La doppia competizione: con gli altri e con se stesse

Essere donna oggi significa vivere in uno stato di competizione continuo, non solo con gli altri, ma anche e soprattutto con se stesse. Una competizione che non conosce tregua, che non offre mai una vittoria definitiva e che, troppo spesso, travalica i confini di una sana autovalutazione, trasformandosi in una lotta interna che minaccia il benessere psicologico. La società contemporanea impone un modello di donna che deve essere, al contempo, madre, professionista, partner ideale e, non meno importante, un modello estetico di perfezione. A questo si aggiunge un ulteriore elemento cruciale: la competizione interiore. La donna di oggi non è più soltanto chiamata a confrontarsi con il mondo esterno, ma è costretta a misurarsi con la propria visione di sé, con il desiderio incessante di migliorarsi, di essere sempre di più, di non fermarsi mai.

La competizione con gli altri: un modello da raggiungere

Nel mondo odierno, la competizione tra donne è diventata una sorta di imperativo sociale. La carriera, l’aspetto fisico, le relazioni, il successo professionale e privato sono gli ambiti principali in cui si gioca questa partita. La necessità di dimostrare continuamente il proprio valore, di affermarsi, di essere "all’altezza" delle aspettative sociali e familiari genera una pressione costante che, nei casi più estremi, porta a stress cronico e ansia.

Le donne sono spesso spinte a "essere tutto" e "fare tutto", allontanandosi dalla propria autenticità, influenzate dal bisogno di rispecchiarsi in modelli che non rispecchiano necessariamente la loro realtà quotidiana. La pressione mediatica, amplificata dai social, rende difficile staccarsi da questi modelli, creando una competizione che non è più solo esterna, ma anche interna. La domanda che emerge è: "Quanto devo fare per essere abbastanza?"

La competizione con se stesse: il peso di un ideale irraggiungibile

Tuttavia, la sfida più grande è quella che si gioca all’interno. Non basta più "vincere" contro gli altri; c'è una costante lotta per non fallire rispetto alle proprie aspettative, che sembrano sempre più difficili da soddisfare. La competizione con se stesse è una forma di autocritica che spinge a migliorarsi, a cercare sempre il meglio di sé, ma che può trasformarsi in un'autoesigenza irrealistica e disfunzionale.

Le donne di oggi si confrontano con un ideale che non è mai raggiunto. Una volta conquistato un traguardo, ne arriva subito un altro da superare, e così via, in un circolo vizioso che mina il benessere psicologico. Il risultato è una continua sensazione di inadeguatezza, di non "essere abbastanza", di non meritare ciò che si è raggiunto, sebbene i successi siano evidenti agli occhi di chiunque.

La paura di non essere abbastanza, di non essere abbastanza performanti, alimenta l’insoddisfazione. Un concetto di sé che non è legato a ciò che si è veramente, ma a ciò che si sente di dover essere. Questo atteggiamento non solo può portare a una bassa autostima, ma può anche innescare disturbi psicologici come depressione, ansia e sindrome dell’impostore.

Il pericolo dell’autocritica distruttiva

L’autocritica eccessiva può diventare paralizzante, impedendo alle donne di godere appieno dei propri successi. L'ansia da prestazione, il senso di inadeguatezza e il desiderio di perfezione sono i sintomi di una competizione che non trova mai pace. Ciò che spesso accade è che la donna si ritrova a lottare contro il suo stesso riflesso, cercando di soddisfare aspettative che non sono veramente sue, ma imposte dalla società.

Quando il confine tra desiderio di miglioramento e autocomprensione si sfuma, il rischio è quello di perdere il contatto con il sé autentico, sostituendolo con una versione "idealizzata" che non rispecchia la realtà. Il senso di frustrazione che ne deriva non è solo un aspetto passeggero, ma diventa un elemento destabilizzante che compromette la serenità psicologica.

Come affrontare la doppia competizione: soluzioni pratiche

Imparare a riconoscere i segnali di una competizione malsana è il primo passo per fermare questa spirale. Le donne devono essere in grado di fermarsi, riflettere e riconnettersi con la propria autenticità, senza lasciarsi sopraffare dai modelli esterni. L'approccio psicologico giusto può essere determinante per riequilibrare questa lotta interiore.

Le tecniche di gestione dello stress, il supporto psicologico professionale e la mindfulness sono strumenti efficaci per imparare a gestire le emozioni, trovare il proprio equilibrio e ridurre l'autocritica. Non solo, la consulenza psicologica può aiutare a stabilire confini sani e a sviluppare un rapporto positivo con se stesse, libero dalla schiavitù di un perfezionismo distruttivo.

Rivolgersi a una professionista per affrontare la competizione interiore e comprendere meglio i propri bisogni e limiti, è un passo fondamentale per recuperare il benessere e la serenità psicologica. La psicologia offre le chiavi per decodificare e affrontare questa continua sfida, tornando a vivere in modo autentico e consapevole.

Conclusioni

La competizione, quando sana, può essere un motore di crescita. Tuttavia, la competizione con se stesse, alimentata da modelli esterni spesso irraggiungibili, può trasformarsi in una lotta distruttiva. Riconoscere i segnali di un'autocritica dannosa e chiedere supporto è essenziale per ritrovare un equilibrio mentale e affettivo.

Solo fermandosi e diventando più consapevoli si può imparare a competere in modo sano, rispettando i propri limiti e risorse.

Bibliografia:

  • Lippa, R. A. (2020). The gendered self: Theories, problems, and issues. Sage Publications.

  • Pomerantz, E. M., & Wang, M. (2022). The pursuit of excellence: Adolescent perfectionism and its impact on mental health. Journal of Clinical Psychology, 78(3), 507-519.

  • Morselli, D. (2021). Il corpo e la mente in competizione: come le donne reagiscono alla pressione sociale. Franco Angeli.

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