IPERCONTROLLO E IPOCONDRIA

La terapia corretta è quella cognitivo comportamentale che lavora sul pensiero erroneo allontanando il comportamento maladattivo e rinforzante 

Usando anche tecniche di mindfulness e esercizi di rilassamento potresti migliorare 

Cara Annalisa,

Intanto grazie per aver spiegato la tua sofferenza che immagino essere molto difficile da gestire. Anche se le sensazioni che provi sono molto intense (angoscia, paura ecc...) ti vorrei suggerire una chiave di lettura di ciò che racconti: l'ansia ci dice sempre qualcosa, su di noi, sugli altri e sul contesto che ci circonda. Quando qualcosa ci preoccupa/ non ci piace/ non ci va bene, il nostro corpo ci mette in uno stato di allerta per dirci "stai attento/a": insomma, ci prepara al peggio. A volte per cercare di controllare qualcosa della nostra vita che non riusciamo a gestire, proviamo a farlo proprio attraverso il nostro corpo, controllando lui che lo abbiamo a "portata di mano" ed è quindi più semplice. Prova a farti queste domande: cosa c'è nella mia vita che non riesco a controllare? Perché ho bisogno di controllare qualcosa?. Spero di esserti stata d'aiuto. Ti auguro il meglio e resto a tua disposizione.

Dott.ssa Ilaria Sinibaldi 

Psicologa Clinica 

Ricevo in presenza a Roma e Online (Italia e Estero)

Buonasera Annalisa, 

avere consapevolezza di vivere in maniera eccessiva tali preoccupazioni infondate, è già un buon indice di autocritica fondamentale per un futuro percorso psicologico.

Chiaramente per cercare di risolvere tale pesante situazione, non basta una risposta scritta che, essendo troppo generica, non andrebbe a capire i motivi profondi per cui si è creata sua specifica condizione psicologica.

Se lo ritiene opportuno, potremmo fissare un appuntamento presso il mio studio sito in Via Svizzera 12 a Palermo.

Dott.ssa Virginia Montinaro 

Psicologa Clinica 

Buonasera Annalisa,

dare conforto a un vissuto così potente non è una cosa facile. Potrei rassicurarla sul fatto che l'Ipocondria è un disturbo che non ha, praticamente, riscontro nella realtà, ovverosia il suo timore di ogni genere di malattia  sarebbe presto confutato da qualsiasi indagine medica ma, probabilmente, questo lei lo sa già. Probabilmente saprà già anche che una delle caratteristiche dell'ansia patologica è quella di essere irrazionale e, per questo, difficile da gestire, perché non si basa su dati di realtà, ma su timori che originano dal nostro mondo interno.

Mentre leggevo il suo fiume di paure pensavo alla mancanza di un argine, a un corso d'acqua accelerato che non incontra sul suo cammino nulla che lo freni o lo rallenti, come se lei avesse perso il controllo su ciò che accade e non potesse farci nulla, e mi sono chiesta quanta solitudine possa esserci in lei, se ha qualcuno accanto, in famiglia, tra gli amici, che sia un punto fermo e un luogo caldo in cui riposare. Perché la paura si vince col calore prima che con il coraggio. E' quando amiamo e siamo amati, quando sentiamo di avere un posto sicuro dentro e fuori di noi che possiamo affrontare i terrori della vita. Tutti i nostri problemi hanno sempre origine in questa sfera, tutto il dolore che proviamo, le disarmonie, le incapacitazioni, hanno origine in un nucleo freddo in cui l'amore per noi stessi non è arrivato.

Fare l'analisi di dove originano le sue paure non è possibile in questa sede, ma vorrei dirle che da qualunque parte esse arrivino e per quanto possano sovrastarla e spaventarla c'è sempre la possibilità di un respiro da prendere, sempre uno spazio di vita da abbracciare per agguantare un po' di pace. Don Pino Puglisi diceva che chi nasce all'inferno deve fare esperienza di un pezzo di paradiso per credere che sia dell'altro. Io non conosco la sua storia, non so se quest'ansia di cui parla sia arrivata adesso o sia cresciuta con lei da sempre, posso dirle però che l'inferno si può attraversare e superare, prima di tutto con la speranza, poi con l'ascolto dei propri sogni e delle proprie necessità che troppo spesso maltrattiamo o disconosciamo. Sono convinta che il cambiamento inizi sempre quando decidiamo che siamo troppo stanchi per ascoltare il male che ci parla e decidiamo di non farlo più, quando decidiamo di investire sul bene che possediamo e che dobbiamo darci. "Darci del bene" significa darci da mangiare cose buone per la mente e per il cuore, significa alimentare quella parte di noi in cui risiede la vita e che ci invita a prendere il volo, abbandonando la "sopravvivenza"  per sentire questa vita in pienezza, Questa è una possibilità aperta a tutti, un naturale aspetto dell'animo umano che spesso dimentichiamo.

Le suggerisco alcuni spunti su cui riflettere, se vorrà:

• Faccia il punto della situazione: ho chiaro chi sono, cosa voglio, dove sto andando?
• La mia vita è quella che ho sempre desiderato che fosse?
• A cosa mi sento chiamata? Cosa mi soddisfa? Dove trovo pace?

Coraggio, Annalisa, la nostra oscurità la vinciamo facendo entrare in noi la luce.

Dott.ssa Claudia Moceo

Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.

Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.

Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.

Resto a disposizione, anche online.

Cordialmente, dott FDL

Buonasera sono la dottoressa Loredana Pizzuto, ho letto la sua email: un grido di aiuto che non riesce ad essere ascoltato soprattutto da lei stessa. È come se lei si trovasse presa da qualcosa che la paralizza da cui non riesce a liberarsi, questa morsa paralizzante che le impedisce di chiedere aiuto concretamente, è quello che sento,  mentre la sua domanda è come faccio a liberarmi dalle mie ossessioni e trovo la forza di agire concretamente per essere aiutata? Da psicoterapeuta posso dirle che per aiutarla sarebbe necessario sapere se segue una terapia farmacologica per il disturbo ossessivo compulsivo, se è seguita da uno psicologo o almeno se è mai andata in altre fasi della sua vita da una psicologo ed inoltre sarebbe necessario sapere di più su di lei,  in questo momento  posso solo ascoltare il suo grido di aiuto ed esserle vicina empaticamente.