La Psicologia positiva è l'ottimismo

Che cosè il "Pensiero positivo" e perché essere ottimisti. Di guerra e di dolore se ne è discusso e scritto sin dalla fine della seconda guerra mondiale per cercare di trovare soluzioni ai “traumi da guerra”, ai “lutti crudeli”, ai “profondi dolori” e alle “grandi ferite” inflitte dall’uomo che resta sempre "l’essere vivente più feroce" del pianeta. Il virus Covid 19 che ci ha accompagnato e ci accompagna ancora, ha continuato a generare sofferenze, mutilazioni e morti di ogni tipo, dopo questo breve scritto è forse opportuno soffermarsi un po’ sulla Psicologia positiva e sull’ottimismo. La “psicologia positiva” era considerata abbastanza banalmente in Italia, mentre negli USA esperti di crescita personale, formatori e coach la utilizzavano scoprendo ottimi risultati a livello mentale anche attraverso la Mindfulness. 

Il professor Martin Seligman si può considerare il padre di questa nuova corrente di pensiero scoprendo moltissimi dati misurabili riguardanti proprio il benessere, attraverso un costrutto che è stato sottoposto a test verificati mediante controlli randomizzati, pertanto la “psicologia positiva” ha lo stesso status epistemologico della schizofrenia o della depressione. Infatti, è possibile misurare il benessere dei clienti (livello di satisfaction), la presenza o l’assenza di emozioni positive, e il significato che si attribuisce ad esse. Di fatto, esistono esercizi per costruire emozioni positive , accrescere l’autostima, migliorare le relazioni sociali e la loro significatività. Il fulcro della psicologia positiva è quello di accrescere l’ottimismo attraverso l’immediato riconoscimento dei pensieri più pessimistici e catastrofici, talvolta irrealistici, per poi contestarli con delle “prove realistiche”. È diverso parlare di “psicologia positiva” e “terapia cognitiva” in quanto la prima non si relaziona con persone depresse, ma con soggetti normali che nutrono profonde distorsioni catastrofiche riguardo alla loro esistenza futura.
 
Questi pensieri, pertanto, vanno prima riconosciuti e poi trattati come se fossero suggeriti da una “persona esterna”, il cui compito è generare dolore. In tal modo, alla fine, vanno eliminati realisticamente. La persona ottimista valuta i pensieri negativi, le aspettative inadeguate, ma è più accomodante e flessibile nel considerare la realtà, e usa ciò per annullare quei pensieri. Proprio dalle idee deprimenti e pessimistiche si deve partire per arrivare all’ottimismo. L'ottimismo si sviluppa all'interno del sistema familiare e sono i genitori a trasmettere attraverso un attaccamento adeguato di cui ha scritto J.Bowlby l’opera più completa a tale riguardo, proprio con la sua “teoria sull’attaccamento“, “base sicura” che si creano le basi dell’ottimismo, ma se esse non ci sono, si possono poi ritrovare con le tecniche e i metodi di cui ho scritto all’inizio.

Per approfondire il pensiero di John Bowlby: https://www.psicologi-italia.it/psicologo/maura-livoli/web/articolo-3561.html

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