Cara Luisa,
quello che racconti è qualcosa che molte famiglie vivono, anche se a volte se ne parla poco. Le dinamiche tra fratelli possono essere intense, cariche di energia, complicità e allo stesso tempo conflitto. Non è raro che proprio nel gioco – o nei litigi – emerga una fatica nel riconoscere i limiti, nel distinguere uno scherzo da qualcosa che può ferire o far male.
Colpisce come tu sia attenta a ciò che accade, come osservi i segnali e cerchi un modo per comprendere ciò che c’è sotto. È un passaggio importante: non ridurre tutto a “disobbedienza” o “cattivo carattere”, ma interrogarsi su come mai, anche quando uno dei due si lamenta o chiede di fermarsi, l’altro non riesca a modularsi. E su cosa significhi, per entrambi, “giocare” o “provocare”.
A volte, dietro quelle che sembrano semplici reazioni impulsive, ci sono emozioni più complesse che faticano a trovare espressione. E può darsi che la gestualità, il corpo, diventino un modo – magari poco consapevole – per esprimere qualcosa che non si sa ancora dire a parole.
Anche il tuo sentirti frustrata – l’urlare, il mettere in punizione, l’idea di non riuscire a incidere davvero – è comprensibile. E forse porta con sé la fatica di essere genitori in un tempo in cui tutto corre, e la sensazione di “non bastare mai”.
A volte serve proprio questo: poter raccontare quello che accade senza sentirsi giudicati, né come genitori né come figli. Forse, nel tempo, troverete insieme un modo per riconoscere ciò che fa bene e ciò che ferisce, anche nei momenti più confusi. Intanto, hai già fatto qualcosa di importante: fermarti, osservare e chiederti cosa c’è in gioco.
Resto a disposizione,
un caro saluto.