Lo psicologo a scuola.

Lo psicologo scolastico non è un ruolo istituito nelle scuole, qualche tempo fa venne fatta una proposta di legge in tal senso. Come psicologa mi chiedo se sia sufficiente che venga istituito il ruolo dello psicologo nella scuola perchè venga attivata una funzione psicologica? Penso alla funzione psicologica come quella competenza per la quale si aiuta il cliente a pensare i problemi portati, aiutandolo a trattare i vissuti legati al problema per cui si chiede consulenza.

Trattare i vissuti significa considerare il significato simbolico che per ognuno ha un problema, questo permette di recuperare le risorse e le potenzialità che si perdono nel momento in cui i vissuti vengono trattati come dati di fatto, ai quali si può soltanto reagire, annullando le possibilità di scelta e di sviluppo. Di nuovo torna una questione che proponevo in un precedente articolo scritto su questo sito, del tipo di intervento psicologico che si ha a mente, come psicologi ma anche come clienti della psicologia. Se pensiamo all'intervento psicologico come un intervento sull'individuo, penseremo allo psicologo scolastico come colui che interviene sulle problematiche individuali. Quindi immagineremo un intervento sui singoli. Sul "bullo", "il bambino iperattivo", "con deficit d'attenzione"... tanto per stare sugli stereotipi.

Prendiamo l'esempio del bullismo. Il bullismo è una categoria che permette di dare un nome a problematiche che si possono incontrare nelle relazioni tra gli attori del contesto scolastico. Le categorie diagnostiche in genere hanno una funzione funzione descrittiva di un problema, per mezzo della quale è possibile, individuando dei sintomi, produrre una diagnosi. La diagnosi però è una descrizione di sintomi, fatta la quale non è prescrivibile un intervento, come avviene in campo medico. Che ce ne facciamo della diagnosi? Che ce ne facciamo è strettamente legato agli obiettivi di cui pensiamo si possa incaricare la psicologia e al modello teorico a cui facciamo riferimento. Se facciamo riferimento ad un modello relazionale, il problema sarà visto come un problema nel sistema scolastico e non del singolo. Le problematiche non riguarderanno soltanto il bambino identificato come "bullo", ma anche gli altri bambini della classe, e gli insegnanti ad esempio, la famiglia. In altri termini, il "bullo" pone problemi di rapporto. Ora, se lo psicologo propone un intervento in un ottica individualista, potrebbe stare sul "bullo" in questione.

In questo caso non sappiamo se si tratta di un bambino, di una ragazzino, di un ragazzo. La categoria "bullo" inizia ad appiattire le differenze. In che scuola ci troviamo? In che contesto ci troviamo? Questo appiattimento non ci permette di vedere le variabilità e le risorse del contesto, ma ci conduce quasi inevitabilmente a trattare il "bullo", con un tipo di intervento ortopedico, di riconduzione alla norma. Ho fatto questo breve esempio, per dire, che non basterebbe istituire il ruolo dello psicologo scolastico, per affrontare i problemi che vengono vissuti in quel contesto. Un intervento come quello che ho prefigurato, un intervento sul singolo, sarebbe orientato alla "risoluzione" del problema, che fa fuori la relazione con il contesto e le possibilità di sviluppo. Possiamo dire che la psicologia si può porre due obiettivi: - quello di curare - e quello di conoscere. Nel primo caso, lo psicologo che cura, interverrà sul singolo, sui sintomi che porta, risolvendoli, riportandoli a norma.

Questo è un intervento possibile, con un'unica soluzione, riportare a una condizione prefigurata. In questo caso l'intervento sarà sul "bullo", che tra l'altro non ha una domanda. Non è lui chiede di essere trattato. Lo psicologo, interpretando il mandato della scuola, in una relazione di potere si "occupa" del bullo, mettendolo a posto. Nel secondo caso, possiamo lavorare con le insegnanti che possono portare una domanda più consapevole rispetto ai problemi di rapporto con il bambino in questione. Capire con loro, ad esempio, che vissuti provano, e provare ad aiutarle a trattare i loro vissuti nella relazione con il bambino. In questo caso l'intervento non è sul singolo, ma sulla relazione, a partire da un cliente che porta una domanda. In questo secondo caso vi propongo quindi una funzione psicologica intesa come sviluppo della competenza a trattare i problemi, all'interno della relazione con lo psicologo, a partire dalla domanda portata e in relazione ad obiettivi concordati.

 

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