I se' nella relazione di coppia

Un aspetto di fondamentale importanza nelle relazioni affettive è quello dell’integrazione dei sé. Nelle prime fasi di nascita di una relazione, cioè i primi mesi, tutto si vede facile, tutto è possibile, si immaginano ipotesi di vita a due senza pensare troppo a determinate conseguenze, poste alcune eccezioni: ad esempio situazioni che devono partire con certe cautele, come nel caso di una persona che ha già in piedi un’altra relazione da cui deve ancora chiudere, o che ne ha chiusa una ma ancora ha strascichi e via dicendo. In ogni caso i primi tempi tutto sembra più semplice: tuttavia, quando dalla fase dell’innamoramento si deve passare a quella dell’amore le cose possono diventare anche molto complicate. Ci si inizia a rendere conto delle possibili difficoltà a cui far fronte ed è questa una fase cruciale in cui si deve iniziare a lavorare sodo per dare stabilità a ciò che si è vissuto nelle fasi precedenti. Qui entrano in gioco, infatti, i falsi miti sull’amore che disorientano totalmente mandando fuori strada un sacco di coppie e facendole deragliare come un treno fuori dai binari. Si crede che l’amore debba arrivare all’improvviso, come un colpo di fulmine; oppure si crede che l’amore c’è o non c’è; o ancora, gli si dà delle rigide tempistiche secondo cui debba presentarsi nel corso della relazione; o lo si confonde con le farfalle sullo stomaco, o peggio ancora con cose più distruttive come la totale rinuncia a sé stessi e a ciò che ci piace sacrificando tutto ciò per l’altra persona. Tutto ciò è quanto di più distante ed errato ci sia nella concezione di rapporto di coppia e quanto più si hanno queste idee tanto più è possibile che il rapporto deragli. Molte di quelle cose che abbiamo descritto, infatti, fanno parte della fase dell’innamoramento, mentre la fusione simbiotica è parte di un amore malato e dipendente. Tutte queste idee sono esito di processi di sedimentazione che ci derivano dal rapporto coi nostri genitori, dalle nostre relazioni di attaccamento con loro, da quello che ci hanno trasmesso, ma anche da modelli acquisiti da libri, film, pubblicità ecc. L’amore non è quel magico mondo delle fiabe o dei cartoni che fa sognare le ragazzine, non è il principe azzurro né tantomeno una facile e semplice realtà che piomba dal nulla senza far rumore. L’amore non è dato, non arriva magicamente, bensì è l'esito di una paziente nonchè impegnativa co-costruzione di un qualcosa che va oltre la somma delle due entità in gioco, cioè la relazione stessa. È poco romantico vero? Eh si, decisamente, ma chi crede che l’amore sia qualcosa di facile fatto di moine, cioccolatini e cene romantiche si sbaglia di grosso: se si vuole tentare di ridurre l’amore a ciò che si vive i primi mesi della relazione inizierà ad instaurare una estenuante lotta per far si di tenere in piedi un qualcosa che deve naturalmente mutare: è come voler costringere una pianta che cresce dentro lo stesso vasetto in cui l’abbiamo fatta nascere: si rompe il vaso o la pianta muore. E il difficile, in questa fase, è proprio il fatto che questo mutamento implica il mettersi in gioco come persone. All’inizio del corteggiamento ognuno si presenta al meglio: belli e positivi. Col tempo, opportunamente, la conoscenza reciproca si approfondisce ed emergono gli inevitabili difetti, i lati oscuri. Con gradualità si mettono reciprocamente sul tappeto i sentimenti, le esigenze sessuali, i progetti di vita, i sogni che si vorrebbero realizzare, i valori in cui si crede e si verifica quanto sono compatibili, anche se all’inizio si tende a deformare i dati idealizzando. Coscienti di ciò ci si confronta per arrivare a una verità condivisa, altrimenti può scattare una lotta senza fine per il controllo di chi ha ragione. Invece, siccome il fine è che entrambi i partner siano soddisfatti diviene più utile negoziare, concordare, mediare, creare unità d’intenti. Per far questo è necessario e fondamentale togliersi di dosso tutte le maschere che avevamo indossato per somigliare all’ideale che il partner sognava e questo potrebbe essere a volte doloroso, perché la persona ci si presenta davanti per quello che è, compresi i suoi lati più negativi. In questa fase entrano in scena le peculiari personalità dei due partner, che devono iniziare a giocare a incastro, fino a trovare quello più giusto. Questo implica, attenzione, non un cambiare l’altro per adattarlo a noi, bensì un mutuo adattamento e venirsi incontro. C'è una interessante analogia col mondo dei computer che serve a spiegare come l'amore è una costruzione e non è nulla di dato a priori: i pc hanno una serie di impostazioni di default che ne semplificano l'uso. Per esempio il tipo e la grandezza dei caratteri, una volta definiti, continuano ad essere quelli tutte le volte che lavorate col vostro pc, a meno che non vogliate cambiarli di proposito. Allo stesso modo, se i partner non stabiliscono consapevolmente, tramite un dialogo franco, chi deve occuparsi volta per volta dei tanti problemi pratici della vita quotidiana, finiscono per comportarsi in modo automatico, seguendo vecchie abitudini. Così, per esempio, se una donna è stata educata a essere una persona molto responsabile, sarà portata ad accollarsi compiti sempre più pesanti, fino ad esserne sopraffatta. La donna che era invece all'inizio della convivenza a poco a poco si spegne, travolta dagli obblighi e dalle richieste di altri, mentre probabilmente comincia ad accumulare risentimento a livello profondo. Supponiamo che il suo partner sia stato abituato a essere accudito in tutto dalla madre: la sua posizione di default è una visione della moglie come qualcuno che si prende cura dei suoi bisogni come faceva la madre, e questo crea seri problemi. Ecco invece come la relazione viene creata da una co-costruzione in cui entrambi si mettono in gioco nei loro copioni e cercano di destrutturali. Venirsi incontro in questo è proprio quella costruzione che dà luogo a quell'intesa, a quella complicità e a quel gioco di incastro che soli possono dare nutrimento all’affettività. L’amore, quindi, nasce dal condividere questa co-costruzione, da questo scoprirsi insieme anche nei lati negativi, dal condividere momenti, dall’imparare a mediare, e piano piano a trasformarsi per andare l’uno verso l’altro. È una fase delicatissima in cui i nostri copioni vengono fuori in tutta la loro irruenza e ci vuole molto impegno e maturità per far sì che la relazione possa decollare. E qui entra in gioco la seconda parte del nostro articolo: prima ho detto che nella fase dell’amore entrano in scena i copioni: i copioni sono quegli aspetti del sé che si sono formati nel corso della nostra esistenza a causa, in primo luogo, delle prime relazioni di attaccamento, in primis quella con la madre, e successivamente delle esperienze vissute, delle relazioni con i genitori, con i compagni di classe ecc, che vanno a modulare o irrigidire i copioni originali. Piuttosto che dare ampio respiro alla nostra personalità tendiamo quindi a rinchiuderci in un determinato copione, rinnegando, mettendo da parte, ignorando, altre parti di sé che invece sono fondamentali al sano equilibrio del nostro essere. Il primo aspetto fondamentale, quindi, dell’impegno alla costruzione dell’amore, è quella di diventare consapevoli di quali copioni stiamo mettendo in gioco nella nostra relazione. Questo ci permetterà di agire non più in modo automatico, bensì riflessivo. Ci apriremo dunque a comprendere il perché stiamo agendo in un determinato modo, quale parte del nostro sé sta entrando in gioco e, inoltre, impareremo, attraverso l’empatia, a comprendere quale sé del nostro partner sta interagendo col nostro e perché. Questo, ad esempio, farà si che noi comprendiamo perché certi atteggiamenti dell’altro ci feriscono, e farà sì che non si instauri quella rigida lotta al potere del controllo che spesso si crea nelle coppie, cioè una lotta per far sì che l’altro sia come lo vogliamo noi senza neanche sforzarsi di entrare in primis dentro di noi e capire perché qualcosa dell’altro ci dà tanto fastidio. Ed ecco qui l’altro punto fondamentale: perché certe parti dell’altro ci danno noia, fastidio, rabbia? Perché sono quelle parti del nostro sé che abbiamo messo da parte e che destabilizzerebbero molto la nostra struttura di personalità con cui siamo abituati a convivere da anni: sono quelle parti che ci fanno vacillare, che ci metterebbero in crisi se le integrassimo in noi, che manderebbero al’aria la nostra economia interna…o almeno questo è ciò che siamo abituati a credere. Non si tiene, invece, di conto che proprio quelle persone a noi opposte sono una preziosa risorsa che la vita ci mette di fronte e proprio per questo ne siamo inconsciamente attratti nella fase dell’infatuazione, perchè la nostra psiche sa che è quello che ci serve per dare una migliore completezza alla nostra personalità. Le parti del sè che rinneghiamo, ovvero che mettiamo da parte e che invece servirebbero per la nostra armonia psicologica, emotiva e affettiva, vengono prepotentemente riportate alla luce da quelle persone che sono il nostro opposto e con le quali siamo chiamati a confrontarci. Raccogliere questa sfida significa permetterci di crescere come persone, perchè è un'occasione che la vita ci dà di creare un sè più armonico, integrato e completo. Inizialmente, a livello inconscio e quindi non consapevole, siamo attratti da una persona che è il nostro opposto, proprio perché l’intelligenza interna alla nostra psiche vuole per sua natura tendere all’integrazione. Il problema è che, finchè si è nella fase spensierata dell’innamoramento, queste differenze danno poca noia, ma al momento di organizzare una vita a due potrebbero darne molta. E come si fa allora? È importante, quindi, conoscersi e conoscere l’altro e fare uno sforzo di integrazione. I nostri copioni non amano quello che vedono riflesso nello specchio dei nostri partner opposti, ma se ci distacchiamo per un po’ dai nostri rigidi copioni e usiamo una prospettiva più ampia, priva di pregiudizi e prese di posizione, possiamo cominciare a scorgere il valore adattivo del copione dell’altro, rendendoci conto di quel che possiamo integrare dentro di noi per ampliare i nostri orizzonti. Questo creerà intesa, arricchimento, complicità, e quindi una crescita notevole dell’amore e dell’affettività. Cosa succede, invece, se non si è disposto ad aprirsi all’altro e quindi a non prendere coscienza di sé e di ciò che di buono vi può essere nel copione altrui? Se i partner non vogliono vedere le differenze come una sfida e un’occasione per avere una maggiore integrazione del sé, i loro copioni finiranno per acquistare sempre più forza come un treno fuori controllo: i partner si trincereranno nei loro opposti accampamenti, difendendo le loro posizioni e intensificando i loro attacchi fino all’inevitabile e spesso insanabile rottura relazionale.

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