Sono una ragazza di 45 anni, non riesco a definirmi "donna" nonostante lo sia anagraficamente. Purtroppo, a causa dei miei genitori, non ho potuto realizzare niente e mi ritrovo disoccupata quasi sempre. Premetto che sono in cura con psicofarmaci dal 2022, ma ho avuto recentemente una brutta ricaduta per cui ho dovuto aumentare i dosaggi.
Quando avevo 13 anni e dovevo scegliere la scuola superiore, i miei genitori mi hanno minacciata e obbligata a fare il liceo, mentre io volevo seguire una mia grande passione: la storia dell’arte, e frequentare il liceo artistico.
Loro spingevano per il classico, e solo con una grande sfuriata sono riuscita a farmi iscrivere allo scientifico, perché sapevo che c’erano – seppur poche – alcune classi di storia dell’arte e disegno tecnico e artistico.
Pochi giorni prima di cominciare la scuola ho avuto un bruttissimo incidente in auto con loro e mio fratello di 9 anni. Mio padre è rimasto invalido permanente alle gambe, mentre mia madre ha avuto un’emorragia interna, e entrambi sono stati ricoverati per tanto tempo. Io e mio fratello siamo stati affidati a dei parenti e io successivamente anche alle suore.
Nonostante avessi riportato fratture, le mie zie mi mandarono immediatamente a scuola con il busto, obbligandomi a trascinare uno zaino pesantissimo e mandandomi col bus.
Nei 5 anni di liceo, mia madre – nel frattempo guarita – si è finta (grazie alla connivenza di un medico) depressa cronica per ricevere la pensione di invalidità. Si è accanita contro di me con un controllo maniacale sui miei voti a scuola, peraltro molto alti, ma per lei mai abbastanza.
La cosa che mi umiliava di più era come lei si presentasse a scuola tutta agghindata (era ed è molto bella, ha fatto anche la fotomodella da giovane) e si faceva consegnare i voti di tutte le classi dell’istituto per poi paragonarli ai miei e farmi un vero e proprio processo alle intenzioni, con lo scopo di denigrarmi, anche se io avevo un 7 e il compagno di scuola X un 7,5.
In tutto questo, mio padre si disinteressava completamente e sporadicamente mi insultava.
Nello stesso periodo mi sono fidanzata con un deficiente pluribocciato e dipendente da sostanze che mia madre adorava. Questo ragazzo mi controllava come lei, impedendomi di coltivare le mie passioni: l’arte, la musica, gli anime e i manga.
Da bambina suonavo il pianoforte e lo adoravo. Così, di punto in bianco, mia madre decise – dopo tre anni – che avrei smesso, perché non aveva voglia di accompagnarmi.
A questo ragazzo dovevo nascondere tutti i miei interessi, perché mi sgridava e mi umiliava, anche in concomitanza con mia mamma, che rideva del fatto che mi ero commossa per la fine di un anime che adoravo. Lo ha raccontato alle mie amiche per ridermi in faccia.
A 18 anni dovevo scegliere l’università, ed è andata esattamente come al liceo. Io volevo fare Accademia di Belle Arti o il Dams, ma trovandosi in un’altra città, entrambe le facoltà mi furono vietate. Lei e il mio ragazzo (che ancora si trovava alle superiori, nonostante fosse di due anni più grande di me) mi obbligarono a scegliere la facoltà di Lingue, vicinissima a casa.
Nemmeno a dirlo, la vita universitaria per me è stato un vero e proprio incubo, perché da una parte mia madre mi rubava il libretto e mi sgridava per i voti (un 27 era mediocre), e dall’altra il mio ragazzo mi impediva di avere qualsiasi contatto con i miei colleghi e/o partecipare ad attività legate alla facoltà.
Potevo solo uscire con lui, dopodiché mi riportava a casa alle 22, mentre lui andava fino a tardi nei locali.
Io piangevo e mi portavo dentro una grande ansia e una grande vergogna, perché mia madre – le poche volte in cui mi sfogavo – mi diceva che lui era innamorato e io avevo un brutto carattere. Mi paragonava alle mie zie paterne, che lei disprezzava profondamente.
A 22 mi ha contattato un fotografo per fare delle foto e una sfilata… ero carina, ahimè, ma non lo sapevo… e mi sono dovuta rompere una caviglia per non partecipare, perché il mio “caro” ragazzo innamorato mi aveva fatto una sfuriata pazzesca. Oramai avevo smesso di dire qualsiasi cosa a mia madre su di lui, perché prendeva sempre le sue parti.
A 24 anni mi sono laureata con la magistrale e ho avuto la forza di chiudere con il narcisista. Da lì ho iniziato a bere e ubriacarmi quasi tutti i weekend, e a frequentare gente con cui non avevo nulla in comune se non lo “sballo”.
Una volta espressi il desiderio di andare in Giappone, il sogno di tutta la vita, e una volta lì chiedere un visto studentesco. Nemmeno a dirlo, mia madre, mio padre, mio fratello e i miei nuovi “amici” mi umiliarono e percularono finché non mi resi conto di essere una povera illusa che non poteva permettersi questi desideri.
Nello stesso periodo morì la mia nonna che adoravo e piano piano entrai in una depressione, senza accorgermene, finché un Ferragosto mi accoltellai i polsi e le braccia e fui portata dallo psichiatra. Lo stesso che 10 anni prima aveva finto la patologia di mia madre.
Da lì iniziai una cura con Cipralex e benzodiazepine e passai 3-4 mesi chiusa in casa a non fare niente. Mio padre peggiorava e doveva andare avanti con le stampelle, ma fondamentalmente mi ignorava.
Purtroppo, nella mia città quell’inverno si aprì una scuola di giornalismo/master di II livello che fungeva da praticantato per diventare giornalista professionista. Era a numero chiuso, e sebbene non mi interessasse per niente, i miei mi obbligarono a provare lo scritto, al quale arrivai al terzo posto. Gli ammessi erano 30 per due anni.
Senza nemmeno avere coscienza di quanto stavo facendo, mia madre mi iscrisse a quella scuola (costosissima: 14.000 euro) e utilizzò l’eredità che mio nonno aveva lasciato a me e mio fratello (ovviamente la mia parte), cosa che scoprii solo 15 anni dopo.
In questo biennio studiai come una pazza, cose che fondamentalmente non mi piacevano, e superai brillantemente anche l’esame di stato.
Negli anni pre e post diploma, i miei mi obbligarono a lavorare nelle testate TV e nel giornale della città gratis o con la retribuzione minima da collaboratore, che a quei tempi era 2,58 euro per articolo, arrivando a sequestrarmi in casa per produrre almeno 10 articoli o servizi a settimana.
Se mi ribellavo erano urla e schiaffi, e avevo già 27 anni.
Questo incubo è durato quasi 10 anni (dal mio ingresso al master fino ai miei 32 anni), quando ho conosciuto il mio attuale compagno e ho smesso di collaborare con tutte queste testate farlocche.
Sono andata a vivere con una mia amica e ho iniziato a lavorare come commessa in supermercati e profumerie. Non arrivavo a 600 euro al mese. In estate facevo le promozioni delle creme solari e del tè freddo, risparmiando il più possibile ed evitando qualsiasi uscita, anche perché la maggior parte dei lavori si svolgevano nel weekend.
I miei genitori mi disprezzavano perché ero “figlia dei padroni diventata una serva”.
Ho fatto di tutto: le stagioni estive, le pulizie, babysitter a volte per 5 euro l’ora.
Finalmente, all’età di 37 anni, trovo un impiego fisso in una profumeria da 40 ore e il padre del mio compagno ci dà in comodato d’uso un appartamento vuoto che abbiamo completamente arredato e ristrutturato.
Non ho mai detto nulla di questo a mia madre e non l’ho mai invitata a casa mia, perché volevo proteggere la mia vita e avevo paura di lei.
Sono passati solo 4 anni e il mio suocero – una persona splendida e umile – ci ha lasciato. Sua moglie e le sue figlie (molto più grandi del mio compagno), nel giro di un paio di mesi, ci hanno letteralmente buttati fuori di casa per vendere tutte le proprietà della famiglia.
I nostri mobili nuovi sono andati al robivecchi. E noi, con il mutuo di 10 anni, ne abbiamo ricavato solo 900 euro.
Ci siamo spostati all’estero, dove io mi trovo malissimo. Viviamo in un paesino, in un brutto monolocale da 40 metri quadri. Non ho amici e nemmeno un lavoro, perché i miei titoli di studio qua non sono riconosciuti e non ho nemmeno "conoscenze".
La mia depressione, dalla morte di mio suocero, è peggiorata.
Ora sono in cura con Zoloft 100 mg da 3 anni, più Xanax al bisogno e Rivotril ogni sera (11 gocce). Ho paura a uscire di casa.
Provo una grande rabbia contro mia madre e mio padre, anche se lui oramai è quasi demente e non capisce più bene. Negli anni si è ammalato di iperammoniemia e non cammina più.
Sottolineo che sono riuscita a lasciare l’Ordine dei Giornalisti solo lo scorso anno, quando lui ha dimenticato che ero iscritta. Altrimenti mi obbligava a sottostare alle spese dell’albo pur non avendo più scritto quasi nulla in anni.
Adesso, da quando siamo all’estero, mia madre mi chiama ossessivamente e se non rispondo chiama il mio compagno per indagare.
La mia vita non può essere più miserabile, eppure lei continua a torturarmi.
In tutto questo aggiungo che mio fratello, di 41 anni, vive da sempre con loro e non dà un soldo in casa, sebbene sia imprenditore.
Con mio fratello non ho rapporti, perché mi ha sempre considerata una persona stupida di cui vergognarsi. Questo fin da bambini.
Sono sola e vorrei solo morire. Non ho potuto avere figli, non posso avere nemmeno un animale perché soffro di tantissime allergie. Non ho nemmeno i miei libri, perché in questa casa non c’è posto.
Ho dovuto buttare tantissime cose. Mi sento bloccata nel tempo, per questo non riesco a definirmi una persona adulta.
Penso sempre a cosa sarebbe successo se avessi potuto seguire i miei sogni.
Sto temporeggiando dal pensiero di ammazzarmi solo per non danneggiare il mio compagno, che non si merita anche questo dolore.