Io temo che gli altri mi scoprano. Cosa posso fare?

alina

Salve! Sono Alina. Il mio problema è un sospetto riguardo ad un disturbo di personalità da cui forse sono affetta. Negli ultimi tempi ci sto pensando molto e sono quasi rassegnata a vedermi sotto questa luce, di conseguenza anche la mia vita ne risente. Cerco di spiegarvi in cosa consistono le mie preoccupazioni. Ho sempre pensato di essere “normale“ e di non avere particolari problemi; vivevo la vita così, senza pormi domande, cercando di causare il minor numero possibile di problemi ai miei cari; quindi sono sempre stata brava a scuola, non ho combinato casini, me ne stavo in disparte dalle situazioni conflittuali. Per quanto riguarda le amicizie, anche da quelle mi sono tenuta in un certo senso in disparte, non ho investito molto diciamo...vedendola con gli occhi di adesso, ho costruito amicizie piuttosto superficiali in cui io conosco molto degli altri, ma gli altri sanno poco di me. In realtà, io temo che gli altri mi scoprano...ho paura che l'idea che si sono fatti di me non corrisponda a ciò che veramente sono. Comunque tutti questi pensieri su miei probabili disturbi di personalità sono venuti fuori da un annetto a questa parte quando ho cominciato a riflettere sui miei rapporti con gli altri e quando ho avuto un periodo di depressione grave dovuto proprio a questi miei pensieri. Dopo che si è presentata una volta, la depressione continua a tornare periodicamente, probabilmente perché non ho risolto il problema che devo risolvere. Inoltre ci sono un sacco di altre cose che mi preoccupano: il fatto che nella mia testa a volte ho fantasie su di me come persona buona, brava e cerco di far sì che anche nella realtà gli altri lo vedano, quindi spesso metto in secondo piano i miei desideri e le mie necessità in favore di quelle degli altri; infatti difficilmente riesco a dire di no alle persone e temo quello che potrebbe essere il loro giudizio nel caso io dicessi di no; poi spesso mi astraggo quando qualcuno mi parla anche se ciò che mi sta dicendo mi interessa, ad un certo punto nella mia testa succede qualcosa, qualche pensiero che mi preoccupa affiora e mi distraggo e quando riprendo il filo di ciò che sta dicendo, mi accorgo di essermi persa un pezzo di discorso e mi incolpo; a volte mi sembra di essere scollegata dagli altri, di non sentire emozioni, persino di non vedere quello che vedono loro; sono molto intimorita dalle persone e spesso mi astengo dal dare qualsiasi giudizio; quando qualcuno mi guarda negli occhi e mi parla non riesco a seguire il discorso. Ci sono altre cose che mi preoccupano. Ho provato a parlare di queste cose con mia madre, ma mi blocco a parlarle di certe cose, me ne vergogno e con gli amici anche. In più mia madre è un tipo molto pragmatico e dice che sono cose secondarie, che dovrei essere più decisa, affermare la mia volontà. P.s. dopo l'episodio della depressione ho avuto degli incontri settimanali con una psicologa, alla quale però non ho parlato di tutte queste mie preoccupazioni, forse perché le ritenevo secondarie...solo che ora sto capendo che mi attanagliano l'esistenza e non sto vivendo come si dovrebbe a causa loro. Spero di essermi spiegata in qualche modo. Grazie.

5 risposte degli esperti per questa domanda

Buongiorno Alina, io ti invito a contattarmi per fissare un incontro e parlare di tutto questo durante un colloquio reale. Chiedere aiuto via web e basta è un pò continuare a non volersi far scoprire nè dagli altri nè soprattutto da te stessa. Perciò credo che se vuoi capire un pò di più la tua situazione per stare meglio dovresti innanzitutto sforzarti ad uscire dal guscio. Pensaci e non farlo da sola! 

Gent:ma Alina,

Nel tuo P.s., e dopo tutte le tue parole, tu stessa trovi la via della soluzione. Il che significa: un bisogno introspettivo, che per esempio si concretizza nella lettera che ci hai mandato, ti accompagna, nel suo svolgersi, verso la capacità di cambiare il rapporto con te, quindi, e non solo di riflesso, con gli altri. Hai individuato, cioè, il problema, o, poiché non ti conosco, uno dei problemi: in una psicoterapia, occorre "mettersi in gioco", non fare né censure né selezioni alle proprie comunicazioni. E sarai ascoltata, accolta. Quindi tu accoglierai il tuo essere, che non avrà più bisogno di rispondere al "dover essere". Il quale potrà non essere più il parametro del tuo esistere. Ti autorizzerai allora ad accogliere la tua propria specificità, individualità, irripetibilità ecc. Quindi, riprendi i tuoi colloqui, dài loro il nome di sedute di psicoterapia, e vivila come un tuo privilegiato momento di autoconoscenza. Immergiti in questo lavoro introspettivo, senza timori. Anzi con il coraggio dell'esploratore. Un caro saluto a te e anche ai luoghi magnifici in cui vivi.

Ciao Alina,

ho letto attentamente la tua lettera. Hai cercato di descrivere con cura alcune delle difficoltà che incontri nella vita quotidiana, segni, secondo te, di un Disturbo di Personalità a cui ti dici rassegnata. Gli elementi riportati sono vari e la tua descrizione, per quanto impegnata, non consente, così com'è, di pervenire alla diagnosi di un disturbo, ammesso che sia possibile ricondurre le tue difficoltà ad un quadro psicopatologico ben preciso. Ai fini della cura, la presenza di un' "etichetta" di per sè è meno rilevante di quello che pensi. Il disagio (che appartenga ad una categoria diagnostica o meno)  va analizzato con rigore scientifico e l'eventuale programma terapeutico costruito in modo assolutamente personalizzato. Inoltre chi fa la mia stessa professione sa bene che è davvero raro incontrare un paziente che rientra perfettamente in una specifica categoria diagnostica. Un mio professore all'Università  scriveva su uno dei suoi libri che siamo unici ed irripetibili. Aveva ragione. Tornando a noi, se le tue personali difficoltà persistono e ti affaticano molto nella vita quotidiana ti suggerisco di rivolgerti ad uno psicoterapeuta. Online sarebbe impossibile raccogliere da te gli elementi necessari per studiare una strategia.  Troverete delle soluzioni, vedrai!!

Gentile Alina, credo che le cause del suo disagio siano da ricercare nella costruzione del senso di sè che lei ha strutturato nella sua storia di vita. Che tipo di attaccamento ha avuto con le figure di riferimento primarie? come mai si è costruita un'immagine di sè "buona" che teme non corrisponda alla realtà? Sarebbe interessante capire a che esigenza rispondeva il dover essere buona e brava. Dalle sua parole sembra proprio che lei abbia sviluppato una visione del mondo dipendente dagli occhi di qualcun altro. E' probabile che anche il senso di sè sia passato attraverso la regola del "come tu mi vuoi" per non incorrere nel rifiuto degli altri. Le radici della paura dell'abbandono sono profonde, cara Alina. Le consiglio di parlarne con la collega che la segue per la depressione. Spesso i sintomi depressivi vanno a coprire una rabbia inespressa che si traduce in disorientamento e perdita di slancio vitale. Da come scrive mi sembra una persona ricca di risorse, le sfrutti per volersi bene, anche gli altri gliene vorranno, anche se avrà imparato a dire qualche NO!:

Gentile Alina, nella vita dobbiamo liberarci dalle autodefinizioni perchè limitano di molto la nostra vita, irretendoci in un modello che quasi sempre è limitato e parziale. Quello che conta è trovare la propria strada, la propria direzione, il proprio modo di essere, perchè solo mettendo in scena noi stessi potremo sentirci davvero appagati. E quando avremo trovato noi stessi sicuramente non avremo più bisogno di chiederci se quel modo di fare è giusto, se è sbagliato, smetteremo di mettere avanti costantemente i bisogni degli altri rispetto ai nostri e a preoccuparci del giudizio altrui. Se stai già seguendo un percorso psicologico ben venga, altrimenti ti suggerirei di iniziarne uno, ma che sia un percorso mirato a scoprire che sei nella tua autenticità e non in base a modello preimpostati