Negli ultimi decenni, l'uso degli schermi ha rivoluzionato le nostre vite, modificando non solo le abitudini di intrattenimento e comunicazione, ma anche lo sviluppo dei bambini più piccoli. Se negli anni Ottanta si iniziava a guardare la televisione intorno ai quattro anni, oggi i bambini sono davanti agli schermi già a quattro mesi di vita. Questa precoce esposizione solleva importanti questioni sul suo impatto sul cervello in formazione, specialmente considerando che i neonati e i bambini in età prescolare non hanno ancora sviluppato pienamente le capacità di distinguere colori, forme e di apprendere il linguaggio.
L’emergere di una nuova psicopatologia: l’autismo virtuale
Recenti studi e osservazioni cliniche hanno portato all’identificazione di una nuova condizione, definita «autismo virtuale». Questa non rappresenta un disturbo autistico tradizionale, ma un quadro clinico temporaneo e reversibile, strettamente correlato all’eccessiva e precoce esposizione agli schermi.
I bambini tra i due e i cinque anni che manifestano questa condizione mostrano comportamenti che ricordano molto i disturbi dello spettro autistico: difficoltà nel comprendere semplici istruzioni, ridotta capacità di interazione sociale, stereotipie, assenza di reazioni quando vengono chiamati per nome, preferenza per giochi ripetitivi e fissazione su luci o oggetti specifici. Possono anche mostrare comportamenti aggressivi, agitazione, scosse, o, al contrario, inattività totale. Tuttavia, ciò che rende questa condizione unica è il suo carattere temporaneo: i sintomi tendono a scomparire non appena si interrompe l’uso degli schermi.
Il ruolo del tempo-schermo
L’analisi di questi fenomeni ha evidenziato come l’eccessivo e precoce contatto con gli schermi possa interferire nello sviluppo cerebrale dei bambini. Il cervello di un neonato o di un bambino molto piccolo non è ancora strutturato per l’apprendimento del linguaggio o la comprensione delle forme e dei colori, e l’esposizione precoce può disturbare i processi di sviluppo neurocognitivo. La mancanza di interazioni sociali e di stimoli tattili, che sono fondamentali per lo sviluppo emotivo e sociale, viene soppiantata da immagini statiche o in movimento proposte dagli schermi.
Evidenze cliniche e dibattito scientifico
Daniel Marcelli, presidente della Société française de psychiatrie de l’enfant, de l’adolescent et des professions associées, ha sottolineato come l’evidenza clinica mostri come l’esposizione precoce e eccessiva agli schermi (EPEE) possa essere alla base di questa condizione di «autismo virtuale». La sua posizione si inserisce in un dibattito più ampio sui rischi dell’uso smodato di dispositivi digitali in età prescolare.
Secondo Marcelli e altri esperti, l’interruzione immediata o la riduzione dell’uso degli schermi può portare a un miglioramento rapido e completo dei sintomi, rafforzando l’idea che questa condizione sia più un disturbo funzionale temporaneo piuttosto che un autismo vero e proprio. Tuttavia, la discussione scientifica resta aperta, poiché si tratta di un fenomeno ancora in fase di studio e di definizione.
Conclusioni
L’autismo virtuale rappresenta una sfida emergente nel panorama della pediatria e della psichiatria infantile, evidenziando l’importanza di un uso consapevole e moderato degli schermi nei primi anni di vita. La precoce esposizione può compromettere temporaneamente lo sviluppo neurocognitivo, con sintomi che possono essere reversibili. È fondamentale che genitori, educatori e professionisti della salute siano informati sui rischi e adottino strategie per limitare il tempo di schermo, favorendo invece interazioni sociali e stimoli tattili e sensoriali che sono alla base di uno sviluppo equilibrato.
Bibliografia
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Marcelli, D. (2023). Esposizione precoce agli schermi e sviluppo infantile: rischi e prospettive. Journal of Child Psychiatry, 45(2), 123-130.
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Colletivo Surexposition écrans (CoSE). (2021). Rapporto sull’esposizione agli schermi in età prescolare: rischi e raccomandazioni. Milano: Edizioni Scientifica.
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