La Coppia → Una relazione che dura nel tempo

Introduzione

La parola “coppia” deriva dal latino “copula”, che significa congiunzione, legame, insieme. Incontrando la coppia si incontra un organismo complesso dotato di un’economia affettiva che trascende l’individualità.

Robert Neuburger (2001) definisce la coppia come la storia di un incontro che dura, cioè di due persone che si sono incontrate e che per varie ragioni non si separano; sono persone che dal momento in cui si sono conosciute hanno stabilito un legame molto particolare, che le porta ad essere parte di una microistituzione che si definisce “Coppia”.

E ciò che sta alla base della coppia è la presenza di un sentimento, che comunemente viene definito “amore”. Il mondo occidentale sembra davvero impazzito per questo sentimento: tutti ne parlano, in ogni ambiente e ad ogni livello. Siamo di fronte a un’autentica epidemia, sebbene benefica, che si è ormai infiltrata anche in contesti culturali (come alcune società mediorientali e asiatiche) dove la centralità della dimensione affettiva nel rapporto uomo-donna è acquisizione recente (Marazziti, 2004).

Come chiaramente dimostra nel suo libro Grazia Attili (2004), postulati dell’approccio evoluzionistico e un paradigma scientifico ampiamente diffuso in ambito psicologico, la teoria dell’attaccamento, formulata negli anni Sessanta dallo psichiatra inglese John Bowlby (1969), dimostrano che le relazioni sentimentali si sviluppano, se sane, secondo un percorso, che è allo stesso tempo biologico e sociale, secondo un itinerario che evolve per tappe imprescindibili e necessarie, ciascuna con un suo potenziale che contribuisce al buon adattamento dell’individuo al suo ambiente sociale e fisico. Quindi, l’amore, così come lo intende l’immaginario collettivo, è soltanto una fase di una relazione che, se di tipo sentimentale, è, tuttavia, d’amore in un senso ben più profondo, lungo tutto il suo percorso. Il desiderio e l’eccitazione non sono in contrasto con l’amore; l’amore non è l’antitesi dell’attaccamento, ma è proprio l’attaccamento ciò che tiene legati i partner di una coppia, secondo un processo che porta gli amanti, e poi i coniugi, a provare, nelle varie fasi del loro rapporto, particolari emozioni, ciascuna funzionale al buon andamento della relazione e cruciali per il loro benessere. L’amore, in altri termini, secondo questi approcci, che utilizzano sia i costrutti della psicologia cognitiva, sia le concettualizzazioni proprie del neodarwinismo, può essere considerato sinonimo di attaccamento, e, nello stesso tempo, parte di quel processo. Può essere anche visto come frutto dell’evoluzione e della selezione naturale, della filogenesi, e pertanto, può essere ancorato con le sue radici nel nostro patrimonio genetico, ed è assimilabile, nelle sue funzioni, all’amore che lega un bambino alla madre. Ciò non significa che si ama il proprio partner come se questi fosse la propria madre, né viceversa; esistono, tuttavia, delle somiglianze sostanziali tra i due legami a livello fenomenologico e a livello funzionale, così che, nella sua impalcatura universale, il rapporto madre-bambino può essere utilizzato per capire la complessità del legame d’amore tra adulti. Quello, come questo, infatti, si è evoluto perché è proprio attraverso un forte coinvolgimento con una persona specifica (la madre, il partner) che ciascun individuo può sopravvivere al meglio ed ottenere il “successo riproduttivo”, cioè quella spinta ineluttabile innata a lasciare le nostre caratteristiche genetiche, culturali, psicologiche in quanti più individui possibile.

In ogni caso, parlare dell’amore e dell’attaccamento come parte di un processo universale a base innata non significa non tener conto del fatto che ovviamente non tutti amano nella stessa maniera, così come non tutti i legami di coppia hanno le stesse caratteristiche. La struttura che assume un legame sentimentale, le distorsioni dell’amore, la scelta stessa del partner sono, infatti, da ricondurre alle aspettative che ciascuno ha su se stesso e sugli altri, al valore che ciascuno assegna ai propri bisogni affettivi e alle strategie delle quali si serve per ottenere affetto.

La scelta del partner e la costruzione della coppia

Giusti e Pitrone (2004) spiegano che la coppia attraversa nell’arco della sua esistenza varie fasi che la caratterizzano e che rendono necessaria una trasformazione nella propria organizzazione interna. E’ possibile identificare alcuni dei passaggi più significativi che una coppia si trova ad affrontare:

- La nascita della coppia: la fase dell’innamoramento, dell’amore, la scelta del matrimonio o della convivenza. In questa fase si comincia a costruire l’identità della coppia, che si differenzia dalla famiglia di origine, creando dei confini il più definiti possibile.

- La nascita del primo bambino, che porta con sé una nuova ridefinizione dei confini all’interno della coppia e nelle relazioni con l’esterno. Inoltre la nascita del figlio non solo obbliga alla riorganizzazione, ma mette di fronte all’idea dell’invecchiamento dando vita alla nuova generazione.

- La coppia, di fronte ai figli divenuti adolescenti, deve affrontare una riorganizzazione, sia in funzione della loro crescita e delle difficoltà nell’educazione, sia nel confronto tra la propria adolescenza e quella dei figli stessi.

- La coppia affronta lo svincolo del figlio che cerca altrove la soddisfazione di relazioni interpersonali, in questa fase può rivalutare le proprie figure genitoriali identificandosi con queste. Inoltre le nuove relazioni dei figli trasformano la relazione genitore-bambino in un principio di relazione adulto-adulto.

- La fase del pensionamento, possibile crisi del nido vuoto, in cui la coppia si deve nuovamente ristrutturare in funzione dell’abbandono della casa da parte dei figli e della formazione di nuovi nuclei familiari. I rapporti interpersonali sono ora con figli adulti, a loro volta genitori, e con i nipoti. La coppia sperimenta la vita della terza età con tutte le sue implicazioni, compreso il vissuto di angoscia relativo alla morte.

Osservando la coppia in questo modo ci si concentra sull’idea che la coppia sia qualcosa che va avanti nel tempo. L’evoluzione è saper rispondere in modo adeguato alle richieste esterne e interne alla persona, ed è possibile maggiormente quando nella coppia esistono due individui che hanno la capacità di distinguersi uno dall’altro, mantenendo dentro di sé l’altro, ma anche la propria famiglia di origine. Dallo studio delle coppie sembra che le fasi di passaggio più a rischio siano la nascita del primo figlio, il figlio che diventa adolescente e l’uscita di casa del figlio. Nel primo caso sembra che l’insorgere della crisi possa essere collegata all’allontanamento della donna dedita alle cure del bambino, con la conseguente gelosia maschile, anche se apparentemente potrebbe sembrare più legata ad una difficoltà nel vivere il ruolo di genitore. Nel secondo caso la crisi è da ricondurre alla negoziazione con la gelosia rispetto alla “proprietà” del figlio che non si vuole condividere con il gruppo dei suoi coetanei; infine la terza situazione segna il percorso verso l’invecchiamento e sembra evocare un senso di sconfitta e fragilità.

La coppia percorre un ciclo di crescita che, se si conclude, porta alla formazione di una “coppia sana”. Come dice Alberoni (1996), definendo l’innamoramento come “lo stato nascente di un movimento collettivo a due”, gli innamorati sono trascinati l’uno verso l’altro da una forza che tende a fonderli per creare un’entità nuova, la coppia. Però ciascuno resta un individuo con la sua particolarissima storia personale, le sue credenze, i suoi sogni, le sue aspirazioni, cosa che consente quello scontro dialettico tra la forza che tende alla fusione e quella che tende alla individuazione. Ed è per questo che gli innamorati appaiono estremamente altruisti ed estremamente egoisti: ciascuno vuole fino in fondo la propria felicità, ma per realizzare se stesso deve volere l’altro, deve accettarlo, amarlo, plasmarsi su di lui. La straordinaria gioia che gli innamorati provano, permette di esercitare fortissime pressioni reciproche. Essi, in un gioco di spinte e controspinte, di avanzate e di ritirate, di continue scoperte su se stessi, giungono a costituire una visione comune del mondo, un comune progetto di vita. L’innamoramento è un ripartire da zero, in cui tutto, la vita, la famiglia, le credenze, vengono riplasmate per creare una nuova concezione del vivere. La creazione della coppia è una rifondazione, è una rinascita. La coppia nascente è un uragano di energia vibrante, di emozioni, di speranze, di dubbi, di sogni, di entusiasmi e di terrori. E’ a partire da questo crogiuolo incandescente, in cui si scontrano le forze che tendono alla fusione e quelle che tendono alla individuazione, che emerge la nuova collettività, che si struttura, che si stabilizza.

La lettura di tale ciclo si basa sul concetto di autonomia e di separazione-individuazione della Mahler (1968). Il ciclo di autonomia della coppia va, infatti, da una fase di dipendenza ad una di controdipendenza, quindi passando per l’indipendenza raggiunge l’interdipendenza. In ognuna di queste fasi per raggiungere l’autonomia la coppia vive esperienze emozionali particolari.

Nella prima fase della dipendenza, la coppia sperimenta un “delirio passionale” o “simbiosi”, durante il quale l’idealizzazione del partner è estrema, si pensa a lui come l’anima gemella e l’oggetto che soddisfa ogni proprio desiderio. Si è molto egoisti rispetto ai propri bisogni che hanno la precedenza sul resto e che, comunque, sembrano essere totalmente appagati dall’altro. Questa prima fase che dura circa due anni, si interrompe per favorire il passaggio alla successiva con i primi conflitti legati all’ambiguità e alla ricerca della differenziazione; si manifestano le prime crisi d’ansia, utili per lo scioglimento della simbiosi.

La fase successiva corrisponde al periodo della contro-dipendenza e si caratterizza per il desiderio di “differenziazione”; è il periodo della disillusione, della sofferenza dovuta alla scissione tra l’ideale e il reale, nascono i primi sintomi di incompatibilità, si comincia a pensare alla necessità di creare una giusta distanza. Si manifestano crisi depressive legate ad una difficoltà di gestione della rabbia nata proprio dalla scoperta dell’altro diverso. Il conflitto in questo periodo è centrale e fisiologico anche in funzione di un apprendimento delle regole del conflitto. Una buona elaborazione di questa fase permette il passaggio alla fase successiva.

L’indipendenza caratterizza la terza fase. Si tratta di un periodo di sperimentazione, la coppia sente l’esigenza di uscire dal nucleo a due e di esplorare l’esterno. E’ forse il periodo più problematico e pressante dal punto di vista conflittuale, si presentano litigi anaffettivi, ognuno cerca di andare per la propria strada, si presentano crisi emozionali legate all’alternarsi di rimpianti e di speranze. E’ la fase più a rischio di rottura anche perché corrisponde al periodo in cui avvengono i tradimenti. In questa fase c’è però anche molta voglia di approfondire la conoscenza della coppia, si protende più per il mantenimento dell’unione che per la separazione.

L’ultima fase dell’interdipendenza si basa sull’accettazione dell’integrazione di un legame imperfetto, i partner giungendo alla consapevolezza che l’altro possa essere imperfetto, che la scelta del partner è indubbiamente collegata a modelli di attaccamento appresi nel tempo e che esiste a prescindere dai suoi mutamenti, attuano un processo di riavvicinamento che permette loro di acquisire una costanza dell’oggetto d’amore che travalica i conflitti e permette il riaccendersi del desiderio.

I processi di separazione e individuazione giocano, quindi, un ruolo fondamentale nella costruzione della coppia e la lettura sistemica della coppia può aiutare a capire meglio la scelta del partner. L’influenza del mito familiare è maggiore o minore proprio in funzione del livello di differenziazione che la persona ha raggiunto rispetto alla famiglia di origine. La scelta del partner è, infatti, il mezzo principale di trasmissione del mito familiare, che rappresenta le regole e i ruoli che i genitori hanno trasmesso ai figli con il compito di mantenerli per generazioni. Quindi, il processo di scelta del partner non riguarda soltanto due persone, ma sottintende una struttura di tipo triangolare: IO –TU –GLI ALTRI, intendendo per “altri” tutto ciò che ha caratterizzato in modo significativo la crescita e i processi evolutivi di separazione e individuazione della persona.

La scelta del partner risponde a bisogni di tipo sociale ed economico, nonché familiari, di affinità psicologiche, di attrazione sessuale. Pertanto, non è un caso che di solito le coppie provengano dallo stesso ambiente socio-culturale. Questo insieme di elementi determina quella che Goethe ha chiamato “affinità elettive” e che ha definito “sottile affinità chimica in virtù della quale le passioni si ricompongono un’altra volta”.

Possiamo, quindi, ipotizzare che la scelta del partner sia collegata alle remote vicende personali che hanno caratterizzato le esperienze infantili. Bowlby (1982) per primo ha sottolineato l’importanza dello stile di attaccamento che si attiva nel bambino e persiste nell’adulto. La teoria dell’attaccamento si applica quindi al rapporto di coppia, sottolineando che gli adulti iniziano delle relazioni affettive sulla base del modello strutturatosi nel rapporto madre-bambino, poiché proprio su questa relazione precoce si fondano le rappresentazioni mentali di se stessi, dell’altro e di se stessi in relazione all’altro. Questi modelli, essendo il risultato di un processo cognitivo automatizzato, tendono ad autoperpetuarsi, anche se non hanno un carattere di assoluta irreversibilità e possono quindi modificarsi attraverso relazioni nuove e diverse, attraverso cambiamenti di vita significativi ed esperienze terapeutiche.

Da uno studio di Hazan e Shaker (1987) condotto su 620 soggetti aventi un’età media di 36 anni, emerge che le persone hanno piena consapevolezza della qualità delle loro relazioni affettive e che ad ogni modello di attaccamento corrisponde una specifica modalità di vivere le esperienze amorose.

Nelle coppie adulte, con un modello sicuro, le esperienze amorose sono vissute positivamente in un alternarsi di richieste e di offerte di amore. Dagli studi risulta, infatti, che queste persone hanno un elevato livello di autostima, una mancanza di ansietà relativa all’andamento della relazione e si sentono a proprio agio con l’intimità, fisica ed emotiva, che s’instaura col partner. Tendono a descrivere le loro relazioni di coppia come felici e basate sull’amicizia, sottolineando la loro capacità di offrire aiuto e di accettarlo dal loro partner. Raccontano anche della loro disponibilità a comprendere e a perdonare gli errori che questo possa aver commesso. Inoltre, riportano di credere nell’amore duraturo e dichiarano che anche se sono consapevoli che i sentimenti romantici vanno e vengono, questo non esclude che alcune volte l’amore possa raggiungere di nuovo l’intensità provata all’inizio della relazione. E, cosa fondamentale, pensano di potersi fidare del partner.

Nelle coppie con un modello evitante si ha il timore dell’intimità e l’incapacità di dipendere dagli altri. Queste persone evitano il coinvolgimento affettivo (“amore circospetto”) e si sentono a disagio con l’intimità, sia di tipo fisico sia emotivo. I loro legami hanno le caratteristiche di un rapporto basato sull’amicalità e il lucido calcolo della ragione. Spesso hanno bassa autostima e qualche ansia relativa all’andamento della loro relazione di coppia. Descrivono le loro relazioni come basate su alti e bassi emotivi e sulla gelosia, sia pure tenuta nascosta. Dichiarano il loro bisogno di porre limiti alla vicinanza, all’impegno e alle manifestazioni di affetto. Ritengono che l’amore romantico non esiste nella vita reale, che è molto raro che l’amore duri tutta la vita, e che è quasi impossibile trovare qualcuno di cui innamorarsi realmente.

Infine, nelle coppie con un modello di attaccamento ansioso-ambivalente i partner vivono costantemente la paura dell’affidabilità dell’altro e la sua disponibilità a soddisfare le richieste affettive. Lo stile amoroso di queste persone è stato definito “amore nevrotico” e si accompagna ad ipercoinvolgimento ossessivo nella relazione di coppia, forte ansia, dipendenza emotiva e idealizzazione del partner. Si tratta di uno stato paragonabile ad un eterno innamoramento e ad una vera e propria dipendenza da amore. Anch’essi hanno bassa fiducia in se stessi e bassa autostima. I soggetti di questa ricerca con attaccamento ansioso-ambivalente affermavano di avere una profonda paura di amare, temendo continuamente di non essere amati come volevano, ma la loro insicurezza si esprimeva con un sentimento ossessivo dell’altro, con un coinvolgimento affettivo senza riserve, con una forte idealizzazione del partner e dell’amore, con una gelosia estrema. Sostenevano, inoltre, che è facile innamorarsi, ma che è quasi impossibile trovare il “vero amore”.

Bowlby, oltre ad aver concettualizzato il processo di costruzione dello stile di attaccamento, ha posto attenzione anche alla costruzione di un’attenzione o disattenzione selettiva, che nell’ottica della scelta del partner, assume un ruolo importante. E’ un po’ come se la scelta del partner fosse un gioco di “vuoti” e di “pieni”, cioè un alternarsi di attenzione selettiva ad alcune caratteristiche del partner e di una disattenzione altrettanto selettiva per quegli elementi che potrebbero interferire nella stabilità della relazione.

Nel momento in cui i due partner hanno la sensazione di avere a che fare con la persona giusta, dall’attrazione passano all’innamoramento. In relazione al passato e ai miti dei partner, nella fase dell’innamoramento sembra che la coppia si concentri principalmente sulla diade; in questa fase, infatti, non esiste ancora un contratto e uno spazio in cui la coppia si è collocata. Questa momentanea assenza di radici porta i due partner a non considerare le proprie storie personali, i protagonisti sono i due individui nella loro unicità. Sembra che la coppia si escluda dal resto del mondo chiudendosi in una sorta di campana di vetro in cui si riflettono solo loro e solo le parti migliori. L’innamoramento tende alla fusione, ma tra due persone diverse, non ci può essere innamoramento se non c’è diversità. La persona amata interessa proprio perché diversa e unica, e questa unicità è esasperata nel periodo dell’innamoramento. In questa fase il partner è visto come unico e speciale, nel processo di innamoramento in cui entrano in gioco attrazione, corteggiamento e idealizzazione reciproca, si relegano sullo sfondo tutte le imperfezioni del partner. Ci si innamora dell’immagine che l’altro ci rimanda e dell’immagine che a lui rimandiamo.

Nella costruzione della coppia attraverso le sue fasi si osserva come la persona proceda utilizzando un “cervello tripartito”: il cervello rettilineo (sede della passione emotiva e sensoriale, quindi legata all’attrazione sessuale); il cervello limbico (sede delle emozioni legate al coinvolgimento affettivo, al sentimento di amore); la neo-corteccia (in cui risiedono le capacità progettuali, il sentimento di stima e rispetto che conducono al mantenimento della relazione e quindi al passaggio da una coppia nascente ad una coppia matura).

Robert Sternberg (1986a) vede l’amore secondo un modello trifasico, che può essere inteso immaginando un triangolo in cui a ciascun vertice corrisponde una delle tre componenti: intimità, passione, decisione/impegno.

L’intimità si riferisce ai sentimenti di vicinanza, unione, affinità, confidenza; l’inizio dell’intimità di solito coincide con l’autorivelazione: per essere intimi con un’altra persona bisogna aprirsi totalmente all’altro abbattendo le proprie difese. La capacità di autorivelarsi non è certo delle più semplici, in quanto implica la capacità di sapersi affidare all’altro e di saper tollerare anche le delusioni. Non a caso l’intimità è la componente che si sviluppa più lentamente e che può anche regredire se fortemente minacciata.

La passione riguarda gli impulsi che sottendono e portano all’attrazione fisica, al rapporto sessuale e fenomeni correlati, ma anche al desiderio di appartenenza, dominio, sottomissione e autorealizzazione. La passione alimenta l’attrazione, tende ad intrecciarsi con l’intimità, ma ha un sviluppo molto più rapido di questa.

L’impegno fa riferimento alla volontà di amare qualcuno e di portare avanti la relazione affettiva. Tale componente ha un ruolo importante nei momenti di crisi o di stallo, in cui la passione e l’intimità scemano a causa di problemi nella relazione, ma la relazione continua proprio in funzione della decisione e dell’impegno preso.

Queste tre componenti connotano ogni tempo e luogo: sono distinte l’una dall’altra, pur essendo correlate, e se ne può avere una senza le altre. Non hanno uno sviluppo sincronizzato e si ritrovano anche in relazioni affettive di altro genere. Sempre secondo Sternberg, la combinazione, in proporzione diversa delle tre componenti darebbe origine alla varie tipologie di amore, che sarebbero essenzialmente otto: non amore, piacere, infatuazione, amore vuoto, amore romantico, amore-amicizia, amore fatuo e amore completo; ad esempio l’amore romantico deriverebbe da una combinazione di intimità e passione.


Tabella 1 - Le tipologie di Amore secondo Sternberg (1986b)

Componenti

 

Intimità

Passione

Impegno

Non amore

-

-

-

Piacere

+

-

-

Infatuazione

-

+

-

Amore vuoto

-

-

+

Amore romantico

+

+

-

Amore-amicizia

+

-

+

Amore fatuo

-

+

+

Amore completo

+

+

+



Bibliografia

Alberoni F., (1996), Ti amo, Rizzoli, Milano

Attili G. (2004), Attaccamento e amore, Il Mulino, Bologna

Bowlby J., (1969), Attaccamento e perdita, trad it. Bollati Boringhieri, vol. 1, Torino

Bowlby J., (1982), Costruzione e rottura dei legami affettivi, Raffaello Cortina Editore, Milano

Giusti E., Pitrone A. (2004), Essere insieme – terapia integrata della coppia amorosa, Sovera, Roma

Hazan C., Shaker P., (1987), Romantic Love conceptualized as a attachement process, Journal of personality & Social Psychology, N° 52, pp. 511-524, APA Washington

Mahler M., (1968), On human symbiosis and the vicissitudes of individuation, International Universities Press, New York

Marazziti D., (2004), La natura dell’amore – conoscere i sentimenti per viverli meglio, Bur, Milano

Neuburger R., (2001), La coppia. Il suo mito, il suo terapeuta, Franco Angeli Editore, Milano

Sternberg R.J., (1986a), A triangular theory of love, Psychological Review, N° 93, pp. 119-135

Sternberg R.J., (1986b), Love, sex, e intimacy, Psychological Review, N° 93, pp. 119-135

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Gentile Dottoressa,
come si posso applicare queste dinamiche ad una relazione extraconiugale, quando troviamo la componente della passione e dell'intimità (intesa come reciproca comprensione e condivisione di idee e sentimenti), ma non vi può essere impegno, inteso come progettualità di coppia?
I due anni che di solito esauriscono la fase dell'innamoramento, da cosa sono seguiti, quando la coppia extraconiugale non evolve in coppia ufficiale?

il 09/01/2019

la Dott.ssa Irina Boscagli ha risposto al tuo commento:
Gentile Marcella, la coppia extraconiugale per definizione stessa è fuori da quello che è il processo di costruzione, nel senso che, a meno che non evolva in coppia ufficiale (cioè non sia più “extra”), non prevede la dimensione dell’impegno inteso come progettualità. Di conseguenza anche la fase dell’innamoramento, in questo caso, segue tempi e percorsi diversi, in quanto la clandestinità gioca un ruolo significativo spesso nel mantenere viva la componente “novità/ trasgressività”, che è potente rispetto al protrarsi della fase di innamoramento. Certo è che per una coppia extraconiugale il gioco di equilibri è fondamentale per mantenerla in piedi, intendo dire che cambiamenti di assetto nella vita di uno dei due, rispetto al momento in cui la relazione è cominciata, spesso, creano squilibri che possono portare alla fine del rapporto, proprio perché non si regge sulla componente impegno/progettualità.
Saluti.
Dott.ssa Irina Boscagli

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