dipendenza affettiva: come uscirne

Nel 1970 Robin Norwood, psicoterapeuta americana specializzata in terapia familiare ha pubblicato il best seller “Donne che amano troppo”: da quel momento in poi il tema della dipendenza affettiva è stato sdoganato e sempre più persone si sono riconosciute in questa “sindrome”, tanto che spesso le persone si autodiagnosticano l’amore eccessivo, senza sapere però perché amano troppo.

 

Ma cosa intendiamo usando questo termine?

 

La parola “dipendenza” evoca sicuramente una situazione in cui non si può fare a meno di qualcosa e da quel qualcosa dipende la stessa sopravvivenza. Per alcune persone la dipendenza è la droga, per altre il cibo, l’alcool, il gioco d’azzardo… per altre ancora è l’amore.

Chi soffre di una dipendenza affettiva non ama l’altro per com’è, ma ama come l’altro lo fa sentire. Riversa nell’amato l’aspettativa di risoluzione di tutti i problemi, il colmare vuoti arcaici, lo assume al ruolo di salvatore. Si dedica completamente al partner, che diventa lo scopo dell’esistenza e la cui assenza, anche solo temporanea, getta nel panico, perché fa provare la sensazione di non esistere.

C’è una totale identificazione con l’altro e quindi se questo manca, viene a mancare anche la persona stessa che, non riuscendo ad esistere per se stessa ha bisogno del partner per sentire di esistere. Non è un amore basato sul desiderio dell’altro, ma sul bisogno, sulla totale devozione come tentativo disperato di esistere. Pur di mantenere stabile la relazione queste persone sono disposte ad annullare ogni desiderio ed ogni inclinazione personale per risultare sempre più simili all’idea che pensano il partner abbia di loro. Di fondo c’è il terrore dell’abbandono, spesso, se non sempre, zavorra dell’infanzia ed una forte ansia che deriva dal cambiamento. Qualsiasi cambiamento è visto come catastrofico, anche un cambiamento del partner e per questo il compagno è soffocato da aspettative irrealizzabili e da bisogni non soddisfabili.

Essendo una dipendenza vera e propria, ci sono delle comunanze con l’uso di sostanze stupefacenti, come l’ebrezza che si prova nel momento in cui la dipendenza è soddisfatta dalla presenza dell’altro, presenza necessaria al benessere. Allo stesso modo che nell’uso di droghe, la “dose” richiesta è sempre maggiore: le richieste di tempo insieme aumentano giorno dopo giorno e, data la forte ansia che coglie il soggetto in assenza dell’altro, cerca di non stare mai separato dal partner; quando questa separazione diventa indispensabile il soggetto dipendente chiede continue rassicurazioni e manifestazioni concrete d’amore. Il rischio è che la coppia si chiuda in se stessa, si nutra e si alimenti solo di sé: una vita senza il partner è impensabile, dal momento che è solo attraverso l’amato che il soggetto esiste.

Questo investimento totale e totalizzante sull’altro comporta una ossessione fobica di perdere l’amato.

Ma che caratteristiche ha l’amato?

Quasi sempre si tratta di una persona problematica, non di rado con problemi di dipendenza da alcool, droghe, gioco d’azzardo etc.

Le donne (dico donne perché è una situazione prevalentemente femminile) che scelgono questa tipologia di partner lo fanno con l’intento salvifico di “guarire” l’uomo che amano ma nella realtà non fanno che rafforzare la sua dipendenza, diventando esse stesse “codipendenti”, in modo che la relazione duri, dal momento che persiste il bisogno di aiuto. Si tratta di una relazione portata avanti sul concetto salvifico (ed irrealistico) di salvataggio del partner ma è un aiuto malato che imprigiona l’altro e lo rende a sua volta dipendente dalla donna che da lui dipende. Un circolo vizioso che senza un aiuto esterno non si può interrompere.

 

Non si puó generalizzare o trovare una ricetta magica che sia risolutiva per tutti i possibili quadri ma, come per tutte le situazioni di sofferenza, è importante innanzitutto riconoscere di avere un problema. Facendo un percorso con un professionista si potrà andare a fondo dei bisogni sottostanti che portano ad avere un comportamento di questo tipo, bisogni che possono avere componenti di narcisismo, di paura dell’abbandono, di desiderio di controllo del partner etc.

 Affronterò più specificamente le varie tipologie di dipendenza affettiva in un prossimo articolo, guardando più da vicino quali possono essere alcune delle conseguenze (spesso drammatiche), di un amore tossico. 

L'amore narcisista:

Un tipo di dipendenza affettiva, forse quella più subdola da individuare, ma estremamente dolorosa quando ci si trova coinvolti, è quella di tipo narcisistico.

Il termine “narcisismo” è immediatamente associato al mito di Narciso, talmente innamorato della propria immagine, che finisce per morire annegato nel tentativo di specchiarsi in uno stagno. Ma l’essere ammaliati dalla propria immagine esteriore è solo uno degli aspetti del narcisismo, il più delle volte marginale.

Il narcisismo comporta una forte situazione di disagio in cui la persona non concepisce un oggetto d’amore separato da sé, altro da sé, dunque la capacità di amare è inficiata, non integra. Il narcisista non sa amare, vive nella costante preoccupazione, associata ad una forte carica di ansia ed angoscia, per se stesso e per ciò che conferma la propria immagine, che sia il lavoro, gli amici, il partner, la salute. Ma la preoccupazione non è mai per l’altro in quanto altro, bensí per cosa l’altro rappresenta per il narcisista, ovvero una fonte di conferma della propria grandiosità. Nel narcisismo infatti c’è una strumentalizzazione dell’altro: il sentimento amoroso, cosi come lo intendiamo nella relazione di coppia adulta, è anestetizzato e il partner un trofeo da mostrare. Spesso infatti i narcisisti hanno molteplici rapporti, in cui il piacere è effimero, non legato ad un sentimento reale ma alla soddisfazione nel ritenersi dei buoni amanti.

Essendo costantemente preoccupato per il crollo delle proprie certezze e dell’immagine di sé che ha in mente, si sente spesso minacciato da qualsiasi situazione possa minare queste credenze e, dal momento che ne va della sua sopravvivenza psichica, è disposto a mentire ed ad ingannare l’altro, pur di mantenere integro l’ideale che si è costruito. Vive una vita tendenzialmente inautentica e di conseguenza anche nella coppia non si discosta da questa inautenticità. Ho parlato di narcisismo a proposito di dipendenze affettive perché il partner narcisista è uno dei prediletti dalle cosiddette “donne che amano troppo”: egli infatti mette in atto dei comportamenti che imprigionano la partner, la lasciano in balía dell’altro, tenendola in uno stato subdolo di incertezza ed insicurezza. In tal modo il potere del narcisista aumenta, avendo egli il controllo della donna che lo ama la quale, messa (in maniera inconsciamente accondiscendente) in una posizione di invisibilità, verrà gradualmente ma inesorabilmente sopraffatta e schiacciata dal partner. Il narcisista infatti conosce perfettamente i punti deboli della partner e le mosse da fare per conquistarla: una volta conquistata scongiura il rischio di darle troppo potere, sente di avere il pieno controllo e di potersi muovere in sicurezza, senza correre il rischio che le sue certezze crollino.

Dalle righe precedenti la persona narcisista appare come un calcolatore privo di sentimenti che sfrutta gli altri a proprio vantaggio. Ma perché si diventa narcisisti?

Il narcisismo è un meccanismo di difesa e come tale serve a proteggere da qualcosa che potrebbe far male. In questo caso il narcisismo serve come protezione da ferite infantili, spesso originate nel rapporto con la figura materna.

Dietro la corazza di seduttori irresistibili si nascondono una grande fragilità ed insicurezza: il distacco emotivo che sembrano avere è proprio perché se osservassero da vicino le ferite e le fragilità sprofonderebbero nell’angoscia. Per contrastare questa angoscia in costante rischio di emersione utilizzano diverse strategie, tra cui la prospettiva onnipotente e di controllo, con conseguente sensazione di potere sull’altro. È come se avessero nascosto nel fondo di sé la loro parte fragile, quella autentica e vitale e vivessero una vita mascherata, priva di affettività, per paura di venirne sopraffatti.

Nel rapporto di coppia il partner è trattato come un oggetto che rassicura e rafforza l’idea grandiosa di sé, una sorta di distributore di autostima: per emergere tendono a sminuire l’altro. Si tratta di aspetti di personalità estremamente infantili e come tali battono i piedi quando non vengono accontentati, quando sentono di non avere sufficiente attenzione.

Le donne che si accompagnano a tali uomini sono donne bisognose di sentirsi utili, tendenti all’umiliazione, spesso con alle spalle un vissuto infantile di abuso o di vessazioni. Ricercano dunque quello che conoscono, l’essere e sentirsi un oggetto. Il meccanismo che tiene legata una persona al partner narcisista sovente si basa sul senso di colpa che tali soggetti riescono ad instillare in chi hanno vicino ogni volta che sentono insoddisfatto il loro bisogno di conferme e dunque che la paura si affaccia, minacciando il loro senso di stabilità interna. Sono persone che nella coppia lasciano il partner privo di energie, lo prosciugano, ma in cambio non danno nulla e questo è il meccanismo che tiene legata la dipendente emotiva, la speranza di cambiare il compagno: il narcisista però non cambia per amore perché, affinchè l’amore possa comportare un cambiamento, è necessario entrarvi in contatto pienamente, sentirlo a livello emotivo e per il narcisista questo non è possibile, dal momento che vive una vita distante dai suoi aspetti emotivi, nascosto dietro alla corazza di un falso sé che lo protegge dalla sua fragilità.

Abbattuto il muro difensivo che il narcisista ha eretto intorno a sé, si può arrivare ad un nucleo autentico e profondo, capace di emotività e di amore vero. Ma non lo si può fare da soli, non si può pensare di “salvare” una persona che non vuole aiuto. Ci si può rivolgere ad uno specialista per capire quale sia il modo migliore per preservare se stessi, se si riconosce il partner in questa descrizione e comprendere quale possa essere la strada migliore per aiutarlo, senza farsi annullare o reificare.

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