Riflessioni sul rapporto tra adolescenti e adulti: i ruoli

Nel mio lavoro, sia a scuola che a studio, mi trovo ad osservare spesso le relazioni che si instaurano tra gli adolescenti e gli adulti di riferimento.

Ho notato che il comportamento dei ragazzi cambia molto in base al tipo di adulto che hanno di fronte.

Sono educati e rispettosi se si relazionano ad un adulto che:

· mostra autorevolezza;

· si prende le sue responsabilità;

· ascolta prendendo sul serio richieste e necessità ma non scade nel ruolo di amico/confidente;

· non sente di doverli conquistare o dover piacere loro ma è interessato a trasmettergli un sapere (educativo o  culturale);

· non si accontenta di risultati mediocri (svalutazione) ma si aspetta qualcosa da loro (valorizzazione).

Questi punti secondo il mio parere sono essenziali in qualsiasi relazione asimmetrica:

· genitore- figlio;

· professore - alunno;

· psicologo-giovane paziente.

Questa pluralità di relazioni corrisponde a finalità e funzioni diverse.

· I genitori proteggono, nutrono, sostengono la crescita, forniscono il giusto contenimento emotivo favorendo l’autonomia e insegnando l’educazione;

· I professori insegnano le loro materie trasmettendo cultura e presentandosi come modelli di professionalità;

· Gli psicologi intervengono nella lettura delle emozioni e nella risoluzione di conflitti infantili che si ripropongono nell’adolescenza.

È importante quindi prima di approcciarsi al mondo degli adolescenti e pretendere qualcosa da loro chiedersi se ci si sta muovendo nell’ambito delle proprie competenze e se si sta assumendo in pieno la responsabilità e il valore del proprio ruolo portandolo avanti con le giuste modalità.

· L’educazione e il rispetto si insegna a casa: nessun genitore dovrebbe delegare alla scuola o a terzi tale impegno e privilegio.

· Il professore non è psicologo e non è amico: sconfinare in questi ruoli investe il suo rapporto con gli alunni di altri significati, crea confusione e lo porta lontano dal mandato che gli compete.

· Lo psicologo non è amico e non è educatore: questo vuol dire che non ascolta semplicemente gli sfoghi e le lamentele dei suoi giovani pazienti e non impartisce regole. Lo psicologo ascolta e interpreta, indaga sui comportamenti e vissuti collegandoli alle emozioni e ai conflitti irrisolti sottostanti.

Funzioni differenti quindi, ma con in comune la necessità di essere consapevoli e presenti a se stessi, la capacità di osservare e mettere in discussione non solo gli adolescenti che abbiamo di fronte ma anche e soprattutto noi stessi.

Dr.ssa Francesca Pannone

commenta questa pubblicazione

Sii il primo a commentare questo articolo...

Clicca qui per inserire un commento