1. Il paradosso della previsione: pagare ora per un rischio futuro
Immaginiamo due persone:
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Giorgia, 49 anni, libera professionista, ha appena stipulato una polizza sanitaria da 2.300 euro annui. Non ha mai avuto problemi di salute, ma racconta di dormire meglio da quando “sa di avere una rete sotto di sé”.
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Luca, 51 anni, dipendente pubblico, ha sempre rifiutato ogni copertura assicurativa integrativa. “Sono soldi buttati,” dice, “quando e se accadrà, mi arrangerò.”
In realtà, non stanno solo prendendo decisioni diverse. Stanno dando forma a due visioni del mondo.
Come ci ricorda Slovic (2020), la percezione del rischio non è basata su probabilità oggettive, ma su fattori affettivi e culturali. L’assicurazione, in questo senso, diventa uno specchio psichico: riflette il nostro stile di attaccamento, il rapporto con la perdita, e il senso che attribuiamo al futuro.
2. Il cervello non ragiona in probabilità, ma in immagini
Le neuroscienze affettive mostrano che le persone prendono decisioni future attivando immagini visive, narrative o corporee del possibile evento negativo. In un esperimento (Charpentier et al., 2022), i partecipanti che visualizzavano vividamente uno scenario di malattia erano più propensi a scegliere un’assicurazione, anche se il rischio statistico era basso.
Ciò suggerisce che l'immaginazione emotiva pesa più del calcolo. Questo meccanismo è noto come affect heuristic e implica che le emozioni guidano la stima del rischio (Loewenstein et al., 2021).
3. La filosofia dell’assicurazione: la vulnerabilità come scelta
Da un punto di vista filosofico-esistenziale, la decisione di assicurarsi può essere interpretata come un gesto ambivalente: un modo per controllare l’incertezza, ma anche per riconoscerla come parte costitutiva della vita.
Secondo Kierkegaard (1844), l’angoscia è il segno dell’apertura dell’essere umano al possibile. Assicurarsi può essere letto come una forma di mediazione: “accetto la mia vulnerabilità, ma ne regolo gli effetti”. È un atto di consapevolezza, non di illusione.
Chi rifiuta ogni forma di protezione, invece, può oscillare tra due poli:
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Rifiuto difensivo: negazione dell’ansia attraverso un’illusione di invulnerabilità (“a me non capiterà”).
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Affermazione radicale della libertà: rifiuto del sistema assicurativo in nome di una visione più spartana dell’esistenza.
4. Psicologia sociale e cultura del rischio
Studi cross-culturali (Hofstede et al., 2021) dimostrano che le società più individualiste e orientate alla performance, come quelle anglosassoni, tendono a sottoscrivere più polizze assicurative private rispetto a culture comunitarie o fataliste. La decisione individuale, dunque, non è mai completamente privata: è immersa in una cultura del rischio e del futuro.
5. Case study clinico
Silvia, 58 anni, avvocata.
Dopo aver ricevuto una diagnosi oncologica lieve e risolta con intervento precoce, Silvia inizia un percorso psicologico. Durante il percorso, emergono forti sentimenti di colpa verso se stessa: “Perché non mi sono mai assicurata? Avrei potuto avere una stanza migliore, meno ansia per i costi… Ho sempre rimandato.”
Nel lavoro terapeutico si scopre che il rifiuto dell’assicurazione era legato a uno schema familiare: genitori fatalisti, cultura del sacrificio e convinzione profonda che prendersi cura di sé fosse “egoismo”. L’assicurazione, simbolicamente, rappresentava un gesto di auto-rispetto non concesso.
6. Implicazioni terapeutiche e riflessive
Nel lavoro psicologico, la questione della protezione finanziaria può essere affrontata come una porta d’ingresso a contenuti profondi:
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Quanto ci sentiamo legittimati a proteggerci?
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Quanto riusciamo a investire su un futuro che non vediamo?
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Quanto la paura del danno è regolata, negata o amplificata?
Proporre una riflessione sull’assicurazione non significa fare consulenza finanziaria, ma interrogare la posizione esistenziale del paziente rispetto al tempo, al corpo e alla responsabilità.
Conclusione
In definitiva, assicurarsi non è mai solo una scelta economica. È un atto di fiducia, o sfiducia, verso il futuro, un gesto narrativo con cui ci raccontiamo chi siamo e cosa meritiamo. È un modo per dire, in silenzio: mi prendo cura di me, anche se non so cosa verrà. Oppure, al contrario: resisto alla fragilità con la forza del presente.
In entrambi i casi, c'è molto più di una firma in fondo a un contratto. C'è una visione del mondo.
Bibliografia
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Berns, G. S., Moore, S. E., & Capra, C. M. (2021). Temporal discounting and the neural representation of future selves. Nature Human Behaviour, 5(3), 332–340.
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Charpentier, C. J., Bromberg-Martin, E. S., & Sharot, T. (2022). The brain and anticipatory emotions in decision making. Trends in Cognitive Sciences, 26(1), 18–29.
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D’Argembeau, A. (2020). Self and future: The neurocognitive architecture of future-oriented thought. Frontiers in Psychology, 11, 607476.
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Gillath, O., Karantzas, G. C., & Fraley, R. C. (2022). Attachment theory and research: New directions and emerging themes. Academic Press.
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Hofstede, G., Minkov, M., & Hofstede, G. J. (2021). Cultures and Organizations: Software of the Mind. McGraw-Hill.
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Kierkegaard, S. (1844). Il concetto di angoscia.
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Loewenstein, G., Rick, S., & Cohen, J. D. (2021). Neuroeconomics: How neuroscience can inform economics. Journal of Economic Literature, 59(1), 1–46.
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Slovic, P. (2020). The perception of risk. Routledge.
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Peters, G. J. Y., McEwen, B. S., & Wager, T. D. (2020). Emotion regulation and prediction of future events: A neurobiological perspective. Nature Reviews Neuroscience, 21, 483–495.
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