La gestione della sofferenza

La gestione della sofferenza

Come gestiscono le persone la sofferenza?
Ricordando che la sofferenza cioè il dolore assieme alla paura rappresentano le due emozioni di base più scomode e difficili per gli esseri umani...
Facciamo ora qualche esempio per capire come nelle varie situazioni le persone tendono a gestirla in una maniera o in un'altra..

Ci sono persone che la sofferenza la negano immediatamente e sentono subito tanto la rabbia, ma non la esprimono.
Altre persone non la danno a vedere e non chiedono aiuto nella sofferenza, sopportando per motivi di contesto, familiari, ideali, e arrivano così al limite per poi sentir tantissimo dolore, una sorta di crollo emotivo quando una loro relazione o situazione creata idealmente va a finire o entra in crisi.

Altre persone invece appena toccate (verbalmente) scattano eliminando la fonte della frustrazione, altre la vogliono proprio soggiogare e sovrastare andando in competizione per prevalere.

Ci sono poi persone che per la sofferenza propria non hanno intenzione di darci peso e perdonano con facilità, queste persone hanno scarso amor proprio e pochissimo polso. Le puoi ritrovare per la rabbia a fare lavori tanto per, compulsivamente.

Altri invece evitano proprio fuggendo da essa e ricercando immediati piaceri in altro(fumo, bevande, cibo, sostanze, etc) o altri (relazioni o persone che servono a non stare nel dolore, il classico "chiodo schiaccia chiodo" quando si esce da un rapporto e ci si butta in un'altro. .); ma se non è possibile evitare dato che essi non provano immediatamente rabbia hanno bisogno di una mamma surrogato e quindi di un conforto da qualcuno amico o parente che possa come dire calmare la mente e la ferita che brucia.
Infine poi c'è chi sente il dispiacere tanto, ma proprio tanto esageratamente e subito e sfocia sempre in meccanismi autolesionistici, drammatici, vittimistici e depressivi, odiando se o il mondo.

Vedete bene che ci sono tanti modi e stili di gestire la sofferenza, affrontare la vita senza saper il proprio modo di gestire la sofferenza è come vagare in un labirinto bendati...
Una impresa frustrante!!!

E tu che stile hai..?

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Credo di aver capito subito a cosa andavo incontro, ma ho vissuto il mio rapporto con la mia compagna malata da due mesi come se fossimo sempre noi, sempre vivi. Ho condiviso il nostro bilocale con i suoi genitori per un lungo periodo, che ovviamente avevano un'altro atteggiamento verso di lei, un comportamento da genitori ed io nel loro quadro ero un estraneo.
Ho dovuto mantenere il contatto con lei, senza urtare troppo i suoi genitori, a volte purtroppo ci sono state anche delle incomprensioni con loro due.
Fino all'ultimo suo respiro ho creduto ad un miracolo, forse ero l'unico, ormai neanche lei ci credeva più, quando aveva smesso di fare le cure.
Come affronto tutto questo? Sono passati due anni e forse lo sto affrontando solo adesso.
Il dolore è un esperienza che si fa nella vita, che si crede di conoscere e si può gestire, ma quando arriva se non vuoi che condizioni la tua vita, tendi a negarlo e speri che una novità, una gioia, se la porti via.
Ho letto tanto in merito, su quanto siamo artefici della nostra sofferenza, ma forse ci sono sofferenza che non possiamo "sgonfiare" da soli.
Non so, è un brutto periodo, per i cambiamenti che la mia vita ha preso, per i limiti alla libertà, per la distanza da qualsiasi figura simile ad un amico.
Vorrei sapere come uscirne, ma scoprire che quel dolore è ancora lì, con tutta la sua forza, mi spaventa un po'.

Vorrei un "antidolorifico" dell'anima.

Vito il 23/08/2021

il Dott. Simone Lenzoni ha risposto al tuo commento:
Non ci sono antidolorifici dell'anima amico mio, ma puoi immaginarti l'anima come un caminetto che finchè viene alimentato da dei legni arde e tine viva la fiamma, a te spetta il rispetto per il tuo dolore e il rispetto per la tua anima, spero convergano entrambi verso delle sane scelte,te lo auguro di cuore.
Un abbraccio

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