Superare fine storia ansia generalizzata depressione

Antonio

Arrivai in questa città cinque anni fa e subito, tramite un'app di dating, incontrai questa ragazza stupenda. Io, in realtà, ero nel pieno di un momento di svolta della mia vita: ero proiettato a fare concorsi e proseguire la carriera. Incontrai lei, che però era la ragazza perfetta: era bellissima, dolce, limpida, aveva i miei stessi valori, la mia stessa etica...

Purtroppo, però, fin dall'inizio non sentii un innamoramento travolgente, come mi era capitato con la storia precedente, dove però ero stato insieme a una narcisista che mi aveva tradito. Forse ero scettico e malfidato, forse qualcosa dentro di me diceva che dovevo continuare e migliorare il mio lavoro, che di base non mi piaceva e non mi lasciava tranquillo.

Ho fallito il concorso e sono rimasto, continuando il rapporto con lei. Mi sentivo un po’ come se la stessi scegliendo per comfort zone, anche se razionalmente rappresentava tutto quello che avevo immaginato e voluto per me. Era perfetta, ma ero in ansia...

Abbiamo proseguito e, stranamente, anche a livello sessuale, nonostante fossimo all’inizio, non sentivo sensazioni travolgenti. Ero preso da mille dubbi, di non essere abbastanza. Mi dicevo che stavo paragonando questa ragazza alla precedente (storia finita tre anni prima), mentalmente. Seppur per due anni ho sempre pensato di voler fare i concorsi e cambiare, anche se poi, avendo lei, questo restava un desiderio inascoltato. Mai avrei messo a rischio il rapporto con lei, perché in fondo rappresentava tutto quello che avevo sempre voluto...

Ma allora perché non ero semplicemente felice? Perché, soprattutto all’inizio, pur essendo “perfetta” per me, non ero così innamorato da farmi cancellare tutto il resto? Qualsiasi suo difetto lo ingigantivo, mi sentivo ferito quando la percepivo meno generosa di me, meno riconoscente...

In più, nella mia testa era diventata la ragazza della mia vita: c’erano progetti, e tutto ciò aveva scatenato in me tanta ansia, che mi ha comunque sempre accompagnato nella vita. Avevo paura di perdere tutto, di perdere il lavoro. Abbiamo attraversato il periodo della guerra e dell’inflazione, facevamo difficoltà a trovare una casa...

Ho iniziato ad avere disturbi ossessivo-compulsivi. Avevo paura per la mia salute, paura di perdere il lavoro. Inoltre, lei a lavoro subiva mobbing e, nel frattempo, aveva litigato con la famiglia: il fratello l’aveva picchiata e lei era arrivata a denunciarlo. Io, essendo una persona altamente sensibile e introversa, con la mia empatia mi facevo carico di tutto, e tutto aumentava la mia ansia.

Lei, con la convivenza, si era anche allontanata dalla famiglia e aveva lasciato casa sua, dove era rimasto il fratello. Con la madre aveva un rapporto difficile, anche se ci vedevamo 2-3 volte al mese. Lei, da adolescente, era stata abbandonata dal padre, che si era rifatto una famiglia con l’amante, disinteressandosi dei figli. Lei quindi aveva da subito imparato a doversela cavare da sola!

Cercava, in quegli anni, serenità e leggerezza. A differenza mia, era più concentrata su se stessa, voleva godersi la convivenza e fuggire dai problemi. Io ero concentrato sul futuro, volevo risparmiare, non ero mai sereno. Si litigava spesso, anche perché io la spingevo a risolvere i problemi con la famiglia, mentre lei aveva un approccio più delicato, di chi accetta che le persone non possono cambiare.

Nel frattempo, però, io non ero sereno, mai tranquillo. Ci sono state tante crisi, ma negli ultimi anni io ero leggermente migliorato. Eravamo arrivati a fare una proposta di acquisto per una casa da comprare insieme. Nell’ultimo anno si litigava sempre per le stesse cose: io volevo spendere meno per uscite e cene, lei no. Erano mesi che la vedevo più insofferente, distaccata. Diceva sempre che aveva dubbi e rabbia repressa nei miei confronti. Spesso si teneva tutto dentro, io me ne accorgevo, e poi si litigava, nei tre anni e mezzo di convivenza, lei era andata in terapia per un anno. Nel frattempo ha cambiato lavoro, io l’ho sempre sostenuta in tutto e mi ringraziava per questo. Restavano però questi dubbi…

La tragedia è arrivata poco prima di prendere casa: ci saremmo staccati per la prima volta per due mesi, aspettando il rogito. Lei era tornata a vivere con la madre e il compagno, e io in un alloggio di servizio. Nel giro di due settimane mi comunica che non voleva più comprare casa, e fu così che mi lasciò… dopo cinque anni. Io 37 anni, lei 35.

Cerco in tutti i modi di evitarlo, ma lei non vuole più andare avanti. Dice che abbiamo trascinato una storia che non andava bene. Attualmente sono distrutto, perché non ho niente qui. È come se fosse una città nuova. In quegli anni ero completamente concentrato su di noi e sul futuro… ora sono perso. Non riesco a perdonarmi di aver rovinato la storia per la mia ansia generalizzata.

Avevo chiesto aiuto a uno psicologo, ma per le spese e per il mio scetticismo non avevo proseguito. Se l’avessi fatto, forse sarebbe andata diversamente. Sto provando a cercare di vederla, a chiederle un incontro, ma lei non vuole. Vorrei farle capire che semplicemente non stavo bene, non ero io! Stavo male!

Mi sento perso, perché ho 37 anni e sono passato dallo stare per creare una famiglia con una ragazza del posto che amavo, a non avere più niente. Ho paura di restare single, di essere sfasato e fuori tempo! Lei mi manca da morire, ma non si lascia raggiungere. Vorrei parlarle, ma non vuole, non risponde ai messaggi. Mi sento in colpa e non riesco a perdonarmi.

Mi sento come un clochard che aveva vinto la lotteria e ha perso il biglietto per incuria. Ho buttato l’occasione della vita. Lei, dal canto suo, aveva già posto fine a una storia di nove anni appena dopo quattro mesi di convivenza. Ma sono certo che, se non avessi esagerato, se la mia ansia non mi avesse provocato quei malesseri, saremmo andati avanti. Parlavamamo di figli e di vita insieme…

Mi sento sfinito. Ogni mattina è tragica. Passare dal tutto al nulla è una catastrofe. Lei mi manca da morire. Sono in forte depressione.

5 risposte degli esperti per questa domanda

Ciao Antonio,

ti ringrazio per la chiarezza e trasparenza con cui hai condiviso la tua intensa sofferenza. 
Vorrei chiederti se questa situazione e i tuoi sintomi stiano impattando sulla tua quotidianità,  sul lavoro e altre attività di piacere. 
Sono molto colpita dalla lucidità con la quale hai raccontato dei dubbi che hai nutrito dall'inizio della relazione. Mi sono chiesta che tipo di rapporto tu abbia con il concetto di perfezione, sembrandomi questo un tema ricorrente in ciò che hai raccontato. Delle volte può capitare di sentire di non meritare ciò che di più bello ci accade, oppure di sentirsi in colpa per non cogliere ciò che la vota ci offre. 
La vita è molto complessa e, anche per fortuna, ciò la rende decisamente non lineare. Con questo voglio dire che a volte le scelte che facciamo hanno una conseguenza diretta, altre volte la hanno indiretta, altre volte le cose semplicemente accadono senza che noi possiamo fare nulla per controllarle. 
Imparare a tollerare l'incertezza, l'imperfezione e il dubbio è forse una delle sfide più difficili che la vita ci impone e mi sembra che questo si possa bel applicare alla tua situazione.
Ancora una volta voglio ringraziarti per aver condiviso qui la tua sofferenza perché immagino che non debba essere stato facile. 

Ti consiglio di iniziare un percorso terapeutico, sia per contenere le tue forti emozioni, sia per riflettere su ciò che stai vivendo; ogni ostacolo che la vita ci impone, ogni sofferenza, può essere un grande insegnamento.

Per qualsiasi necessità, naturalmente, rimango a disposizione. 

Un caro saluto,

Dott.ssa Alessandra Papi

Dott.ssa Alessandra Papi

Dott.ssa Alessandra Papi

Roma

La Dott.ssa Alessandra Papi offre supporto psicologico anche online

Gent.ssimo Antonio,

Leggendo il racconto di questi eventi della sua vita comprendo lo smarrimento, il dolore, la rabbia sottostante e il senso di colpa per un rapporto che sente di non aver gestito adeguatamente... Comprendo.

Allo stesso tempo mi permetto di partire dalle basi, per quanto in apparenza banali: lei è qui che pone una domanda, che si interroga, che vuole comprendere, che vuole affrontare... Questo è il punto di partenza di ogni evoluzione personale, guardare indietro può essere certamente utile per comprendere alcuni aspetti, ma guardare avanti è l'unico modo per ricostruire, per ripristinare, per ripartire da noi stessi, strada centrale per recuperare il senso di sè, la bussola del nostro percorso di vita. Percepisco la forza e il coraggio del suo desiderio più profondo, lo abbracci e scelga di farsi accompagnare.

Credo che la sua sofferenza per quanto dolorosa vada accolta e con l'aiuto di un professionista, affrontata e compresa...

A disposizione.

Dott. Valeriani 

Gentilissimo, capisco la sofferenza che sta provando.

Qualora fosse interessato ad supporto psicologico può contattarmi.

Sono esperta in relazioni e resto a disposizione per qualsiasi informazione.

Un cordiale saluto 

Dott.ssa Ivana Bikic

Dott.ssa Ivana Bikic

Bologna

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Caro Antonio, le tue parole sono un grido sincero, straziante, ma anche profondamente umano. Raccontano di un amore vissuto con tutto te stesso, nella complessità del tuo essere: sensibile, ambizioso, ansioso, generoso. E quello che oggi senti – questo vuoto, questo senso di fallimento, questo dolore lancinante – non è una condanna, ma il risultato di un lungo percorso che merita rispetto. Anche quando è pieno di ferite.

1. L’amore che hai vissuto era vero, anche se imperfetto Non importa che tu non ti sia sentito travolto fin dall’inizio. L’amore non è sempre un fulmine, a volte è una costruzione lenta, fatta anche di fragilità e paure. Tu l’hai amata. E non perché era “perfetta”, ma perché ci hai creduto, con tutto te stesso, nonostante te stesso. Hai tentato di costruire un futuro con lei, e questo è un gesto di amore concreto, non un errore. La tua ansia non ha rovinato la storia: era parte di te, e tu hai fatto del tuo meglio con ciò che avevi.

2. Scrivi: “Mi sento in colpa, non riesco a perdonarmi.”
Ma se guardi onestamente quello che hai fatto, vedrai un uomo che ha dato tutto ciò che poteva, anche quando stava male. Sei stato lì, nei momenti difficili, nei cambi di lavoro, nella solitudine di lei. La verità è che non possiamo salvare nessuno se prima non salviamo noi stessi.
Tu hai ignorato i segnali del tuo disagio, hai messo il bene della relazione prima della tua salute mentale. Questo non è un difetto morale, è la reazione di chi ha un’anima generosa ma non abbastanza addestrata a prendersi cura di sé. Non ti sei rovinato da solo. Ti sei solo trascurato. E ora puoi imparare.

3. Stai vivendo un lutto autentico: non solo la perdita della persona amata, ma anche di un'identità, di un progetto, di una versione futura di te stesso.
È normale sentirsi svuotati, svegliarsi col cuore in frantumi.
Ma, Antonio, ogni dolore acuto è una fase, non una condizione permanente. Ciò che ti manca oggi, domani sarà nostalgia, e dopo domani sarà memoria. E anche se adesso non riesci a vederlo, c’è vita oltre questa fine.

4. Hai 37 anni. Non sei né sfasato né in ritardo. Sei solo nel momento esatto in cui sei chiamato a rinascere.
Forse non nella forma che speravi, ma in una più vera, più consapevole. Se adesso ti senti perso, è perché hai dato tutto in una direzione. Ma non significa che sei finito. Significa che hai un nuovo inizio davanti, doloroso, ma reale. 

5. La terapia non è un lusso, è una cura Hai detto di essere scettico, ma anche che stavi male. E ora stai peggio.
La verità è che la terapia non è per i deboli, è per chi è stanco di portare tutto da solo.
Anche se i soldi sono pochi, ci sono centri pubblici, psicologi che lavorano a tariffe agevolate, servizi territoriali. Chiedere aiuto non è un segno di sconfitta, è la prima vera vittoria contro il vuoto che ti sta divorando. 

6. Lei non vuole vederti: rispetta la sua scelta. Capisco la tua urgenza di rivederla, di spiegarle, di farle capire che non stavi bene. Ma, in questo momento, insistere non ti aiuta né la aiuta.
L'amore vero, se c'è, non ha bisogno di rincorse disperate. E se non c'è più, accettarne la fine è un atto d’amore per te. Hai perso una persona. Ma non hai perso te stesso, anche se ora ti sembra così. E tu, credimi, sei ancora vivo. E dove c’è vita, c’è possibilità.

Con rispetto e vicinanza

Dott.ssa Antonella Bellanzon

   

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Massa-Carrara

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Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

Dott. Francesco Damiano Logiudice

Dott. Francesco Damiano Logiudice

Roma

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