Bullismo e cyberbullismo

Il bullismo ha assunto negli anni recenti dimensioni veramente preoccupanti. Ciò anche in relazione al fatto che il fenomeno evolve velocemente, come il contesto sociale nel quale avviene. Ne è una prova il neo-nato “cyber bullismo”, ovvero soprusi non più circoscritti all’interno di un aula scolastica, ma che, con l’aiuto di un telefono cellulare e di un computer, fanno il giro del mondo in pochissimo tempo.

Molte sperimentazioni condotte in Italia e all’estero, sottolineano l’opportunità di intervenire tempestivamente, attraverso specifici training d’abilità. L’obiettivo è quello di trasmettere all’allievo una serie di competenze sociali, d’autocontrollo comportamentale e di problem solving interpersonale.

Il termine bullismo deriva dalla parola inglese “bullying”, mentre nelle lingue scandinave il termine utilizzato è “mobbing”, anch’esso entrato ormai a far parte del nostro linguaggio comune per definire le prevaricazioni tra adulti in ambito lavorativo. Il bullismo viene definito come un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona - o da un gruppo di persone - più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole.

Secondo Dan Olweus (1973) si può affermare che, in genere, “Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni.

Più specificamente un comportamento "bullo" è un tipo di azione che mira deliberatamente a far del male o a danneggiare; spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi, persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare”.

Il bullismo è una forma di comportamento aggressivo con caratteristiche peculiari e distintive, sulle quali c’è un vasto consenso a livello internazionale.

Come, infatti, già in parte richiamato dalle definizioni sopra riportata, il bullismo è caratterizzato da tre fattori che permettono di discriminare tale fenomeno da altre forme di comportamento aggressivo e dalle comuni prepotenze. Questi fattori sono:

  1. L’intenzionalità: il comportamento aggressivo viene messo in atto volontariamente e consapevolmente
  2. La sistematicità: il comportamento aggressivo viene messo in atto più volte e si ripete quindi nel tempo
  3. L’asimmetria di potere: tra le parti coinvolte (il bullo e la vittima) c’è una differenza di potere, dovuta alla forza fisica, all’età o alla numerosità quando le aggressioni sono di gruppo. La vittima, in ogni caso, ha difficoltà a difendersi e sperimenta un forte senso di impotenza.

Il bullismo è un malessere sociale fortemente diffuso, sinonimo di un disagio relazionale che si manifesta soprattutto tra adolescenti e giovani, ma sicuramente non circoscritto a nessuna categoria né sociale né tanto meno anagrafica; Il bullismo si evolve con l'età, cambia forma, ed in età adulta lo ritroveremo in tante, troppe prevaricazioni sociali, lavorative e familiari.

Il cupo fenomeno del bullismo è incomprensibilmente sottovalutato anche quando esso è una manifestazione di un vero e proprio malessere sociale sia per coloro che commettono il danno che per coloro che lo subiscono, i primi in quanto a rischio di problematiche antisociali e devianti, i secondi in quanto rischiano una eccessiva in sicurezza caratteriale che può sfociare in sintomatologie anche di tipo depressivo.

Lo psicologo può prendersi cura sia della “vittima” del bullismo o cyberbullismo, ma anche del “bullo” stesso che, spesso proviene da condizioni familiari educativamente inadeguate, il che potrebbe provocare un certo grado di ostilità verso l'ambiente

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