Psicologia e Pandemia

Sono Elisa, sono una dottoressa, una psicoterapeuta. Lavoro a Muggiò presso la Cooperativa Ippogrifo, della quale sono fondatrice insieme a colleghi (che non sono solo colleghi) e a Pavia, nel mio studio privato. Lavoro con minori ma anche con adulti, coppie, famiglie. Ed è proprio alle famiglie che va il mio pensiero. Le famiglie che chiedono il mio aiuto, necessitano di un servizio, devono pagare, è il mio lavoro. Alcune con estrema motivazione e sacrificio, riescono ad aiutare se stessi e i propri figli. Altri non possono e il mio pensiero va proprio a quelle persone, che vorrebbero essere aiutate, ma che non hanno la possibilità. Quest’anno è stato duro, per ognuno di noi e per tanti lo è ancora. Un anno surreale, un anno dove ho visto famiglie sconvolte, bambini che "odiavano" la scuola, piangere perché sono nuovamente a casa, senza amici, senza contatti. Adolescenti che arrivano ad atti di autolesionismo, nei casi più estremi, o sono nervosi, depressi, nei casi meno estremi, ma che comunque esprimono sofferenza e desiderio di tornare alla normalità. Ma mi chiedo se ne saremo mai capaci.
Questo periodo lunghissimo di "chiusura" fisica ed emotiva, ha portato tanti di noi ad abituarsi all'isolamento. Un amico caro, un giorno, mi chiese come stesse procedendo il lavoro e gli risposi: ".. purtroppo (perché c'è tanta gente che soffre) bene …" e lui mi disse: "... per te andrà bene per altri 15 anni almeno!". Frase che mi fece riflettere. I più piccini, a causa delle mascherine, dei dispositivi di protezione che l'adulto è obbligato a tenere, non riconoscono le espressioni, non le possono vedere, in un periodo in cui le espressioni e le emozioni, sono fondamentali. I bambini vedono noi adulti come specchio, ora vedono solo occhi, non un sorriso, nessuna smorfia. Io che, molti anni fa, ero educatrice all'asilo nido e il sorriso, i baci che davo ai piccini, erano insegnamento, erano scambio e amore, ora non lo sono più, o lo sono in modo ridotto. Alcuni adolescenti mi dicono che vorrebbero essere sgridati dai loro genitori, perché tornano a casa tardi, dopo essere stati fuori con gli amici, e non perché "stanno sempre in casa chiusi in camera col cellulare". Adulti che pensano di perdere le loro occasioni di socialità, alcuni che dicono: "Sa dottoressa non sono certo vecchio, ma sono "grande", ed ogni anno, per me, va vissuto, nessuno me li ridarà indietro questi momenti ...", genitori che non sanno cosa fare coi figli, che sono loro stessi disperati e disorientati. Come fanno a dare un equilibrio ai più giovani, se si sentono loro stessi spaesati? Tutto ciò per sottolineare che ogni generazione, è stata ed è messa a dura prova, da questa pandemia.
A volte, quando sono coi miei clienti, e mi viene da dire che tutto passerà prima o poi, che questa non è la normalità, mi fermo, scruto bene bene dentro di me e penso: "Ma sarà davvero così?". Perché spesso anche i più ottimisti, anche i più fiduciosi, perdono la speranza. Il mio augurio è di poter tenere duro, di piangere quando ci viene da piangere, di arrabbiarci quando non ce la facciamo più, di sorridere, quando la giornata è migliore del solito, o della precedente. Affrontiamo questo momento, nel modo in cui siamo capaci. Non c'è giusto, non c'è sbagliato. C'è solo ciò che stiamo vivendo. E se proprio diventa complicato, ci sono molti colleghi specializzati, ci sono io. Cerchiamo si essere di supporto, di aiuto. Con i nostri limiti, le nostre debolezze, i nostri errori. Ma sempre presenti e desiderosi di fare il vostro bene.

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