Ansia da scuola

rosanna

Mio figlio di 18 anni ha cominciato il 5 anno all’istituto tecnico commerciale, premetto che ha sempre studiato con fatica o meglio mal sopportato l’ambiente scuola le regole e i professori ma è sempre stato promosso e con una buona media. Quest’anno ha già avuto una crisi : quando si comincia con le verifiche si entra in crisi , si studia tutto all’ultimo e non ce la fa a prepararsi bene allora arriva il panico, si arrabbia, urla e incolpa tutti soprattutto i professori che non lo capiscono. Questa estate ha lavorato in una cucina di una pizzeria, da aprile a settembre e non si è mai lamentato al punto che gli abbiamo detto che se vuole può smettere di studiare se questo lo deve far ammalare ma l idea di mollare e lasciare gli amici ed essere visto come un fallito lo fa desistere però ogni giorno soffre perché a scuola ci sta male. Gli ho proposto di farsi aiutare a non vuole. Non sappiamo più come fare . Soprattutto passiamo delle ore in preda al panico e magari non mangia per la rabbia e solo dopo un bel po’ si riesce a calmare. Siamo solo all’inizio come faremo ad arrivare a fine scuola.? Grazie Rosanna

6 risposte degli esperti per questa domanda

Gentile Rosanna,
la ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità la situazione di suo figlio e il vostro vissuto familiare. È evidente quanto lei, come genitore, sia attenta e coinvolta nella sua sofferenza, e questo è già un segnale importante di cura e presenza.

Dalle sue parole emergono alcune dinamiche che meritano attenzione. Da un lato, suo figlio sembra essere un ragazzo con risorse – ha sempre superato l’anno scolastico, ha lavorato con costanza durante l’estate, si confronta con le sue emozioni, pur con fatica – dall’altro, sembra vivere la scuola come un ambiente profondamente ansiogeno, percepito forse più come minaccia che come opportunità. Questo contrasto può generare un senso di frustrazione, impotenza e rabbia, che come lei descrive si manifesta in momenti di crisi anche intense.

In questi casi, più che concentrarsi esclusivamente sul “come arrivare alla fine della scuola”, può essere utile provare a spostare lo sguardo su cosa sta comunicando suo figlio attraverso questo malessere. Non si tratta solo di uno “studente che non ce la fa”, ma di un giovane che sembra trovarsi in una fase delicata di crescita, in cui le scelte iniziano ad avere un peso simbolico importante: continuare per dovere o mollare e sentirsi un fallito, come lui stesso dice. È una dicotomia che parla non solo di scuola, ma anche di identità, di autonomia, di senso di sé.

A volte, la difficoltà non sta tanto nello “studio” in sé, quanto nella pressione di dover aderire a un’idea di successo o di normalità, spesso idealizzata o sentita come imposta dall’esterno. È in questo spazio che spesso il lavoro psicoanalitico può essere utile: non per “aggiustare” un ragazzo che si arrabbia o che rifiuta di studiare, ma per creare uno spazio in cui lui possa provare a capire cosa sta davvero cercando di dire, a sé stesso e agli altri.

Capisco che per ora non voglia farsi aiutare, e questo è un aspetto da accogliere senza forzature. Tuttavia, a volte è proprio il genitore a poter iniziare un percorso di ascolto, per meglio comprendere cosa succede dentro la relazione, quali ruoli si stanno attivando, come si può sostenere il figlio senza farsi travolgere dalle sue emozioni o dal desiderio (legittimo) di salvarlo dalla sofferenza.

Le suggerisco di non restare sola in questo compito. Se può essere utile potrei affiancarla in questo momento e aiutarla a ritrovare un margine di respiro e fiducia.

La scuola, in quanto istituzione, non può sempre rispondere ai bisogni emotivi di chi la frequenta. Ma un adulto che ascolta con attenzione, senza giudizio, può fare la differenza. E questo vale tanto per suo figlio quanto per lei.

Resto a disposizione,
un caro saluto.

         

 

Dott. Filippo Bresciani

Dott. Filippo Bresciani

Livorno

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Buongiorno, comprendo la vostra preoccupazione. La situazione di suo figlio sembra molto stressante per entrambi. La scuola può essere un ambiente difficile per molti adolescenti, soprattutto se non si sentono capiti. Consideri di incoraggiare sui figlio a riflettere sui suoi obiettivi a breve e lungo termine, potrebbe aiutarlo a trovare la motivazione per superare questo periodo. Inoltre, anche se non vuole aiuto professionale ora, potrebbe suggerirle attività di rilassamento o gestione dello stress che potrebbero essergli utili. Sarebbe importante anche trovare momenti per parlare con lui senza giudicare, per capire meglio cosa prova e cosa lo spaventa. L'augurio che le faccio è quello di trovare insieme una "strada" che conduca verso una maggiore serenità. 

Dott. Mauro Salone

Dott. Mauro Salone

Livorno

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Buonasera Rosanna, la generazione di suo figlio fortunatamente vede e richiede con veemenza un sostegno psicologico quando certe difficoltà diventano troppo grandi da superare, sia privatamente che in ambito scolastico. Ora, sebbene lui le abbia detto apertamente di non volere aiuti, è evidente che anche voi genitori siate arrivati al limite della preoccupazione pertanto la direzione da seguire è perseverare nel suggerirgli, anche attraverso magari il rinforzo di conoscenti coetanei che siano stati seguiti da colleghi psicologi in modo tale da non sentirsi etichettato per questo, la necessità di provare almeno a incontrare uno/a psicologa fintanto che non trovi il suo spazio di ascolto e accoglienza adatto. E lo sentirà lui quando avverrà, però voi da soli come familiari non potrete esserne un sostituto, per quanto vi dimostriate attenti e comprensivi.  Tentare non nuoce, se poi non trova il giusto feeling può rivolgersi ad un altro. Ma le sue ansie e la sua rabbia vanno affrontate professionalmente fornendogli nuovi strumenti e risorse per capire e gestirle. Io ricevo a Livorno e se posso essere utile sono a disposizione. Cordialmente 

Dott.ssa Talin

Dott.ssa Eva Talin

Dott.ssa Eva Talin

Livorno

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Cara Rosanna,

capisco profondamente la tua preoccupazione e la fatica che state vivendo come genitori. Da ciò che racconti, tuo figlio non sembra un ragazzo disinteressato o privo di volontà, ma piuttosto un giovane che sta vivendo un forte disagio legato alla scuola. L’ambiente scolastico, con le sue regole, le verifiche e le pressioni, può diventare un peso enorme per chi si sente costantemente sotto giudizio. La rabbia, le urla e la chiusura che descrivi spesso nascondono una grande ansia e la paura di non essere all’altezza.Il fatto che abbia lavorato per mesi con costanza e senza lamentarsi dimostra che ha senso di responsabilità e voglia di fare, ma probabilmente ha bisogno di sentirsi valorizzato in un contesto più pratico e concreto, dove può vedere subito il frutto dei propri sforzi. È importante ora offrirgli ascolto e comprensione, senza giudizio, provando a trasmettergli il messaggio che non deve affrontare tutto da solo. In questa fase non serve spingerlo a “fare di più”, ma aiutarlo a ritrovare calma, fiducia e un minimo di equilibrio per arrivare alla fine dell’anno.

A volte un supporto psicologico può essere di grande aiuto, non come imposizione ma come spazio sicuro in cui imparare a gestire la tensione e a conoscersi meglio. Può essere utile proporglielo in modo semplice, come un’occasione per stare meglio, non come un “problema da risolvere”. Con pazienza e sostegno emotivo potrà trovare la sua strada, anche se oggi la scuola gli pesa. L’obiettivo, per ora, è solo quello di accompagnarlo senza farlo sentire sbagliato, ricordandogli che ogni percorso di crescita è diverso e che non esiste un solo modo di riuscire nella vita.

Dott.ssa Klarida Rrapaj

Dott.ssa Klarida Rrapaj

Roma

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Buongiorno Rosanna, purtroppo questa è una condizione che da un po' di tempo riscontriamo nella fascia di età di suo figlio con atteggiamenti di procrastinazione rispetto allo studio per evitare l'ansia, stato di irritabilità e tendenze all'evitamento del compito, in questo caso recarsi a scuola.

Se suo figlio però non valuta come una possibilità un aiuto psicologico, diventa difficile poterlo aiutare. Se vuole, può valutare eventualmente la possibilità di fare voi genitori alcuni incontri per capire quali possono essere le modalità adeguate per sostenerlo.

Spero di esserle stata utile e se vuole può scrivermi direttamente a questa mail ceccanti.martina@gmail.com 

Buona giornata 

Cara Rosanna,
è palpabile la tensione che serpeggia tra lei e suo figlio in questo periodo. Sembra proprio che la scuola sia diventata per lui un vero e proprio incubo, una fonte inesauribile di ansia e frustrazione, e per voi genitori un motivo di pensiero continuo.

A quanto pare, suo figlio non è che detesti studiare in sé, però vive male la pressione, il terrore di non essere all’altezza e il timore del giudizio altrui. L'esperienza estiva in pizzeria — dove si è sentito importante, utile e valorizzato — gli ha dato quella sensazione di farcela che la scuola, al contrario, non sembra offrirgli.

In questo frangente, la cosa migliore che può fare non è costringerlo a "tenere duro" o a "impegnarsi di più nello studio", bensì aiutarlo a comprendere cosa gli passa per la testa quando scatta la crisi. L'ansia legata alla scuola può farsi davvero opprimente e sfociare in reazioni di rabbia o panico, proprio come quelle che mi ha descritto.

Ecco alcuni suggerimenti concreti che può provare a mettere in pratica:

Durante gli attacchi di panico, la cosa più importante è tranquillizzarlo, non cercare di farlo ragionare: in quel momento, l'ansia ha "offuscato" la sua mente. Fate respiri profondi insieme, parli con tono pacato, usi poche parole.

Quando è sereno, provi a chiacchierare con lui senza criticarlo, chiedendogli come si sente anziché cosa "ha intenzione di fare".

Parlare con un adulto esterno di cui si fida (un tutor, uno psicologo scolastico, il medico di famiglia) potrebbe essere un primo passo. Spesso i ragazzi non vogliono andare "dallo psicologo", ma sono più propensi a parlare con qualcuno che li aiuti a gestire lo stress o a "capire come affrontare meglio la scuola".

Valuti alternative più pratiche o flessibili, anche se solo per un periodo — per esempio un percorso professionale o un anno sabbatico — se la sofferenza diventa insostenibile. Non è un fallimento, ma un modo per prendersi cura della sua salute.

Sta facendo un ottimo lavoro cercando aiuto e volendo sostenerlo. Non si senta in colpa: sta già dimostrando premura e affetto.

Dott. Fabiano Foschini

Dott. Fabiano Foschini

Milano

Il Dott. Fabiano Foschini offre supporto psicologico anche online