Ciao Denisa, quello che racconti è molto delicato, doloroso e — soprattutto — grave. Le tue domande sono più che legittime, e la tua capacità di raccontare con chiarezza sia gli episodi recenti che uno avvenuto in adolescenza dimostra lucidità e consapevolezza. Provo a risponderti con rispetto e onestà. La risposta più probabile è che il problema non sei tu, ma lui.
Una persona che ha commesso un gesto molestamente invasivo — come quello che descrivi — e che è stata smascherata davanti a tutti, spesso prova rabbia, vergogna e frustrazione, ma non se ne assume la responsabilità. Allora può accadere che sposti quella tensione su chi gli ha ricordato il proprio comportamento, ovvero su di te. Invece di chiedere scusa, affrontare ciò che ha fatto, cerca di "punire" te per esistere, per essere lì, per ricordargli implicitamente chi è. In sostanza: tu sei diventata un bersaglio perché rappresenti qualcosa che lui vuole cancellare o controllare. Attaccarti sul corpo, sulle scelte di vita, sulla maternità non ha nulla a che fare con te: è un modo per cercare di svalutarti, abbassarti, toglierti potere. Perché? Perché una persona che ti ha aggredita e che non riesce a controllarti emotivamente, spesso cerca di farlo con la violenza verbale o simbolica. Tu non rispondi, non lo cerchi, non lo consideri. Questa tua forza silenziosa — anche se dolorosa — può farlo sentire ancora più frustrato. Per chi ha bisogno di dominare gli altri per sentirsi forte, l’indifferenza è insopportabile. Ma soprattutto: quello che ha fatto da adolescente non è stato un episodio qualunque. È stata una molestia sessuale. Non è normale, non è "uno scherzo", non è un incidente. È un atto grave. E che tua madre l’abbia affrontato apertamente dimostra che anche lei ha riconosciuto subito la gravità della cosa. Anche se da allora gli attacchi sono "solo verbali", il legame tra quella violenza e il suo comportamento attuale è evidente. Probabilmente, continuare ad attaccarti è per lui un modo di ribadire un potere malato che ha cercato di avere su di te, e che tu non gli hai mai concesso. Smetti di chiederti cosa c’è che non va in te.
Non sei tu a provocarlo. Non c'è nulla che giustifichi i suoi attacchi. E il tuo silenzio in segno di rispetto (durante il lutto) non è debolezza, ma dignità. Se possibile, evita il contatto con lui. Se ci sono occasioni familiari inevitabili, cerca alleati (tuo marito, tua madre) che ti stiano vicino. Nessuno dovrebbe affrontare da sola un contesto ostile, soprattutto quando c’è una storia pregressa. Parlane con un terapeuta.
A volte, elaborare eventi come quello dell’adolescenza richiede uno spazio sicuro, professionale. Non tanto perché tu abbia un problema, ma perché meriti di lasciare andare quel peso, e vivere senza sentirti attaccata, in colpa o sotto osservazione. Denisa, hai fatto già qualcosa di coraggioso: hai dato voce a questa storia.
E nessuno ha il diritto di farti sentire sbagliata. Hai il diritto di mettere confini, di proteggerti, e di guarire.
Dott.ssa Antonella Bellanzon