Come uscire dal senso di fallimento?

Noemi

Buongiorno
Ho 25 anni e mi sento una nullità. Questa sensazione mi sta distruggendo perché non mi va di fare più nulla, mi sento apatica.
Mi laureo a gennaio o marzo in giurisprudenza, ma dato che il voto potrà essere un 100/103 mi sento come se non avesse senso o che comunque non mi porterà da nessuna parte considerando che sono un anno fuori corso.
Aggiungo che devo ancora prendere la patente.
Le due cose messe insieme mi stanno angosciando perché mi sembra come se fossi sempre ferma allo stesso punto, mentre magari mie amiche già lavorano. Nessuno mi ha mai fatto pesare nulla, anzi. Ma ho il pensiero fisso che gli altri possano pensare che io sia una nullità, non riesco a levarmelo dalla testa. Per queste ragioni non ho nemmeno più voglia di vedere gli amici.
Cosa mi consigliate? Come si cancellano questi brutti pensieri dalla mente? Grazie per l’attenzione.

3 risposte degli esperti per questa domanda

Salve Noemi, 

Ho letto attentamente il suo racconto che lascia trapelare un certo carico di sofferenza ma anche il desiderio di cercare un modo per venirne fuori.

Il senso di fallimento personale è una trappola emotiva molto dolorosa, che se non affrontata adeguatamente può renderci più sensibili agli aventi di vita negativi e meno performanti rispetto agli obiettivi che ci poniamo. 

Le suggerisco di rivolgersi ad uno specialista con cui lavorare sui suoi sentimenti e pensieri, al fine di raggiungere una maggiore serenità, senso di sicurezza ed appagamento personale. 

Se vuole può contattarmi per un primo colloquio gratuito nel mio studio di Latina.

Un caro saluto

Cara Noemi,
potrei dirti che un voto di 100/103 è rispettabilissimo, che essere un anno fuori corso non significa assolutamente nulla e che io vedo praticamente tutti i laureati in giurisprudenza che conosco trovarsi un’occupazione almeno decente.
Così come potrei aggiungere che prendere la patente è una piccola cosa ben poco impegnativa per una giovane che ha la mente allenata allo studio come sicuramente ce l’hai tu e che, inoltre, gli altri, amici compresi, sicuramente sono ben poco interessati alle tue supposte incapacità. E questo sia perché le valuterebbero eventi normali della vita, come ti ho proposto io, sia perché probabilmente avranno già i propri problemi cui pensare.
Potrei dirti, infine, che non tutti i partecipanti alle Olimpiadi arrivano primi: e forse chi arriva secondo, terzo ecc. non ha la stessa dignità del primo arrivato anche se non porta a casa la medaglia d’oro?
Quindi il problema, come in parte hai capito, non è chiedersi perché tu hai tutte queste “sfortune”, ma perché tu consideri tali dei normali eventi della tua vita.
Cosa può essere successo, allora, nella tua vita perché tu possa aver imparato dei modi di guardare ad essa così inutilmente sfavorevoli e autocolpevolizzanti?
Capirlo da soli è quasi impossibile, capirlo confrontandosi con uno psicologo e facendosi aiutare da lui può essere invece risolutivo. Quindi il mio consiglio non può che essere questo: fatti consigliare un bravo professionista che sappia aiutarti a rivedere questi modelli così negativi che hai imparato e ad acquisirne di nuovi che ti facciano muovere nella vita in modo più positivo ed efficace.
Un cordiale saluto

 

Dott. Gabriele Andreoli

Dott. Gabriele Andreoli

Verona

Il Dott. Gabriele Andreoli offre supporto psicologico anche online

Buongiorno Noemi,

La prima cosa che mi sento di dirle è che questi pensieri non vanno cancellati come qualcosa di inutile e negativo, ma vanno ascoltati perché le stanno rivelando qualcosa di lei di cui è importante che prenda coscienza.

Le stanno permettendo di vedere che è chiusa dentro un’idea della vita come una “corsa” in cui si devono raggiungere delle tappe prefissate, secondo tempi, modi standardizzati, uguali per tutti, così da dimostrarsi adeguati al modello che riscuote l’ammirazione generale. Vede il suo fallimento nell’essere rimasta indietro nel conseguire questi risultati esterni perché la sua visione delle cose è condizionata dai modi comuni di pensare, sui quali ha impostato la sua esistenza.

Secondo questa mentalità comune l’importante è “riprodurre” questo  modello, ritenuto vincente, per dimostrarsi riusciti agli occhi degli altri. I suoi pensieri insistono sulla preoccupazione di quello che gli altri pensano di lei per  cercare di farle prendere coscienza che sta anteponendo il riconoscimento esterno al legame con se stessa. In questo modo è facile perdere la “propria strada” perché si inseguono dei modelli estranei alla propria interiorità, a cui passivamente ci si adegua, smarrendo il senso di se stessi…

Il senso del suo valore personale dipende dal riconoscimento esterno ed è perciò fragile come emerge dal fatto che si sente distrutta e crolla non appena pensa di non essere adeguata alle aspettative esterne. E’ una autostima fondata su dei criteri esterni, comuni, con cui continua a misurarsi, sentendosi sminuita se non corrisponde a questi standard. Per il momento sta prendendo come riferimento l’esterno, cosa si pensa comunemente delle cose, invece di prendere come riferimento la sua interiorità. E’ significativo il fatto che continua a paragonarsi agli altri, temendo di aver perso terreno rispetto a loro, in questa corsa che è tutta esterna e che la sta allontanando da se stessa, dalla sua strada. Ha bisogno di fondare il senso di se stessa, del suo valore, su delle radici interiori, di alimentarle e farle crescere…

Mi auguro che si dia la possibilità di ritrovare il “suo” percorso,  la “sua” strada…