Infanzia ed adolescenza "turbolente"?

Piergiacomo

Iniziamo dal dire che mi trovo quì per caso, in realtà odio parlare di ciò che mi è capitato sin da quand'ero piccolo... però volevo sapere se uno psicologo o uno psicoterapeuta potesse aiutarmi a migliorarmi.
Mi chiamo Piergiacomo, ho 19 anni. Ho passato un'infanzia abbastanza normale, tranne per il fatto che abitando in campagna non ho avuto mai molte amicizie.. stessa cosa trattasi dell'adolescenza, a parte che ho visto mia madre morire il giorno stesso della fine del mio terzo anno di medie, il giorno in cui dovevano darmi il risultato dell'anno scolastico.

Mia madre soffriva di cancro e tumori in tutto il corpo ed io ne ho avuto la conferma a 12 anni (prima ero troppo piccolo per capire e nonostante me lo dicessero non lo capii molto bene..) saputi i risultati di quell' anno e la tragica scoperta di mia madre in ospedale in fin di vita (i miei zii mi accompagnarono a vedere i risultati, la maestra mi disse 'come mai tua madre non c'è' e loro dissero un semplice ' sta morendo, è in ospedale '.. lei mi abbracciò, io sbiancai e iniziai a piangere.)

Due ore dopo mi portarono in ospedale da lei, la vidi nei suoi ultimi minuti di vita. Ero in un angolino, a fissarla e a dirmi " che incubo del cavolo, devo solo sorridere, non posso mettermi a piangere davanti a lei " lei sul lettino della stanza che non riusciva nemmeno a parlare per i farmaci.. mi guardava e tentava di dirci di farci uscire dalla stanza ma nessuno si degnò di spostarmi da quell'angolino, così uscii da solo e mi avvicinai alla finestra a fissare il cielo e a pensare a che vita di mer** potessi avere.. mia zia si avvicinò e dopo poco scoppiai a piangere, staccandomi subito dopo. Mia madre aveva detto a mio padre di non portarmi in ospedale, invece ai miei zii disse di portarmici. Non andai nemmeno al suo funerale, mi sembrava superfluo poichè il "lutto" non si vive un giorno solo ma si vive per sempre. La mattina del funerale non mi lasciarono guardare la tv, dicendo "spegnila, quando muore una persona deve stare tutto spento."

Così iniziò la mia fase ribelle. Nonostante io sia un ragazzo abbastanza timido sclerai per la prima volta quel giorno perchè la televisione era l'unico mezzo che avevo per non pensare a quello che mi accadeva intorno. Passata una settimana, mio padre con cui non ho un rapporto talmente "paterno" da definirlo un membro della mia famiglia, mi fece buttare a capo chino in mezzo alla terra di famiglia, facendomi lavorare. (A 13 anni, cosa che praticamente mi ha scoinvolto la vita.) L'estate buttato lì mattina e sera, l'inverno la mattina a scuola e il pomeriggio in mezzo alla terra.. arrivato al terzo anno di superiori con due bocciature mi sento dire da mio padre ad ogni colloquio che è colpa mia perchè non studio e che non devo usare come scusante quella che lavoro il pomeriggio e non ho tempo per studiare.. cambiai scuola dopo esser stato bocciato per la seconda volta, così scelgo un professionale. Una scuola piena di spacciatori/drogati.

Insomma, ho iniziato ad uscire un anno fa con mio cugino più piccolo di cinque anni. La mia vita sociale finchè non ho preso la macchina era 'chiuso in casa per mesi ', ho fatto amicizia da un anno con tre ragazzi, opportunisti(non penso nemmeno siano davvero miei amici poichè mi usano solo per il fatto che ho la macchina) ed infatti esco davvero poco anche con loro. Mio nonno (invalido) e mia nonna hanno svariati problemi e quindi essendo patentato devo accompagnarli ogni giorno a visite, esami, ospedale/farmacia/supermercati eccetera.

Abito con loro al piano terra di casa mia, mio padre al piano di sopra con la compagna e mia sorella. Abito con i miei nonni perchè sono gli unici che pensano a me, ed uno zio che mi ha prestato una macchina per accompagnarli ovunque ed uscire..ma per quanto riguarda mio padre io sono solo un "oggetto" da usare quando ha bisogno nel lavoro, ovvero ogni giorno. Pensavo di poter avere un'estate per me, invece da quando ho 13 anni mi ritrovo ad avere responsabilità che non augurerei a nessuno nemmeno prima dei 50anni.

Mio padre non mi paga nulla, chiedo soldi ai miei nonni per uscire quelle poche volte che lo faccio (20€ a settimana che oddio, sono dieci di benzina per muovermi tra casa-città e 10 per mangiare..), lui mi sminuisce sempre dicendo che non faccio nulla ed io non trovo un confronto con lui perchè nonostante io gli dica che so di essere unico nel mio genere, (poichè mio zio, un giorno, mentre erano presenti la famiglia di un altro mio zio e i miei nonni disse: " Lui è il migliore della famiglia (indicando me), fa da infermiere, da autista, da agricoltore e lo studente.. e non ha preso nemmeno un debito quest'anno. " )
È l'unica cosa che mi ha fatto apprezzare il fatto che io sia vivo..
Un giorno andai dal mio medico di famiglia, perchè avevo attacchi d'ansia la notte e non riuscivo a dormire, mi prescrisse di fare la prima visita di psicologia, ma secondo la mia famiglia io non ne ho bisogno, ho 19 anni e sto benissimo.
Per questo volevo chiedervi, dopo un papiro che ho scritto (non è pergiunta che 2/4 della mia vita) secondo voi potrebbe aiutarmi uno psicologo o uno psicoterapeuta/psichiatra?
Delle volte ho problemi di depressione, mi ritrovo a volermi allontanare da tutto e da tutti, sopratutto ultimamente..prendo la macchina e mi fermo in un parcheggio vuoto, al silenzio a fissare il vuoto per un paio di ore e poi ritorno a casa..oppure a casa, prima stavo spesso e volentieri al pc, ora mi ritrovo a fissare più il muro dello schermo..
Scusate se vi ho descritto la mia vita in un papiro, spero possiate darmi qualche consiglio

2 risposte degli esperti per questa domanda

Gentile Piergiacomo,

in realtà non credo che tu sia inciampato "per caso" in questo sito di psicologi/psicoterapeuti, ma credo che sei arrivato ad un punto della tua vita in cui ti senti stracolmo di pensieri, emozioni, paure ed avverti la necessità di condividerle con qualcuno. Immagino che hai sempre odiato parlare di ciò che ti è capitato, perchè parlarne attiva il ricordo e di conseguenza, le emozioni ad esso connesse. 

Innanzitutto mi sembra di capire che fino ad oggi la tua vita non è stata tanto serena e spensierata come magari avresti voluto, ma anzi, è stata dura con te e ti mette continuamente alla prova. Leggendo le tue parole, mi arrivano delle forti emozioni di solitudine, ingiustizia, rabbia; un senso di "soffocamento" dato dalla tua realtà familiare che sembra in qualche modo inghiottirti completamente. 

Il fatto poi che scrivi "È l'unica cosa che mi ha fatto apprezzare il fatto che io sia vivo" mi fa ipotizzare che stai sentendo dentro di te un forte malessere, che va accolto e ascoltato. 

Credo fortemente che un confronto con un professionista possa aiutarti a mettere in luce dinamiche emotive e psicologiche, nonchè approfondire temi centrali della tua vita, che magari non hai avuto modo di elaborare.

Resto ovviamente a disposizione, un caro saluto. 

Piergiacomo, prima di tutto complimenti per la tua capacità di scrivere così bene. Sicuramente hai tantissime qualità, che le circostanze della vita  non ti hanno tolto, credo tuttavia sia necessario confrontarti con qualcuno di esterno e professionale per prendere davvero il largo della tua vita!  Questo stato di inquietudine, i momenti di tristezza sono un segnale che dalla vita tu vuoi di più! Sarebbe un peccato restare bloccato dalla rabbia, dalla delusione o limitato dalle scelte degli altri. stai per diventare uomo, per far ciò occorre recuperare quanto di buono il passato ti ha dato e poi eventualmente staccarti da quanto ti impedisce vivere le relazioni nel modo migliore. A presto