Cara Giorgia,
le parole che usi – “momenti bui”, “tutto nero”, “il mio cervello sprofonda” – parlano di un’esperienza che, seppur transitoria, lascia una traccia.
Non sembra qualcosa che ti blocchi del tutto, ma è abbastanza forte da scuoterti, da farti porre delle domande. E già questo merita attenzione.
Quello che descrivi – questi lampi improvvisi di tristezza o angoscia che emergono anche nei momenti più quotidiani – può succedere a molte persone. A volte sono collegati a ricordi, a vissuti sommersi, a nodi emotivi non ancora del tutto sciolti. Altre volte sembrano affacciarsi dal nulla, come onde che arrivano senza un’apparente ragione. Eppure, anche quando durano poco, possono lasciare una scia di inquietudine.
Non è sempre facile dare un nome preciso a queste esperienze. Potrebbero essere piccole crisi ansiose, o momenti di disconnessione legati a una fase di maggiore vulnerabilità emotiva. Ma più che incasellarle, può essere utile ascoltarle:
cosa stanno cercando di raccontarti? In che momenti arrivano? Cosa succede dentro di te prima o dopo?
Hai fatto una cosa importante: hai iniziato a parlare di questi vissuti, a dar loro voce.
Ti incoraggio, se senti che questi episodi si ripetono o diventano più intensi, a cercare un confronto con un professionista. Non per etichettare ciò che provi, ma per esplorarlo con più strumenti, in uno spazio sicuro.
A volte basta poco perché una parola tocchi corde profonde. Ma allo stesso modo, può bastare poco – una relazione accogliente, uno spazio di ascolto – per cominciare a fare luce nei momenti bui.
Ti auguro di non sentirti sola in questa ricerca.
Un caro saluto.