Buongiorno, ho un figlio che oggi ha 33 anni. Dall’età di 17 anni fino ad oggi è stato violento con tutta la nostra famiglia. Durante questo periodo è stato più volte in carcere, sempre per lo stesso reato: violenza e resistenza a pubblico ufficiale.
Uscito dal carcere, sono stato costretto a denunciarlo alle autorità competenti per maltrattamenti nei miei confronti. Nonostante fosse in carcere, l’ho sempre aiutato. Una volta uscito, ha continuato a pretendere soldi con minacce e violenza. Non si è accontentato del fatto che gli avessi procurato una casa dove abitare: pagavo io le bollette, la spesa alimentare, i vestiti, le sigarette e gli davo anche soldi. Voleva addirittura 30.000 euro per “sistemarsi”, nonostante io sia un pensionato.
A seguito di ciò, ho deciso di rivolgermi nuovamente alle autorità, ed è stato arrestato e condannato con sentenza definitiva per maltrattamenti in famiglia. La mia domanda è: come mi devo comportare adesso che è in carcere?
Mi dicono di non cercarlo e di non mandargli nulla, di distaccarmi per la mia salute mentale, considerando che in tutti questi anni ho sempre cercato di aiutarlo, senza che lui sia mai cambiato, continuando ad essere violento con la propria famiglia. Inoltre, ha sempre rifiutato qualsiasi tipo di supporto psicologico.
Grazie.
Caro Gaetano,
la sua storia racconta di moltissima rabbia, paura e tristezza. Non deve essere stato facile e non deve esserlo tutt'ora, quindi vorrei intanto ringraziarla per aver condiviso qui la sua sofferenza.
Non c'è una risposta facile alla sua domanda, così come non vi è un modo semplice e lineare di vedere le cose come stanno.
Con le informazioni che ha condiviso non mi sentirei di dirle altro se non di continuare ad ascoltarsi il più possibile, così come mi sembra abbia fatto in passato; cercare di esplorare quale atteggiamento si confà maggiormente ai suoi bisogni attuali, considerando anche come questi ultimi possano cambiare nel tempo più o meno breve.
Non potendo aiutare suo figlio può cercare di aiutare se stesso, magari proprio con un supporto psicologico. Mi sento di suggerirle una psicoterapia sistemico-relazionale, per andare più a fondo delle sue dinamiche familiari. Questo potrebbe aiutarla a rispondere a tutti quei quesiti sul perché che non hanno ancora trovato soluzione.
Naturalmente rimango a disposizione per qualsiasi necessità.
Un caro saluto,
Dott.ssa Alessandra Papi
Roma
La Dott.ssa Alessandra Papi offre supporto psicologico anche online
Gaetano, le sue parole parlano di un amore profondo, di una sofferenza che si è prolungata per anni, e di un coraggio che non tutti avrebbero avuto: denunciare un figlio violento è una scelta devastante, ma a volte necessaria per sopravvivere, letteralmente.
In base a tutto quello che ha raccontato, il consiglio di distaccarsi è purtroppo fondato, anche se molto difficile da mettere in pratica. Non significa "abbandonare un figlio" per cattiveria, ma proteggere se stessi da una dinamica distruttiva che dura da troppo tempo
Lei è un genitore, ma anche una persona con una vita e una dignità da preservare. La violenza cronica logora il corpo, la mente, il cuore.
Continuare a offrire aiuto a chi risponde con aggressività non è generosità: è una prigione relazionale da cui è legittimo voler uscire. Distaccarsi oggi non è egoismo, è sopravvivenza emotiva.
Ha detto una frase importante: “Ha sempre rifiutato qualsiasi tipo di supporto psicologico”.
Questo è il nodo centrale. Se lui non vuole affrontare i suoi problemi, nessun aiuto sarà mai sufficiente, e la sua disponibilità sarà solo usata, non accolta. Lei non può salvare chi non vuole salvarsi. Decidere di non scrivergli, non mandargli soldi, non mantenere un contatto costante, non significa che non potrà mai più avere una relazione con lui.
Ma finché lui non mostra un cambiamento concreto e sostenuto, qualsiasi apertura rischia di riportarla dentro lo stesso incubo. Se un giorno dovesse chiedere aiuto sincero, con impegno terapeutico o volontà di reinserirsi, allora potrà decidere, liberamente, se e come essere presente.
Dopo anni di maltrattamenti e tensioni, lei ha bisogno di elaborare tutto questo dolore. Un percorso psicologico per lei, magari in un centro antiviolenza o con uno psicoterapeuta esperto in dinamiche familiari tossiche, potrebbe darle strumenti per chiudere davvero questo cerchio, senza sensi di colpa. Chiedere aiuto non è debolezza. È finalmente mettersi al centro della propria vita.
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Massa-Carrara
La Dott.ssa Antonella Bellanzon offre supporto psicologico anche online