Perchè mio figlio non parla bene?

Quando un bambino inizia a parlare? Perché mio figlio non parla ancora? Quando e come devo preoccuparmi o stare tranquillo/tranquilla? È vero che ogni bambino ha i suoi tempi? Queste sono domande che i genitori si pongono, alle quali spesso vengono date risposte parziali o confuse.

Con questo approfondimento intendo affrontare il tema secondo la Psicopedagogia dello sviluppo (Faberi 2016), una modalità di approccio all’educazione basata sull’attento studio dello sviluppo, dei suoi tempi e delle sue regole. Fine di questo approccio è permettere ad ogni uomo di sviluppare appieno le proprie potenzialità, fin dai primi mesi e anni di vita, cercando di prevenire eventuali disturbi e difficoltà.

È importante chiarire innanzi tutto che “non è vero che ogni uomo si sviluppa a sé; solo chi non studia ed osserva con attenzione lo sviluppo può dire altrimenti. Lo sviluppo umano ha come un percorso obbligatorio prodotto e quasi guidato da una matrice fondamentale dello sviluppo globalmente inteso  per cui determinate acquisizioni sono la base per le successive. In tutto il mondo, i bambini si sviluppano nello stesso modo, attraversando tappe ben specifiche. In un determinato ambiente e contesto storico queste tappe si manifestano ad età ben determinate. Non è vero che ogni bambino ha i suoi tempi!” (Faberi 2016, p. 23, et Castagnini 2008, pp. 36-37).

Un attento studio dello sviluppo ha permesso di stabilire le principali tappe dello sviluppo globale ed a che età vengono acquisite. Ci sono alcuni bambini che anticipano i tempi e superano le aspettative, ma tutti coloro che non hanno difficoltà dovrebbero “raggiungere la norma”.

Per quanto riguarda “il parlare”, le prime parole appaiono all’età di un anno, e qui inizia il linguaggio vero e proprio, ma alla base vi sono le sue fondamenta che costituiscono importanti pilastri della comunicazione orale e della relazione (Faberi 2016, pp. 87-106, 109):

  • a 6-8 settimane il bambino sorride significativamente all’interlocutore, inizia a porre attenzione ai discorsi altrui e risponde con gorgheggi;
  • verso i due mesi inizia a saper piangere vigorosamente;
  • a 4,5 mesi e mezzo sa utilizzare vista e udito contemporaneamente, quindi riesce ad ascoltare il discorso ed intanto osservare la mimica facciale;
  • a 5-6 mesi osserva molto attentamente le labbra di chi parla e, contemporaneamente, compie piccoli movimenti con le proprie, come a voler iniziare ad imitare;
  • a 8-10 mesi appare la lallazione e, avvicinandosi all’anno di età, vengono prodotti i suoni onomatopeici (brum brum, bau bau, …)

Il linguaggio si sviluppa successivamente secondo le seguenti norme (Faberi 2016, pp. 109-112, et Borghese 2007, p. 46):

  • a 12 mesi il bambino dice 2-4 parole composte da qualche suono occlusivo;
  • a 18 mesi ha acquisito i suoni occlusivi (P, B, T, D, K, GH, M, N, GN), dice una decina di parole e si esprime con la parola-frase (es. “Pappa” per “mamma voglio la pappa”);
  • a 24 mesi ha acquisito anche i suoni costrittivi (F, V, S, SC, L, R, GL), dice tra le 20 e le 50 parole ed utilizza frasi bitermine (es. “mamma pappa” per “mamma voglio la pappa”);
  • a 36 mesi ha acquisito anche i suoni semicostrittivi (C, G, Z), dice tra le 400 e le 1000 parole e compone semplici frasi;
  • nel quarto anno di vita si raggiunge un linguaggio fluido ed una pronuncia corretta.

È interessante evidenziare alcune competenze significative dello sviluppo globale che affiancano e sostengono l’acquisizione del linguaggio (Faberi 2016, pp. 107-114):

  • verso i 18 mesi il bambino, pur non acquisendo molte parole nuove, è molto attento al suono, alla cadenza, ai ritmi del linguaggio e li imita;
  • verso i 24 mesi, quando ha ormai raggiunto una buona competenza psicologica, una piena consapevolezza di Sé ed autonomia nei confronti della figura di attaccamento, inizia ad utilizzare la parola “io” ed a esprimersi in prima persona;
  • verso i 36 mesi una buona lateralizzazione emisferica porta ad utilizzare l’orecchio, l’occhio e la mano dominanti e questo dà una spinta notevole al linguaggio.

Se il bambino non rispetta queste tappe, può essere considerato “a rischio di disturbi e ritardi del linguaggio”. Facilmente recupererà spontaneamente il tempo perso e giungerà presto a mostrare competenze ottimali, ma non è detto.

Una valutazione competente può rivelare le ragioni del ritardo. In base ad esse è poi possibile avviare, se necessario, percorsi educativi e/o rieducativi mirati a garantire di raggiungere uno sviluppo globale ottimale.

Le ragioni del ritardo possono essere varie (Faberi 2016, pp.230-254). Quelle più importanti sono:

  • disturbi dell’attenzione, legati a ritardi dello sviluppo ed anomalie qualitative della percezione sensoriale;
  • un leggero ritardo dello sviluppo globale, in particolare della lateralizzazione emisferica;
  • sordità;
  • anomalie qualitative della percezione uditiva, in particolare lentezza o dislateralità o mancanza di selettività uditiva (Bérard, Brockett 2018);
  • disturbi comportamentali legati all’ambito famigliare ed al clima educativo, dal momento che il bambino, fin dal proprio concepimento, è parte viva e partecipe della rete di rapporti umani in cui cresce e, come ben spiega Dethlefsen (1987, p. 60), “il cosiddetto mondo esterno è in realtà uno specchio in cui ognuno vive se stesso”.

Una volta compresa la causa del problema, o anche prima di valutarla, … perché non attendere se molti bambini acquisiranno comunque il linguaggio in modo spontaneo?

Le principali risposte a questa domanda sono due:

  • non è facile comprendere quali tra i bambini a rischio non se la caverà, e l’attesa rischia poi di far fare molta più fatica nella rieducazione, dal momento che i primissimi mesi ed anni di vita sono il momento di massima plasticità cerebrale e di massimo apprendimento (Farmer 1975, Langworthy 1933, Montalcini 1994, Volpe 2001, Yacovlev 1967);
  • le cause del ritardo, se non affrontate e risolte potrebbero causare poi altri disturbi dell’apprendimento e del comportamento (ad esempio, Stella (2002) ha riscontrato un pregresso ritardo del linguaggio in molti ragazzini con dislessia).

 

Bibliografia

Bérard G., Brockett S. (2018), Udito uguale comportamento. Aggiornato ed ampliato, tr.it. Faberi M., Edizioni del Rosone, Foggia.
Borghese M. (2007), Autismo. Nuovi aspetti diagnostici e terapeutici, Omega, Torino.
Dethlefsen T. (1987), Il destino come scelta. Psicologia esoterica, tr.it. Giovetti P., Edizioni Mediterranee, Roma.
Castagnini M. (2008), “Diagnosi e terapia precoci dei disturbi dello sviluppo del bambino”, in Faberi M. (a cura di), Meraviglia di essere uomo. Uno sguardo interdisciplinare alle problematiche delle persone con handicap, FrancoAngeli, Milano.
Faberi M. (2016), Psicopedagia dello sviluppo, FrancoAngeli, Milano.
Farmer T.W. (1975), Pediatric Neurology, 2^ed. Harper & Row Publishers, Hagerstown.
Langworthy O.R., (1933), “Development of Behaviour Patterns and Myelinization of the Nervous System in the Human Fetus and Infant”, Contr.Embryol.Carnegie Institute, 24, Washington.
Montalcini R.L. (1994), “Ontogenesi e plasticità dei circuiti neuronali”, Dolentium hominum, 25.
Stella G. (2002), La dislessia. Aspetti clinici, psicologici e riabilitativi, 5^ed., FrancoAngeli, Milano.
Volpe J.J. (2001), Neurology of the newborn, 4^ed., Saunders, Philadelphia.
Yacovlev P.I., Lecours A.R. (1967), in Minowski A., Regional development of the brain in early life, Blackwell Scientific Publications, Boston.

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