Jolanda Marika, grazie per aver scritto, per la fiducia e per la cura che emerge dalle tue parole. Quello che hai vissuto ieri sera con tuo figlio è stato certamente molto intenso, per lui e per te. Dal tuo racconto emerge un bambino sensibile, spaventato, forse sopraffatto da emozioni difficili da gestire da solo. Il pianto, la paura di morire, il non voler dormire per timore di non svegliarsi, il risveglio precoce e la continua ricerca di rassicurazione — sono segnali che non vanno sottovalutati, anche se magari la causa scatenante (il pezzo di guarnizione) può sembrare banale da fuori. È probabile che il momento che ha vissuto sia stato una vera e propria crisi d’ansia, innescata da un episodio fisico (la sensazione alla gola) ma sostenuta da una grande paura della morte, del sonno, del "non controllo". Sono pensieri che a volte i bambini iniziano ad avere tra gli 8 e i 10 anni, ma che diventano molto forti se dentro o intorno a loro qualcosa li fa sentire insicuri o fragili. Tu accenni a una situazione familiare difficile: la dipendenza del padre e i litigi frequenti. Anche se cerchiamo di proteggere i bambini da certe tensioni, loro sentono tutto. Non sempre capiscono esattamente cosa succede, ma registrano l’ansia, l’inquietudine, la paura. A volte somatizzano, altre volte la loro angoscia emerge con episodi improvvisi, come quello che hai descritto. Un piccolo oggetto ingoiato può diventare, nella mente di un bambino già sotto stress, una minaccia totale. Non perché realmente pericoloso, ma perché rappresenta l’idea di non avere il controllo sul proprio corpo, sul proprio destino. E se il contesto familiare è instabile, questa paura può esplodere in modo molto più forte. Ascoltalo senza correggere troppo. Se ti dice “ho paura di morire” o “spero che passi”, non cercare subito di smontare la sua paura con la razionalità. Prima, accoglila. Dì cose come:
"Capisco che ti sei spaventato tanto, amore. È normale avere paura a volte. Io sono qui e non ti lascio solo."
A volte, sentirsi presi sul serio abbassa l’ansia più di qualsiasi rassicurazione tecnica. Solo per sicurezza, anche se probabilmente non c'è nulla di fisicamente bloccato, una breve visita o telefonata al pediatra può aiutare a escludere cause fisiche e dare a lui una conferma da una figura autorevole. Quando è più tranquillo, magari tra qualche giorno, puoi dirgli qualcosa come:"Sai, a volte quando succedono cose difficili a casa, o quando le persone si arrabbiano, dentro di noi si accumula tanta paura. E magari poi ci sentiamo male all’improvviso, anche se non capiamo bene perché."
Questa frase apre una porta, senza incolpare nessuno, ma aiutandolo a collegare le emozioni alla realtà. Tu stai facendo tanto. Sei una mamma presente, attenta, sensibile. Ma sei anche in una situazione difficile con il padre di tuo figlio. Hai pensato di parlare con un* psicolog* per te? Non per tuo figlio — per te. Per avere uno spazio sicuro in cui rimettere insieme le forze e capire come gestire tutto questo peso senza lasciarti travolgere. Anche solo per aiutarti a sostenere tuo figlio con più respiro.
Dott.ssa Antonella Bellanzon