Si coglie qualcosa di sottile in queste parole di Oliver Sacks: l’importanza della memoria di noi stessi, della nostra storia più intima e della possibilità di poterla raccontare per riconoscere il nostro vero Sé. La memoria, una funzione talmente importante per la costruzione della nostra identità, che già gli antichi Greci, avendone colto il valore, nella loro mitologia hanno dato forma alla dea Mnemosine. Figlia di Urano (il Cielo) e Gea (la Terra), i principi primi da cui tutto ha origine, Mnemosine è la personificazione della funzione archetipica del ricordare, del portare traccia nella propria coscienza ciò che è accaduto.
Nella filosofia Platonica l’anamnesi è il recupero, da parte dell’Anima, di ciò che si è conosciuto in precedenza, prima della nascita e della propria incarnazione: il ricordo non è più recuperare ciò che si è dimenticato, ma riconoscere ciò che si è conosciuto.
In psicologia il terapeuta raccoglie l’anamnesi del paziente, non solo una biografia, ma una narrazione complessa in cui storia personale, collettiva e relazionale si dispiegano attraverso la parallela narrazione non verbale del comportamento, dei gesti, del tono della voce, dello sguardo, del corpo. È la memoria di una vita che prende forma attraverso sensazioni, immagini, sentimenti e pensieri.
Ma cos’è la nostra memoria? Intuitivamente ciò che ricordiamo di noi stessi, concretamente, per quanto le neuroscienze ancora non siano riuscite ad esplicare in toto il suo complesso funzionamento, la si può definire come l’insieme dei processi con cui il cervello ha registrato le esperienze, che influenzano le modalità di reazione ad eventi successivi (Siegel, 2012). La memoria non è quindi un serbatoio da cui attingere ricordi e conoscenze, ma un complesso insieme di processi mentali, che si sono strutturati a partire fin dalle nostre primissime esperienze. Le esperienze, ed in particolar modo le esperienze relazionali precoci ed emotive, plasmano la struttura del nostro cervello, ne determinano le connessioni tra i neuroni, che costruiranno delle reti neuronali che determineranno le modalità di risposta agli eventi futuri della nostra vita.
Non solo ciò che ricordiamo coscientemente di noi stessi e sappiamo raccontare (la memoria esplicita autobiografica), ma anche ciò che non ricordiamo coscientemente di noi (memoria implicita) partecipa alla strutturazione delle reti neurali e alle risposte comportamentali ed emotive che forniamo alle situazioni che affrontiamo quotidianamente.
Prima dei due anni d’età le strutture corticali del bambino non sono sufficientemente sviluppate per poter ricordare coscientemente ciò che gli è accaduto, tuttavia le memorie implicite sono già codificate, inscritte stabilmente nel cervello, e plasmano l’architettura del Sé dell’individuo. Le memorie implicite non sono associate ad una sensazione interne del “Sto ricordando”, né hanno un tempo definito. Sono legate alle memorie corporee, emotive, comportamentali, sensoriali, quindi non richiedono attenzione per essere registrate. Le memorie implicite sono attive durante ogni istante della nostra vita, determinando inconsciamente il nostro senso del Sé e di come ci presentiamo al mondo e come lo codifichiamo. Il nostro cervello attiva le reti neurali codificate implicitamente per rispondere agli eventi esterni, costruendo memorie successive che sono influenzate dalle memorie implicite, oltre che dal substrato sociale in cui siamo inseriti.
A partire dai due anni d’età cominciano a formarsi le basi per una memoria esplicita autobiografica, autonoetica, ovvero riguardante la conoscenza di se stessi.
Intorno ai tre anni il bambino comincia a partecipare attivamente al racconto di storie che lo vedono protagonista, è il racconto di sé di cui ci parla Sacks. La possibilità di intessere storie e racconti con le figure di accudimento primarie, diventa l’esperienza più importante per sviluppare una coscienza autoneoetica, in cui fatti, vissuti emotivi e pensieri personali si integrano in una narrazione coesa e coerente, fornendo la possibilità di sviluppare una funzione riflessiva su di sé, ovvero la capacità di mentalizzare, di pensare se stessi.
I racconti, le storie, le narrazioni, che fanno parte di ogni cultura e tradizione, sono così importanti perché grazie a loro “si crea pensiero” (Vygotskij, 1934). La nostra memoria autobiografica, il senso di noi stessi, si costruisce sulla possibilità di co-costruire in una narrazione condivisa, in primis con le figure primarie di accudimento, successivamente con altri affettivamente significativi, narrazioni che ci vedono protagonisti, consentendoci di poter sviluppare più elevate funzioni riflessive e di pensiero, riconoscendo la nostra identità ed il suo valore nel mondo. Sono le narrazioni in cui abbiamo potuto e possiamo, raccontare i nostri vissuti più intimi, quelle che evocano immagini, sogni, significati, che ci riportano ad una dimensione integrata di un Sé carico di significato.
Le nostre memorie si disvelano in un romanzo biografico, nella scelta implicita delle parole utilizzate per la sua stesura, nel tono della voce con cui lo raccontiamo, nelle immagini che evoca, nella forma incarnata nel corpo del protagonista del romanzo. Le memorie, allora, non sono più solo una sequenza di fatti e l’anamnesi non è più solo una raccolta di informazioni ed abitudini, ma, come ci ricorda Platone, sono la storia di un’Anima, la storia intima di ognuno di noi, il senso profondo di Sé, inscritto nel corpo.
Bibliografia
Breno M., “Anamnesis: il senso profondo dell’esistenza”. In Materia Prima n° 7, 2012, rivista on-line pubblicata da ANEB, Associazione nazionale di Ecobiopsicologia, https://www.aneb.it/pubblicazioni/materia-prima/
Frigoli D. “Il linguaggio dell’anima. Fondamenti di ecobiopsicologia”, Edizioni Magi, 2016
Gallese V., Mingone P., Eagle M.N. “La simulazione incarnata: i neuroni specchio, le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività ed alcune implicazioni per la psicanalisi”, in Psicoterapia e scienze umane, 2006, XL 3: 543-580
Michelon N., “Dalla biografia al romanzo. Dall’anamnesi alla coscienza del corpo sottile”. In Materia Prima n° 18, 2019, rivista on-line pubblicata da ANEB, Associazione nazionale di Ecobiopsicologia
https://www.aneb.it/pubblicazioni/materia-prima/
Siegel D., “La mente relazionale”. Raffaello Cortina Editore, 2012
Vygotskij L., “Pensiero e linguaggio”. Edizioni LaTerza, 2008

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