Per loro è normale, per me è panico: vivere con la paura di spostarsi

MARCUS

Ieri stavo parlando con alcuni amici a tavola e mi sono reso conto di quanto fossi bambino. Ho 28 anni e soffro di ansia e attacchi di panico da quando ne avevo 18. Al momento non riesco a guidare nel traffico né a uscire dalla mia città, quindi prendere un autobus, un treno o un aereo mi sembra completamente impossibile, attualmente.
Eppure vivo una vita relativamente normale: vado in palestra, mangio sano, vado in bicicletta, esco con gli amici, ho un lavoro e, ogni tanto, esco con qualcuno per qualche appuntamento.
Ma quando sento persone, come i miei amici o chiunque altro, parlare di prendere con nonchalance autobus, metropolitana, taxi, aerei per spostarsi, mi sento completamente perso. Per loro è come bere un bicchiere d'acqua. Per me è una spirale di panico in piena regola.
La cosa con cui ho più difficoltà è non sapere "come muovermi". Se devo andare da qualche parte fuori città, mi blocco.
Non ho la "paura di guidare", ma ho attacchi di panico in macchina appena mi trovo su strade sconosciute e perdo completamente l'orientamento — figuriamoci solo immaginare di poter stare in paesi stranieri e sapermi muovere lì... oppure quando c'è traffico e rimango bloccato.
Ma... non voglio più vivere così. Vorrei trasformare questa debolezza in forza.
Pensavo di accompagnarmi alle persone giuste, che attualmente potrebbero insegnarmi la loro sicurezza in merito agli "spostamenti" e "come muoversi", quindi non è solo una questione di trovare uno psicologo adatto, ma anche delle persone che potrebbero "influenzarmi" in questo campo.
Perché mi è successo questo? Per via della genetica o dell'educazione ricevuta dai miei genitori?
Qual è la soluzione?

9 risposte degli esperti per questa domanda

Ciao Marcus, Hai messo in parole una verità che chi vive con l’ansia spesso si porta dentro senza riuscire a comunicarla. Gli altri sembrano muoversi nel mondo con leggerezza, mentre tu sei lì a combattere un temporale interno anche solo per immaginare di prendere un treno. Questo non ti rende “infantile”, come dici tu. Ti rende umano. E soprattutto, ti rende consapevole. E la consapevolezza è l’inizio della trasformazione.

Ci sono due grandi componenti che influenzano l’ansia e il panico:

  1. Biologia / Genetica: Alcune persone sono più predisposte, hanno un sistema nervoso più “reattivo”, o una chimica cerebrale che tende ad amplificare la risposta di paura.

  2. Esperienze / Educazione: Se sei cresciuto in un ambiente iperprotettivo, o in una famiglia in cui c'era un alto livello di preoccupazione o rigidità rispetto alla sicurezza, potresti non aver sviluppato sicurezza nel “gestire l’imprevisto” o l’esplorazione autonoma. È come se il tuo cervello avesse imparato che “là fuori” è pericoloso, anche se non c’è un pericolo oggettivo.

  3. Ma ora? Ora sei adulto. E puoi reimparare. Non sarà né facile né veloce, ma è possibile. E già lo stai facendo: Hai un lavoro. Esci con gli amici. Ti prendi cura del tuo corpo. Desideri andare oltre. Questo è il tuo terreno fertile. Non c'è una soluzione, ma c'è un percorso. Contatta uno psicologo, inoltre ci sono forum, gruppi Telegram o incontri in presenza con persone che vivono la tua stessa esperienza. Non sei solo. Parlare con chi capisce davvero può essere una spinta enorme.

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Massa-Carrara

La Dott.ssa Antonella Bellanzon offre supporto psicologico anche online

Grazie Marcus per aver condiviso con me la tua esperienza, non è affatto semplice parlarne. Se vuoi, possiamo provare insieme a lavorare su questa paura e a trovare modi concreti per affrontarla passo dopo passo.

Un percorso graduale, basato su tecniche di rilassamento, esposizione controllata e ristrutturazione dei pensieri, può aiutarti a gestire l’ansia nei momenti critici. Possiamo anche esplorare insieme le emozioni e le convinzioni legate a queste difficoltà, per comprenderle e trasformarle.

Inoltre, coinvolgere persone di fiducia che possano accompagnarti negli spostamenti o farti da “modello” in situazioni che temi può essere un supporto importante per rinforzare la tua sicurezza.

Non sei solo in questo, e con il giusto aiuto è possibile trasformare questa difficoltà in una risorsa e tornare a vivere la tua vita con maggiore libertà.

Dott. Filippo Arnoldi

Dott. Filippo Arnoldi

Bergamo

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Salve il problema e' quando si esce dalla propria zona di confort, quando si vede certe cose o situazioni più grandi di quanto in realtà lo sono. Sicuramente ci sono motivazioni a monte su cui si potrebbe lavorare. Se vuole mi può contattare telefonicamente per prendere un appuntamento

Dott.ssa Serena Ronzullo

Dott.ssa Serena Ronzullo

Napoli

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Buongiorno,

grazie per aver condiviso con tanta sincerità quello che stai vivendo. 
Il tuo desiderio di trasformare questa difficoltà in una risorsa è un segnale importante: c’è già dentro di te una parte che vuole cambiare e trovare nuove strade.

Resto a disposizione, anche online

Dott.ssa Elisabetta Petrini

Dott.ssa Elisabetta Petrini

Dott.ssa Elisabetta Petrini

Macerata

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Grazie per aver condiviso la tua esperienza con tanta lucidità e sincerità. Le parole che hai scritto raccontano non solo la difficoltà, ma anche qualcosa di prezioso: la voglia di cambiare, di non arrendersi. E questo, clinicamente parlando, è uno degli indicatori più importanti per il successo di un percorso terapeutico.

Il tuo racconto descrive un quadro molto coerente con quello che in psicologia chiamiamo disturbo di panico con agorafobia.

Non è solo la paura del traffico o dei mezzi pubblici, ma piuttosto la paura della paura stessa: quella sensazione di perdere il controllo in un contesto in cui ti sembra impossibile “uscirne” o ricevere aiuto. Per questo, le strade sconosciute, i treni, gli aeroporti, diventano più che semplici luoghi: diventano minacce percepite.
 

Il tuo corpo ha imparato ad associare il movimento e l’incertezza a un pericolo, anche se la tua parte razionale sa che non c’è alcun pericolo reale. È come se la tua mente sapesse leggere la mappa, ma il tuo sistema nervoso continuasse a tremare all’idea di attraversarla.

Perché succede?

Non c’è una sola risposta. Spesso c’è una predisposizione biologica (più sensibilità allo stress, al controllo, alla vigilanza), a cui si sommano esperienze personali e modelli familiari. Genitori ansiosi o iperprotettivi, per esempio, possono aver trasmesso implicitamente l’idea che il mondo sia un luogo insidioso da cui difendersi, non da esplorare.

Ma la buona notizia è che, anche se queste connessioni sono state apprese, possono essere disimparate e riscritte.

Con gli strumenti giusti.

Cosa funziona davvero?

1. Un lavoro specifico sull’ansia anticipatoria e sui pensieri catastrofici che si attivano quando ti sposti. In particolare, la terapia breve strategica, la terapia cognitivo-comportamentale e gli approcci ipnotici moderni (come l’ipnosi ericksoniana) hanno dimostrato grande efficacia.

2. Tecniche di esposizione graduale: non si tratta di “buttarsi”, ma di riavvicinarsi in modo controllato a quelle situazioni che oggi ti fanno paura. Un passo alla volta, con strategie pratiche per gestire i sintomi e ridurre l’evitamento.

3. Esperienze correttive, anche relazionali: hai già intuito quanto può essere utile accompagnarsi a persone che ti trasmettano sicurezza. Questo è vero. Ma dev’essere fatto con attenzione: non per “dipendere” da qualcuno, ma per reimparare a muoverti sentendoti protetto ma autonomo.

4. Ristrutturazione dell’identità ansiosa: smettere di raccontarti come “quello che non ce la fa” e cominciare a vederti come una persona che sta imparando. Questo è uno dei passaggi clinicamente più importanti. 

Se ti va, possiamo conoscerci in una breve call gratuita, senza impegno, per capire insieme se e come iniziare un percorso su misura per te.

A volte, anche solo iniziare a parlarne nel modo giusto… è già un primo movimento verso la libertà.

Dott. Umberto De Marco

Dott. Umberto De Marco

Napoli

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Gentile Marcus, quello che sta vivendo è molto più comune di quanto immagina, e non ha nulla a che vedere con “essere bambino” o debole. Gli attacchi di panico legati agli spostamenti sono un modo con cui l’ansia si manifesta, spesso legata a un bisogno profondo di controllo e sicurezza. Le cause possono essere molteplici: predisposizione personale, ambiente familiare, esperienze vissute. Ma il punto oggi non è tanto “perché è successo”, ma come può uscirne. L’idea di accompagnarsi a persone che la aiutino a sentirsi più sicuro è utile, ma non sufficiente. Serve lavorare in modo strutturato su questi meccanismi: un percorso psicologico mirato può aiutarla a trasformare gradualmente la paura in fiducia, senza evitare le situazioni, ma affrontandole in modo guidato. La buona notizia è che da questo si può uscire, ma serve tempo, costanza e il supporto giusto.

Un caro saluto,
Dott. Pasquale Saviano – Psicologo Psicoterapeuta

Dott. Pasquale Saviano

Dott. Pasquale Saviano

Napoli

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Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

Dott. Francesco Damiano Logiudice

Dott. Francesco Damiano Logiudice

Roma

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C’è un passaggio del tuo racconto che colpisce particolarmente: “per loro è come bere un bicchiere d’acqua. Per me è panico”.

Questa frase, così semplice e potente, descrive perfettamente quanto possa essere invisibile la fatica psicologica a chi non la vive — e quanto, invece, per chi ne fa esperienza, anche un gesto quotidiano possa diventare una scalata.

Quello che racconti è tutt’altro che un segno di “infantilismo”: è il frutto di una battaglia silenziosa che stai affrontando da anni, cercando di vivere una vita piena nonostante le limitazioni. E già questa è una forma di forza, non di debolezza.

L’ansia legata agli spostamenti — in particolare il timore di perdere il controllo, disorientarsi, non avere vie di fuga — è qualcosa che in psicoterapia si incontra spesso. Ha a che fare con il senso di sicurezza interno, con la fiducia nel potersi orientare non solo nello spazio, ma anche dentro sé stessi. A volte, questo senso si costruisce con lentezza, specialmente se nell’infanzia si è sperimentata insicurezza, ipercontrollo, o paura dell’ignoto. Ma si può costruire.

Hai già una cosa molto preziosa: consapevolezza e desiderio di cambiamento. E questo è un punto di partenza concreto. La tua idea di cercare non solo uno psicologo, ma anche persone che possano aiutarti “con la loro sicurezza”, è una strategia potente. Nelle relazioni sicure si impara. Si può assorbire il senso di orientamento anche dall’altro, almeno all’inizio.

Nel lavoro terapeutico, si può esplorare la storia di questa paura, i significati che porta con sé, e allo stesso tempo costruire — con piccoli passi — esperienze nuove e positive di movimento, di autonomia, di esplorazione. Non per dimostrare qualcosa, ma per sentirti sempre più libero di scegliere dove andare, dentro e fuori di te.

A volte non si tratta di trovare subito la soluzione, ma di iniziare a muoversi in direzione del proprio desiderio. Il tuo lo hai già nominato: “non voglio più vivere così”.

Questo può già essere l’inizio del cambiamento.

Un caro saluto.

Ottavio Ragozzino

Grazie per aver condiviso con tanta lucidità e sincerità.
Quello che descrivi è molto comune in chi vive una forma di ansia anticipatoria legata agli spostamenti, e non ha nulla a che vedere con l’immaturità o l’essere "bambino". È una manifestazione di ipervigilanza e paura della perdita di controllo, spesso legata a esperienze passate (con o senza episodi traumatici precisi), a una predisposizione ansiosa, oppure a uno stile educativo in cui magari mancava la spinta a esplorare il mondo in autonomia.

Il fatto che tu desideri trasformare questa difficoltà in una forza è già un punto di svolta. Cercare persone che ti ispirino sicurezza e uno psicologo esperto in disturbi d’ansia e fobia dei trasporti può aiutarti a costruire passo dopo passo una "mappa sicura del mondo", ampliando gradualmente la tua zona di comfort.

La soluzione non è immediata, ma esiste: un lavoro psicologico graduale e personalizzato, che ti aiuti a comprendere come questa paura si è costruita nel tempo, e soprattutto a riprendere il controllo, passo dopo passo, su ciò che oggi ti blocca.
Se vuoi, possiamo parlarne insieme in un percorso mirato, che integri comprensione, strategie pratiche e – perché no – anche la costruzione di alleanze sane con persone che possano incoraggiarti senza giudizio.

Dott. Alessio Gennaro Miele

Dott. Alessio Gennaro Miele

Napoli

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