Quando non si può fare a meno dell'altro
Cosa succede quando non si può fare a meno dell’altro? Con questo articolo vorrei spiegare quanto può generare sofferenza in una persona l’essere totalmente dipendente dall’altro, quali sono ...
C’è chi ha scoperto il piacere di passare qualche oretta (a settimana) su Facebook, chi guarda ancora con diffidenza tutto quello che ha a che fare con Internet e chi non può fare a meno del contatto fisico e costante con mouse, telecomandi, joystick, consoles e quant’altro. Infatti con l’avvento di Internet e delle nuove tecnologie dell’elettronica e dell’informatica, si sono diffuse anche nuove forme di dipendenza non legate all’assunzione di droghe legali (alcol e tabacco) e illegali (sostanze stupefacenti), ma a comportamenti compulsivi, come giocare d'azzardo o utilizzare strumenti senza i quali l'esistenza sembra diventare priva di significato. 88 ragazzi su 100 riconoscono nelle tecnologie la prima causa alla base di comportamenti di abuso, non correlati a sostanze. Nell’ordine: al primo posto i videogiochi (49%) indicati soprattutto dai più giovani (il 52% tra i ragazzi di 13-15 anni), seguiti da computer (44%), TV e cellulare, indicati nella stessa percentuale (37% circa). Nel 54% dei casi le nuove tecnologie sono anche ritenute quelle più diffuse tra i giovani.
Le dipendenze da prodotti tecnologici condividono con quella da sostanze alcune caratteristiche:
• dominanza: l’attività domina i pensieri e assume un valore primario tra tutti gli interessi;
• alterazioni dell’umore: nell’uso dello strumento si prova un aumento d’eccitazione o maggiore rilassatezza;
• tolleranza: bisogna aumentare il tempo di uso per avere l’effetto desiderato; sintomi d’astinenza: malessere psichico e/o fisico che si manifesta quando s’interrompe o si riduce l’utilizzo degli strumenti;
• conflitto: si creano tensioni e liti tra chi utilizza gli strumenti e le persone che sono vicine, ma la persona che ne fa uso è in conflitto anche con se stessa, a causa del comportamento dipendente;
• ricaduta: tendenza a ricominciare l’attività dopo averla interrotta.
Disturbi psicologici derivanti dai videogiochi: le ricerche americane
Da anni i videogames hanno attirati l’interesse di medici che cercano di capirne gli effetti sugli appassionati giocatori e in particolare sui più piccoli.
Un nuovo studio ormai storico della Iowa State University ha associato il rischio dipendenza da videogiochi a sintomi depressivi, ansia e disturbi della socialità. I ricercatori, guidati da Douglas Gentile, in collaborazione con colleghi di Singapore e Hong Kong, hanno analizzato la condizione di 3 mila bambini americani appassionati di videogame, definendoli giocatori patologici in circa il 10 per cento dei casi. Per stabilire questa condizione, i ricercatori hanno utilizzato il famoso Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders dell'American Psychiatric Association, un riferimento bibliografico imprescindibile per ogni psichiatra. Monitorandoli per circa due anni, i ricercatori hanno scoperto che i bambini giocavano in media circa 20 ore a settimana, ma soprattutto che i soggetti che mostravano un maggior grado di dipendenza presentavano anche chiari sintomi depressivi e crisi di ansia, oltre a disturbi nella sfera sociale. Secondo i ricercatori americani, questi sintomi sono indotti dall'uso dei videogiochi e dalla condizione di dipendenza che si è creata con il tempo, e non sono legati al carattere o al temperamento del soggetto. Un altro studio della stessa università, stavolta in collaborazione con l'Istituto Nazionale per i Media e la Famiglia, ha anche accertato l'esistenza di un legame fra l'uso eccessivo dei videogiochi e lo sviluppo della dipendenza dagli stessi. In questo caso, gli studiosi hanno esaminato e intervistato 1.178 bambini e adolescenti americani tra gli 8 e i 18 anni, riscontrando in loro almeno sei degli 11 sintomi della dipendenza dal gioco, così come definiti dall'Associazione psichiatrica statunitense. Chi stava troppe ore davanti ai videogiochi spesso mentiva ad amici e parenti sul tempo dedicato al gioco, era più facilmente irritabile e usava i videogames per sfuggire alle proprie responsabilità e ai propri problemi. Molti ragazzi hanno visto peggiorare il loro rendimento scolastico per colpa di troppi videogiochi, che non facevano loro svolgere i compiti a casa. In definitiva il 10% dei giovanissimi americani intervistati nello studio presentava gli aspetti patologici della dipendenza da gioco. Alcuni fra i giovanissimi esaminati nell'indagine erano arrivati perfino a rubare per finanziare la loro dipendenza da videogiochi, mentre altri trascorrevano 24 ore alla settimana giocando alle varie consolle o al pc, con un tempo, cioè, mediamente doppio rispetto a quello dei giocatori considerati nella norma. La situazione desta profonde preoccupazioni anche in Italia, dove la dipendenza dal pc, usato per vari scopi, è riscontrabile nel 70% della popolazione.Tanto è vasto il problema che nel 2010 il prof. Vittorino Andreoli ha aperto in Valle d’Aosta la prima clinica per curare i portatori di questa nuova dipendenza.
Chi e quanti sono i dipendenti da videogames, Internet e tecnologie digitali in Italia? A svelare qualche numero è stato Federico Tonioni, ricercatore in psichiatria all'Università Cattolica del Sacro Cuore e responsabile dell'ambulatorio per la dipendenza da Internet del Policlinico Gemelli di Roma.
"Dal novembre del 2009 abbiamo in cura 300 pazienti, il 20% adulti dipendenti dal gioco d'azzardo e dai siti per adulti e il restante 80% da ragazzi giovanissimi provenienti da tutta Italia, dagli 11 anni ai 23 anni dediti ai giochi di ruolo online o patiti di social network". Alcuni ragazzi hanno smesso di andare a scuola, altri "sono arrivati a picchiare i genitori quando sono state messe in discussione le ore di connessione". "I loro unici amici sono i compagni di guerra che li esaltano quando ottengono risultati e li insultano quando sbagliano", spiega Tonioni. "Questo tipo di giochi non sono creativi ma solo sono eccitanti e compulsivi". E’ innegabile che i videogiochi rappresentino l’evoluzione tecnologica delle diverse forme di gioco e possono indurre effetti positivi: stimolano le abilità manuali e di percezione, la comprensione dei compiti da svolgere, abituano a gestire gli obiettivi, favoriscono l'allenamento alla gestione delle emozioni e lo sviluppo dell'abilità di prendere rapidamente delle decisioni. Alla luce di questi dati, non sono quindi genericamente da criminalizzare, ma dipende dall’uso che se ne fa.
L'abuso, cioè la prolungata esposizione a un videogame, senza pause e completamente assorbiti dal gioco, può essere pericoloso. I rischi sono rappresentati da:
• sovrappeso: causato dalla sedentarietà;
• difficoltà scolastiche: dovute al poco tempo dedicato allo studio e alla scarsa concentrazione, perché distratti dal desiderio di giocare;
• isolamento e tendenza all'introversione: perché i videogiochi sostituiscono i rapporti personali e le relazione sociali.
Da anni negli Stati Uniti la dipendenza da videogiochi è ormai considerata una patologia alla quale applicare una cura simile a quella per l'alcolismo e la tossicodipendenza. I sintomi più frequenti sono agitazione, tremore e ansia. In alcuni casi, come detto, i soggetti dipendenti non riescono a staccarsi dallo schermo, rinunciando persino ai pasti o assumendo droghe per aumentare le proprie prestazioni virtuali. Il rischio maggiore è rappresentato dalla perdita di contatto con la realtà, sostituita dal mondo virtuale. In conclusione…Si direbbe proprio che abusare di videogiochi ed Internet spenga sensibilmente le capacità di provare emozioni e di partecipare alle emozioni altrui (empatia), di condividere esperienze reali con amici reali (diminuita socializzazione), di muoversi e percepire il proprio corpo nello spazio, di apprendere e memorizzare, insomma di stare bene con se stessi e gli altri. Senza demonizzare i nuovi media, per carità, dobbiamo però fare in modo di ritrovare – ragazzini e adulti – il piacere di essere e di esserci, di occupare uno spazio vero (fisico ed emozionale) sulla faccia della Terra, altrimenti vedremo sempre più frequentemente “machi” che ammazzano i nemici passando per tutti i colori e i rumori della violenza e poi inorridiscono invocando “Mamma!” davanti a un povero scarafaggio (in 3D?!).
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