Cosa sono gli attacchi di panico

Chi soffre o ha sofferto anche solo una volta di attacchi di panico sa quanto angoscianti siano i sintomi con cui si manifestano.
Di solito iniziano con un formicolio diffuso,all’improvviso gambe e braccia si irrigidiscono,il respiro si fa affannoso, compaiono dolori al petto,la testa incomincia a girare mentre la nausea aumenta,compare sudorazione,senso di soffocamento e si perde la sensibilità al tatto.

A questi sintomi fisici si associa una sensazione di terrore e,spesso,di morte imminente.
Chi ne soffre frequentemente sviluppa un’ “ansia anticipatoria”, cioè continua a pensare a quando e come verrà il prossimo attacco, al punto da ridurre la propria vita di relazione nel timore che l’attacco lo colga lontano da casa o dall’ospedale.

L’intensità e la durata dell’attacco possono variare, ma il più delle volte si ha davvero bisogno di soccorso perché il DAP (Disturbo da Attacco di Panico)è invalidante pur non lasciando danni organici. Forse è per questo che spesso viene affrontato sbrigativamente (“non è nulla, è solo un attacco di panico”) provocando in chi ne soffre sensazione di colpa e vergogna, come se questi sintomi fossero un capriccio o il segno di una debolezza da nascondere.

In realtà il DAP è un importante campanello d’allarme che va ascoltato con attenzione:rivela,attraverso il corpo,una grande sofferenza interiore,spesso non riconosciuta.
E’ come se la mente dicesse :“hai così paura a guardare i tuoi problemi che preferisci fare lo struzzo?non vuoi proprio affrontare i tuoi conflitti e risolverli?bene, adesso ci penso io a fartelo fare”. Infatti nella nostra cultura è più facile prendere in considerazione i problemi del corpo che quelli della psiche.
Perciò il DAP può diventare una grande occasione per affrontare alla radice problemi e conflitti che magari si trascinano da tempo,purché lo si sappia interpretare nel modo corretto e purché la terapia sia orientata in questa direzione.

Di fronte ad un attacco di panico è assolutamente necessario,come primo intervento,ricorrere a farmaci ansiolitici specifici, quali alprazolam,che vanno assunti anche nelle settimane successive; efficaci sul medio e lungo termine sono invece alcuni inibitori della ricaptazione della serotonina(SSRI).
Essi permettono la remissione dei sintomi e prevengono la loro comparsa, perciò sono un fondamentale aiuto .

Non sono però in grado di agire sulle cause, perché esse riguardano un ambito dove i farmaci non possono più di tanto, cioè l’organizzazione delle emozioni,la fiducia in se stessi,la vita di relazione,la progettualità,la coerenza tra ciò che si è e ciò che si fa. Ho definito il DAP un campanello d’allarme.
Se foste al cinema e suonasse il campanello d’allarme incendio, sareste contenti se il gestore si limitasse a spegnere la sirena?
Credo proprio di no.

Vorreste innanzi tutto uscire dal locale, poi che l’incendio venisse spento, infine che si aprisse un’inchiesta per conoscere le cause, in modo da evitare un nuovo incendio.
Usare solo i farmaci è come spegnere l’incendio senza poi mettere l’impianto elettrico a norma.

Quali sono le più frequenti cause di DAP?
Sicuramente un conflitto con la propria “immagine interna”,amplificato da fattori ambientali e da dinamiche familiari o lavorative destabilizzanti.
Spesso si innesta su una vulnerabilità neurofisiologica predisponente e nasce come risposta ad una separazione,un lutto,un trasloco,o altre situazioni in cui la perdita dei punti di riferimento è così drammatica da rendere inadeguate le normali risorse di personalità e da far percepire una sorta di frammentazione di sé.

La psicoterapia ha lo scopo di ristrutturare i normali sistemi difensivi intrapsichici, ri-armonizzando tra loro emozioni e pensieri, paure e progetti, fiducia e tolleranza alle frustrazioni, consapevolezza di sé ed esame di realtà.
Non è un percorso facile perché consiste nell’aprire le “porte segrete” che danno accesso alle parti più nascoste della propria affettività, quelle parti che spesso non si vogliono vedere perché rinnovano antichi dolori; nel ridare voce a quel “bambino interno” spaventato che non osa rivelare la paura di essere abbandonato; nel ritrovare la propria creatività lungo nuove vie relazionali e progettuali.

Percorso non facile: è comprensibile che molti preferiscano limitarsi a trattare il sintomo, ma se si decide di intraprendere questa ricerca nelle proprie parti nascoste, allora un sintomo intollerabile quale è l’attacco di panico può trasformarsi in una grande opportunità di cambiamento.

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