i sintomi aumentano, di conseguenza si crea un circolo vizioso di interazione disfunzionale tra mente e corpo che se non viene interrotto induce all'attacco di panico.

Chi lo ha provato, lo ha vissuto come un’esperienza terribile, come se stesse per morire.


Quello che accade però è che la persona ha una tale paura di vivere nuovamente la stessa esperienza che si sviluppa una paradossale escalation di sensazioni di paura e tentativi di controllo che nella loro interazione finiscono per intrappolare la mente.
Spesso chi ha un disturbo da attacchi di panico soffre anche di agorafobia, ossia la paura di trovarsi intrappolato in un luogo o in una situazione da cui è difficile e imbarazzante uscirne.


Dopo il primo episodio, quindi, la persona viene sopraffatta dalla paura di rivivere di nuovo quel terribile momento, e diventa dipendente dagli altri, ossia dalle persone significative di cui si circonda nella sua vita: familiari, parenti, amici, compagni. Riuscirà quindi ad uscire e ad affrontare la quotidianità solo in compagnia di qualcuno di cui si fida, che diventerà il fondamento del suo senso di sicurezza e protezione. Stare in mezzo ad una folla, viaggiare in autobus o in treno, guidare l'auto, andare al supermercato, saranno situazioni da evitare, o quantomeno da affrontare con un carico di ansia piuttosto pesante.


Se una persona associa la paura dell'attacco di panico ad una situazione, che sia per esperienza diretta o per la supposta pericolosità della circostanza, di solito tende ad evitarla. Ma il fatto stesso di aver evitato la situazione temuta conferma sia la sua pericolosità, sia la sensazione di inadeguatezza del soggetto, aumentando la paura della volta successiva. Questo induce il soggetto a rifiutare di  esporsi a situazioni che vengono prefigurate come minacciose. E il tentativo razionale di controllare e gestire la paura finisce per alimentarla.


Tutto questo induce l'individuo a sentirsi profondamente inadeguato, incapace di affrontare da solo situazioni che prima erano la quotidianità, tali pensieri vanno a danneggiare la sua autostima e a sentirsi depresso. Spesso l'individuo si sente quasi come se fosse scisso in due, il sé di un tempo, più sicuro e intraprendente, e il sé di oggi, insicuro, confuso, spaventato, come se non riuscisse a  riconoscersi in questa veste momentanea e ad accettare le sue fragilità e debolezze.


Di solito gli attacchi di panico si verificano in momenti di vita particolarmente stressanti, generalmente quando si verificano tanti eventi significativi in concomitanza. Gli eventi di vita che possono indurlo sono ad esempio, il matrimonio, una convivenza, la separazione, la perdita di una persona cara, cambiamenti di vita significativi che aumentano la sensazione di insicurezza e instabilità.


COME SI MANIFESTA E QUAL'E' LA CAUSA?


L’attacco di panico inizia all'improvviso, e raggiunge l’apice nell'arco di circa 10 minuti. La durata è molto variabile, in linea di massima può essere di 20 minuti, ma a volte meno o anche di più. Non si può definire chiaramente quando si ripresenterà un attacco di panico, certamente ciò che contribuisce a renderlo più intenso è il focalizzare l'attenzione sui sintomi fisici, il sentirsi sopraffatti da pensieri catastrofici rispetto al proprio stato di salute e la netta sensazione di stare per morire.


Dopo il primo attacco di panico l'individuo  ha tantissime paure che non riesce a gestire, teme di uscire di casa da solo, ma è spaventato anche dall'idea di rimanere da solo in casa, ha paura sia degli spazi aperti ma anche di quelli ristretti come un ascensore, per non parlare dell'utilizzo di mezzi di trasporto quali autobus e treni, e il terrore di trovarsi in macchina in mezzo al traffico. Ciò che scatena il panico è di non riuscire a gestirsi da solo, rimanere intrappolato in uno spazio angusto senza avere la possibilità di uscirne o non sapere dove andare in uno spazio troppo aperto come ad esempio una grande piazza.


Ma di che cosa si ha realmente paura?

Le cause che si nascondono dietro a questo modo di sentirsi, non sono da ricondurre a fatti obiettivi, bensì a motivazioni psicologiche molto profonde. Ciò che potrebbe sembrare è che chi ha paura di tutto teme ciò che si trova all'esterno, e che viene avvertito come minaccioso, ma in realtà questo è solo il frutto di una proiezione, nel senso che la causa vera della propria paura viene portata all’esterno, al di fuori di se stesso.
Questo pensiero induce spesso colui che si rivolge allo psicologo a chiedere una normalizzazione del proprio corpo, che viene considerato come portatore di  un disagio.


La domande che viene fatta più spesso è: "Lei crede che guarirò completamente dagli attacchi di ansia e di panico?". Se riflettiamo sulla domanda ci rendiamo conto che l'idea che si è fatto il nostro interlocutore è di avere un corpo che lancia dei segnali incomprensibili, ed ha una necessità impellente, ossia quella di riuscire a controllare o eliminare tali sintomi. In realtà questi "disturbi" devono essere letti in maniera diversa, dobbiamo andare ad esaminare cioè i nostri modelli di costruzione delle relazioni. Il nostro malessere rappresenta un segnale importante che ci sta inducendo a focalizzare l'attenzione sulla difficoltà di evolversi del nostro modo di costruire relazioni. Quindi a questo punto possiamo ritenere che la risoluzione di in problema psicologico attraverso cure farmacologiche si può ricondurre ad una visione definita "riduttivismo biologico", poiché questo approccio riduce tutta la dimensione umana ad un meccanismo di trasmissione di neurotrasmettitori e di reazioni organiche, non considerando la complessità psichica dell'individuo.


E' importante comprendere che quando si ha a che fare con un disturbo di questo genere la persona che ne soffre deve cominciare a pensare che è arrivato il momento di prendersi cura di se stesso attraverso un percorso terapeutico che, con l'aiuto di un esperto, le consentirà di esplorare le dimensioni relazionali che fino ad allora non ha preso molto in considerazione, e di analizzare parti importanti di se stesso di cui non ha piena consapevolezza.


La parola ansia può essere collegata etimologicamente alla radice tedesca Angst che significa "soffocare nelle strettoie" (Rollo May), questo ci può aiutare molto  nel formulare delle ipotesi relative a comprendere la dinamica dell’ansia.


Da un punto di vista psicologico ciò di cui stiamo parlando  sono le strettoie del legame che creiamo con noi stessi e con gli altri e  più precisamente con le rappresentazioni interne di ciò che abbiamo appreso nella nostra vita rispetto ai rapporti affettivi. Noi sappiamo però  che le rappresentazioni interne non corrispondono esattamente alla realtà ma alla modalità in cui noi stessi interpretiamo la realtà; quindi funzionano come una bussola interna che ci consente di orientarci. A volte però questa bussola è orientata male e non ci permette di riconoscere, accettare ed esprimere la nostra parte emotiva inducendoci a soffocare la nostra individualità. Quando succede questo il corpo ci segnala, in questo caso attraverso un attacco di panico, che  dobbiamo guardare dentro noi stessi per riuscire a comprendere ciò di cui abbiamo bisogno per tornare ad essere sereni.

 

COME SI CURANO GLI ATTACCHI DI PANICO?

Nella cura degli attacchi di panico con o senza agorafobia e dei disturbi d’ansia in generale la psicoterapia è il trattamento elettivo.
In particolare la psicoterapia nel caso di attacchi di panico prevede inizialmente la comprensione della loro origine attraverso la narrazione della storia del paziente. Segue un trattamento d'urto che ha l'obiettivo di  eliminare quanto prima il sorgere dell'attacco di panico e di migliorare la capacità di gestione di situazioni che generano uno stato di ansia. Infine il percorso terapeutico prosegue con un lavoro introspettivo con l'intento di analizzare la dimensione emozionale e relazionale.

Certamente non è facile riuscire a riconoscere ciò che avviene dentro noi stessi e confrontarci con i propri limiti e le proprie paure. Ma è necessario lavorare su di sé per trasformare certe parti scisse e cristallizzate ed evolvere verso la costruzione della propria esistenza ampliando aspetti della propria identità fino ad allora sconosciuti con un intento meraviglioso, che è quello di comprendere appieno la propria realtà psichica.   

 

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