Perché la pandemia può renderci veramente liberi

Uno dei sentimenti più comuni, legato alla diffusione globale del covid-19 e alle conseguenti restrizioni, è quello di sentirsi privati della nostra libertà.

Questo sentire può declinarsi in forme diverse, dalla semplice nostalgia per un passato in cui era indubbiamente più facile incontrarsi, viaggiare e fare progetti per il futuro, al convincimento, che assume a tratti proporzioni deliranti, secondo cui, al di là delle motivazioni sanitarie, sarebbe interesse di chi è al potere mantenerci in uno stato di privazione dei diritti più elementari, facendo leva sulle nostre più ancestrali paure: la paura della malattia e della morte in primis.

In tutto questo parlare di libertà e schiavitù, di assoggettamento e rivoluzione, si dimentica però una domanda essenziale: che cos’è la libertà?

Generalmente,  ci riteniamo liberi quando abbiamo la possibilità di scegliere se fare o non fare qualcosa, quando cioè possiamo agire senza condizionamenti esterni e in accordo con il nostro volere. Sappiamo tutti però che libertà di ciascuno finisce laddove inizia la libertà dell’altro. Per questo motivo le società civili hanno dovuto darsi delle leggi che, in un certo senso, limitano la nostra libertà in nome di un bene comune, di un principio più alto. È ovvio che non posso sentirmi libero di rubare, di recare danno agli altri, di essere violento e così via. La nostra libertà, dunque, ha bisogno di un limite che circoscriva le possibilità entro cui possiamo esercitarla.

Ma oltre questi limiti che ci condizionano dall’esterno, volenti o nolenti, dobbiamo fare i conti anche con i nostri condizionamenti interiori. Si dice che quella introdotta da Freud fu la terza grande rivoluzione culturale che, dopo la rivoluzione Copernicana e quella Darwiniana, ha completamente stravolto la visione che l’uomo ha di sé stesso e del mondo circostante.

L’introduzione in psicoanalisi del concetto di inconscio, infatti, ci costringe a fare i conti con il fatto che le nostre libere scelte non sono mai del tutto libere, che c’è qualcuno dentro di noi che può decidere al posto nostro, spingendoci talvolta verso direzioni ben lontane da quelle previste dalla nostra volontà cosciente.

Freud affermava, a tal proposito, che “l’Io non è padrone in casa propria”.

Similmente, Jung scrisse: “Oggi sappiamo tutti che abbiamo dei complessi. Che invece i complessi 'abbiano noi' è cosa meno nota”.

In cosa consiste, dunque, la nostra libertà se non siamo mai veramente gli unici responsabili delle nostre decisioni? Se anche quella che crediamo la nostra scelta più libera ed autentica è in realtà, in misura maggiore o minore, determinata anche da fattori inconsci?

Esistono due tipi di libertà: libertà DI e libertà DA.

La prima è la libertà di agire, scegliere autonomamente, autodeterminarsi, decidere. Di fare una cosa oppure no. Di fare il vaccino oppure non farlo. Di mettere la mascherina o non metterla. La nostra libertà DI sarà sempre, in una certa misura, condizionata e soggetta a limitazioni.

La seconda è la liberta DA tutto ciò che ci condiziona, dall’esterno o dall’interno. È quella a cui, in un certo senso, ambiscono coloro che nei giorni scorsi sono scesi in piazza per manifestare. Vogliono essere liberi DAL green pass. Vogliono sentirsi privi di condizionamenti. Ma purtroppo, se anche fosse possibile liberarsi da tutto ciò che ci condiziona dall’esterno, rimarrebbero pur sempre tutti i nostri condizionamenti interiori a minare la nostra libertà. Ipotizzo inoltre che a sentirsi più soggiogati, ingannati, privati dei loro diritti e della loro capacità di autodeterminazione, siano proprio coloro i quali, interiormente parlando, sono più schiavi. Con un movimento squisitamente proiettivo, si convincono che qualcuno dall’esterno voglia limitare la loro libertà, ma la verità è che sono tormentati dai loro demoni interiori.

Gli Afterhours, in Padania, cantano:

“Ha ancora senso battersi contro un demone, quando la dittatura è dentro di te?”

Una frase su cui, in questo preciso momento storico, ci sarebbe molto da riflettere.

E dunque: com’è possibile sentirsi veramente liberi con i tempi che corrono, considerando che, probabilmente, avremo a che fare con restrizioni, limitazioni, obblighi e divieti ancora per molto tempo?

È possibile se comprendiamo che la vera libertà parte dall’interno. Quando inizieremo a fare i conti con i nostri demoni e a liberarci dalle catene delle nostre prigioni interiori, sperimenteremo un senso di liberazione che nessuna mascherina e nessun green pass potranno scalfire. Diversamente, anche in presenza di condizioni esterne più favorevoli, con l'auspicato ritorno alla normalità, non ci sentiremo mai veramente liberi. Ci sarà sempre qualcosa a tormentarci, a renderci schiavi e finché cercheremo all'esterno la causa della nostra prigionia, non riusciremo a liberarcene. La pandemia, se sappiamo coglierla, è una preziosa occasione che ci viene offerta di sperimentare tutto questo.

Mi piace concludere con un’ultima citazione illuminante: “rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino” (Carl Gustav Jung).

Buona liberazione a tutti.

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