Come aiutare mio figlio a socializzare

Maria

Buongiorno,ho 43 anni e sono una mamma di un ragazzo di 14 anni, figlio unico e sono molto preoccupata in quanto da un pò di anni, durante la sua crescita, ho notato, e questo problema esiste ancora oggi, che ha problemi relazionali; non ha amici,si isola e si allontana da chiunque cerca di avvicinarsi a lui; è molto timido; noi frequentiamo da tantissimi anni e precisamente da quando è nato, un gruppo di amici che hanno a loro volta figli della sua età ma, quando siamo tutti insieme, si mette sempre un pò in disparte e noto che fà una grande fatica a star in compagnia, anche se è cresciuto con loro e sembra felicissimo quando gli dico che organizziamo qualcosa per stare insieme; adesso che è grande succede che anche gli altri lo tengono un pò in disparte e penso che questo lo faccia star male,sembra quasi bloccato.Si è allontanato anche dagli amici delle medie, non ha legato con nessuno.E'molto tranquillo come ragazzo ma Ha poca stima di se ,anche se tante volte io e mio marito abbiamo cercato di incoraggiarlo durante la crescita ma forse abbiamo sbagliato in qualcosa e non riesco a capire dove. Ci sto malissimo nel vederlo cosi. Quest'anno è entrato nelle superiori e spesso gli dico di uscire con i suoi nuovi amici di invitarli a casa, ma la situazione non cambia, anzi sembra andar sempre peggio; esce pochissimo; da poco ha iniziato pallavolo,per 5 anni ha frequentato una scuola di danza.La prego di darmi qualche consiglio, come posso aiutarlo a cambiare? La ringrazio è attendo con ansia un suo aiuto.

20 risposte degli esperti per questa domanda

Gentile Maria, mi pare che la situazione di suo figlio la preoccupi non poco. E' difficile dire come mai egli avverta queste difficoltà nel relazionarsi agli altri, ma le consiglierei di prendere in considerazione la possibilità di contattare uno psicoterapeuta che si occupi di età evolutiva. Ovviamente prima di far ciò occorre che lei parli col ragazzo in maniera confidenziale, facendogli qualche domanda, spronandolo a parlare di come si sente. Penso che il primo passo da farsi, infatti, sia quello di comprendere il suo punto di vista (lui che pensa di questa sua difficoltà?), e allo stesso tempo condividere con lui le sue preoccupazioni (dicendogli appunto ciò che ha notato), in modo da iniziare a pensare insieme ad un possibile incontro con uno psicoterapeuta. A 14 anni capita spesso che i ragazzi si trovino a dover fronteggiare delle difficoltà relative alla crescita, dunque è possibile che figlio abbia bisogno solo di essere un pò aiutato in questo processo. Potrebbe iniziare col dirgli questo appunto (o qualcosa del genere), aprendo così un discorso che lo possa far sentire compreso, aiutato e sostenuto in questa sua difficoltà.
Si informi se nella sua zona ci sono associazioni che organizzano gruppi per la promozione delle abilitá sociali. Spesso li organizzano anche le scuole.
Salve Maria, le consiglio di parlare il prima possibile con suo figlio dell'eventualitàdi potervi rivolgere ad un terapeuta per affrontare insieme questa situazione... possono essere tantissime le motivazionidel suo blocco relazionale, e rivolgersi a qualcuno che sia in grado di accogliere la sua sofferenza e le sue problematiche potrebbe essere molto utile...
gentile signora, sarebbe utile sapere quale tipo e qualità di relazione c'è in famiglia. Oltre a sue caratteristiche temperamentali, l'ambiente influisce sulla formazione del carattere, esaltando o depotenziando certe tendenze comportamentali. In questa età c'è anche l'influenza ormanale, per cui sarebbe consigliabile la visita ad uno specialista. Cordialmente
Cara Maria, scrivo spesso che il lavoro delle mamme è quello di preoccuparsi per i figli, intendendo dire con questo che il legame con loro è speciale ed intenso, non si interrompe con la crescita fisica o con il compiere degli anni, fatta questa premessa, leggendo quello che scrive, mi sembra che lei sia una mamma attenta allo sviluppo di suo figlio. So che vorrebbe fare di più, ma se considera l’età del ragazzo, perché dovrebbe pensare a lui come ad un ragazzo, ora, non più come ad un bimbo piccolo, la cosa più importante da fare è testimoniargli che gli volete bene, anche se non ha un carattere estroverso, o non è socialmente brillante. Scegliendo un momento tranquillo della giornata, può chiedere a suo figlio se sente che qualcosa lo preoccupa, ma si prepari all’ascolto di tutte le risposte possibili: potrebbe mentire, dire una verità sapendo che lei non riesce ad ascoltare, tacere, ecc…., cercare di comunicare( e non solo parlare) e ascoltare sinceramente suo figlio, è la cosa più utile per tutti in questo momento. Sulle reazioni di ognuno e sui relativi perché, si aprono molti altri capitoli. Non è facilissimo mettersi nei panni di un adolescente, ma con le dovute cautele e rispettando l’individualità di suo figlio, rientra ancora nei suoi compiti di mamma attenta, vigilare sulla serenità e sullo sviluppo del ragazzo. Distinti saluti.
Buongiorno Sig.ra Maria, comprendo le sue ansie di mamma preoccupata ma, come sa, suo figlio si trova in periodo molto delicato della sua crescita. L'adolescenza è una tappa dello sviluppo molto particolare, tutto viene rimesso in discussione, i ragazzi spesso sono disorientati rispetto a tutti i cambiamenti che li investono e non hanno ancora sviluppato una propria identità, spesso magari sono confusi tra quello che sono, quello che vorrebbero essere, e ancora, quello che gli altri vorrebbero che loro fossero. Insomma non è semplice per loro districarsi in quest'impresa che è poi il passaggio dal bambino all'adulto. Io la inviterei innanzitutto a placare le sue ansie. Vede probabilmente suo figlio si rende conto di non riuscire, come dice anche lei, a relazionarsi con gli altri, ma il suo stato ansioso non fa altro che accentuare questa sua difficoltà e a renderlo ancora più insicuro. Deve seguire i suoi passi da lontano senza invaderlo troppo con le sue preoccupazioni; in fondo da quanto lei dice il ragazzo non rifiuta il rapporto con gli altri ma ha solo un modo suo particolare di relazionarsi che in questo momento non va per forza modificato. Se vorrà sarà lui a scegliere di cambiare o magari a chiederle aiuto ma il suo atteggiamento deve essere di apertura e disponibilità all'ascolto a quelle che sono le reali esigenze di suo figlio. Non lo forzi a fare niente, lo lasci libero di essere sè stesso. Mi faccia sapere...
Sig. Maria, come genitori non possiamo scegliere i figli che vorremmo, e d'altro canto nemmeno i figli si scelgono i genitori che desiderano, ci teniamo quello che abbiamo!!!!!!! Non è detto che la soluziuone sia cambiare lo stile di vita di suo figlio, promuovere a tutti i costi, la sua socialità o invitarlo ad uscire, a frequentare persone. Con un figlio di 14 anni si possono affrontare certi argomenti: chiedetegli cos'è che lo spaventa o lo intimidisce, nelle situazioni sociali, da che cosa si nasconde o a che cosa preferisce non esporsi.... In queste conversazioni, importante è non assumere nei confronti dei ragazzi un atteggiamento di giudizio, qualunque cosa vi dica, lasciatelo parlare e limitatevi ad ascoltare, poi in privata sede, trarrete le vs considerazioni. Se tutto questo non vi permette di capire quali sono i problemi, allora rivolgetevi ad un psicologo/a che tratti, nei suoi interventi, anche gli adolescenti.
Dott.ssa M. Piera Nicoletti

Dott.ssa M. Piera Nicoletti

Pordenone

La Dott.ssa M. Piera Nicoletti offre supporto psicologico anche online

Maria, innanzitutto Le dico che non é proprio il caso che voi genitori vi sentiate in colpa per aver sbagliato qualcosa!! Non avete sbagliato nulla!! Anzi mi sembra che siate genitori presenti ed attenti!! Suo figlio può avere dalla nascita un' "indole piuttosto timida" che con la pubertà e l'adolescenza (con tutti i tumulti fisici e psicologici che intervengono in questo periodo) può essersi accentuata/rinforzata. Da quello che Lei descrive di lui si può ipotizzare che trattasi di problematiche relazionali ma forse andrebbe considerata anche una incipiente forma di "fobia sociale". Il tutto andrebbe verificato con dei colloqui con psicologo/a (benissimo quello della scuola se c'é) e se possibile anche con la somministrazione di qualche test. Nel contempo oltre alla palla a volo potrebbe proporre al ragazzo di frequentare una scuola di recitazione che a volte può sbloccare un'eccessiva timidezza. Le faccio i miei migliori auguri e La saluto cordialmente.
Buongiorno Maria, mi rendo conto dell'apprensione che una mamma può provare nei confronti del figlio quando nota in lui delle diversità e capisco la sua preoccupazione. Parlo di diversità in quanto bisognerebbe per prima cosa cercare di capire lo stato d'animo di suo figlio: lei racconta di vederlo bloccato e di supporre un suo malessere, tuttavia le suggerisco di provare a parlarne con lui, cercare di capire a fondo come si sente e le motivazioni che lo portano ad isolarsi. Può accadere, infatti, che vi siano persone più solitarie di altre, più timide, o comunque più chiuse. Questi tratti caratteriali divengono un problema nel momento in cui creano disagio nella vita della persona interessata e la portano a soffrire. Certo è che a quattordici anni è difficile pensare che un ragazzino fatichi a stare con i suoi coetanei, anche se forzare le cose spesso non è la soluzione migliore. Non coprirlo di ulteriore ansia e parlarne potrebbe fare bene anche a lui e, insieme, potreste valutare la possibilità di iniziare un percorso psicologico che lo aiuti a stare meglio con se stesso e superare le barriere di una timidezza che, forse, sta iniziando a pesare.
Dott.ssa Gloria Baisini

Dott.ssa Gloria Baisini

Brescia

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Cara Maria il bisogno di relazionarci con il mondo esterno, con chi ci circonda, è una vitale necessità di ogni essere umano, ed è comprensibile la tua apprensione per la difficoltà che cogli in tuo figlio. Certamente sarebbe necessario approfondire degli elementi in più che permettano di comprendere la natura di questa difficoltà per poterlo sostenere in modo mirato. Intanto, per poter creare insieme a lui una "collaborazione" potresti avviare un dialogo a livello non verbale, magari passando attraverso le immagini, anche delle foto, ricostruendo insieme le varie tappe della sua crescita personale sino ad oggi, stimolando in lui una riflessione sulle sue relazioni, sulla percezione di sè e del mondo ciscostante. Un caro saluto
Da quanto lei descrive, sembra che suo figlio sia piuttosto timido, ma che la situazione non sia particolarmente grave; non ha riportato problemi scolastici, e riesce a frequentare attività sportive. Credo che potrebbe essere utile capire se per vostro figlio l'avere poche amicizie venga percepito come un problema o meno, se si sente isolato dagli altri oppure no.. Secondariamente per voi sarebbe, forse, opportuno un percorso come genitori, per comprendere le modalità relazionali di vostro figlio. Cordialmente.
Gentile Maria, comincio riflettendo su alcune delle parole che ha scritto: "io e mio marito abbiamo cercato di incoraggiarlo durante la crescita ma forse abbiamo sbagliato in qualcosa e non riesco a capire dove". Mi sento di dirle una frase che sovente mi capita di dire a genitori che, per svariate problematiche coi figli, si chiedono ripetutamente cosa hanno sbagliato: le persone non fanno quello che vogliono, ma quello che possono. Come madre e come padre sono sicura che lei e suo marito avete fatto tutto ciò che era possibile fare per prendervi cura di vostro figlio. Colpevolizzarsi come genitori e ricercare una "falla" nel proprio operato non può che svalutare voi come genitori oltre che allontanarci dal problema che mi sembra riportare come più centrale ossia l' isolamento di suo figlio. Provi quindi prima di tutto a mettere da parte la ricerca del giusto e dello sbagliato nei comportamenti precedenti. Forse non direttamente, ma indirettamente questo potrebbe aiutare a passare al figlio un maggior senso di sicurezza. A 14 anni non si è più bambini ma non si è nemmeno adulti e, altresì, i ragazzi hanno fortemente bisogno di adulti da poter stimare e cui si possano rivolgere per le loro fragilità. Anche se spesso gli adolescenti tendono a non coinvolgere direttamente i genitori nei loro problemi la percezione di un mondo adulto che è lì per loro qualora ne avessero bisogno permette ai ragazzi di partire da questa "base sicura" alla scoperta del mondo. In primo luogo, quindi, cerchi di non vivere la situazione attuale come allarmante, perchè questo potrebbe "allarmare" ancor più il ragazzo. Consideri, inoltre, che l' età di suo figlio fa sì che i giochi siano ancora del tutto aperti. Aggiungo che a volte anche gli adolescenti più irruenti possono ripiegarsi su sé stessi in questa fase della vita. Con questo non voglio affatto sminuire le sue preoccupazioni, per cui se lei ritiene che la sofferenza sia elevata e che tali comportamenti limitino significativamente la vita del ragazzo (o che possano diventare tali) allora il mio consiglio è di cercare di avvicinarsi con delicatezza al ragazzo, facendolo sentire accolto in tutta la sua persona e magari proporgli di fare due chiacchiere con uno psicologo solito a lavorare con gli adolescenti, ma, badi bene, NON "per cambiarlo", bensì per aiutarlo ad essere più sereno e godere al meglio della sua età e della sua quotidianità. Sottolineo quest' ultimo aspetto perchè far passare a un figlio (a una persona in generale) l' idea che debba cambiare potrebbe far percepire la necessità di essere diversi da ciò che si è perchè, per come si è, c' è qualcosa che non va. Porre, invece, l' attenzione sulla possibilità di aiutare il ragazzo per permettergli di vivere meglio mi sembra invece che sottolinei quello che poi è, in fondo, il desiderio più naturale e spontaneo di ogni genitore ossia vedere il proprio figlio felice. Spero di poterle essere stata d' aiuto. Cari saluti a lei e a suo marito,
Gentile signora, la sua forte preoccupazione è molto comprensibile. Il proverbio 'Mal comune, mezzo gaudio' l'aiuta? L'aiuta a sapere che l' adolescenza, la preadolescenza è una fase difficile per TUTTI i genitori? La solitudine fa diventare sensibili e comprendere meglio gli altri a questa età. La tristezza fa pensare e produrre le più belle poesie, gli ideali più puri e di valore. Può aiutarlo facendo attenzione a cosa fa, evitando che si abbandoni dentro internet, rinforzando il suo sostegno a scuola perchè trovi desiderio in quel che fa. Per il resto ha già fatto un bel lavoro facendolo crescere tra adulti e ragazzi che amano passare del tempo insieme. E' in salita, ma la strada è quella giusta! Saluto,
Cara Maria, la prassi più immediata è consultare uno psicoterapeuta dell'età evolutiva evitando le trappole dei sensi di colpa e il timore dei giudizi. Il ragazzo avrebbe la possibilità di accogliere, ridimensinare ed elaborare le paure.Incoraggiatelo a risolvere i problemi e a non scappare facendovi aiutare anche voi attraverso un sostegno alla genitorialità.Gli interveti mirati permettono la soluzione e attivano i processi di autoaiuto. Un caro saluto
Cara signora Maria, certo sembra strano che suo figlio abituato da sempre a frequentare i suoi coetanei anche al di fuori del contesto scolastico non riesca a socializzare. Difficile ancora di più, per ciò che racconta, dire se qualche episodio particolare lo ha scoraggiato. Dalle sue parole trapela la vostra attenzione a promuovere occasioni in cui lui possa stare con gli amici, ma forse oltre a sollecitare a fare potreste cercare di costruire un dialogo per comprendere le sue difficoltà, scoprire i suoi desideri di modo da sollecitarlo verso ciò che vuole facendolo sentire accolto, ascoltato e sostenuto.
Buongiorno a Lei, capisco bene la vostra preoccupazione e l'ansia che provate nel vedere le difficoltà di vostro figlio e l'impotenza che sentite nel vedere che non riuscite ad aiutarlo. Fare una diagnosi via mail è complicato, perchè occorrono molte informazioni e perchè parlare con lui sarebbe più che necessario. Sembra che qualcosa in un'area dello sviluppo sia rimasta in bilico, ferma e che suo figlio non sia riuscito ad andare avanti, a svincolarsi e crescere. Certamente molto dipende dai suoi problemi di autostima. più l'autostima è bassa, meno si investe nelle relazioni esterne e meno si investe più ci si sente esclusi e incapaci. Ad un certo punto diventa come un gatto che si morde la cosa, bisogna andare all'origine del problema e lavorare con il ragazzo per farlo sentire più forte così che abbia la possibilità e il coraggio necessari per tentare di interagire con gli altri e accettare successi ed insuccessi. Credo che voi come genitori possiate farvi aiutare da uno psicologo che vi aiuti a sostenerlo in questo cammino che per il ragazzo è, al momento tutto in salita. Ma ciò che più caldamente Le consiglio è di far seguire il ragazzo da un terapeuta specializzato nei disturbi dell'adolescenza. Se ha bisogno di ulteriori indicazioni non esiti a ricontattarmi. In fede
Buona sera, attendo con ANSIA un suo aiuto!!! E' proprio da questa frase, che Lei ha utilizzato per chiudere la Sua richiesta, che vorrei partire. I problemi relazionali di suo figlio saranno sicuramente reali e sostenuti da motivazioni importanti, ma la sofferenza di questa condizione mi pare la provi più Lei, che suo figlio... o sbaglio? Egli avrà di sicuro il suo carattere introverso, una sua personale sensibilità, che potremmo definire biologica o dovuta ad avvenimenti passati, ma Le ha mai parlato, realmente, del disagio che prova o sono solo Sue deduzioni? Lei, come giustamente osserva, è preoccupata per la solitudine e l'introversione di suo figlio e per la mancanza di amicizie significative, ma non è detto che questa condizione perduri. Avere 14 anni non è facile, come Lei ben ricorda, soprattutto per i maschi, i quali diventano più competitivi ed estroversi, gareggiando di continuo tra loro, per misurare le loro forze crescenti ed i nuovi orizzonti di libertà che piano, piano scoprono. Suo figlio, probabilmente, non è semplicemente pronto ad uniformarsi, magari la sua introversione, cela una maggiore maturità interiore rispetto ai suoi coetanei, giustamente, più superficiali e spensierati e questo lo porrebbe a disagio nel frequentarli. Il fatto di essere figlio unico non sempre è motivo di introversione, per questo mi sento di sollevare Lei e suo marito da un senso di colpa comune un pò a tutti i genitori nelle Vs condizioni. Inoltre, mi sento di azzardare che, sin dalla Sua nascita, avete provveduto a non farlo sentire solo, creando un'ambiente stimolante ricco di altri bambini. Mi ripeto, si liberi dal senso di colpa e cerchi di porre meno attenzione su questa questione (attenzione selettiva), che vi porterà a vedere solo in negativo e non vi permetterà di cogliere eventuali progressi. Avete fatto tutto per il suo meglio e paradossalmente è proprio questo che può in qualche modo penalizzarlo, mi spiego meglio:(Lei lascerebbe mai un porto sicuro per il mare aperto? Ogni azione che ci permette di avere vantaggi, verrà sempre ripetuta, quelle insicure o che ci portano rogna, verranno automaticamente abbandonate); è sicura che suo figlio, nonostante l'incoraggiamento ad uscire di casa (dove avrà sicuramente tutto), non si sia sentito in colpa LASCIANDOVI DA SOLI? Ha mai assistito a liti tra Lei e suo marito? Questa potrebbe essere una motivazione (MAGARI ANCHE INCOSAPEVOLE PER IL RAGAZZO), per cui si rifuta di uscire e viversi le relazioni con i coetanei, in quanto timoroso, che non potendo controllare la situazione a casa, quell'evento possa ripetersi, mentre lui non c'era, e ciò scatenerebbe il suo senso di colpa, per non aver potuto difendere il suo porto sicuro. Provi a spiegargli che può andare tranquillamente e che Voi avete anche altri impegni diversi dai suoi. Vedrà che, inizialmente, tenderà a rimanere in casa, provando quella solitudine che non piace a nessuno, ma al tempo stesso si sentirà responsabilizzato, a controllare casa (crescita inevitabile)!!! Dopo alcune occasioni, si renderà conto che fare il cane da guardia alla casa, lo annoia, mentre gli altri si divertono, questo lo porterà così a sperimentare strade alternative, come quella di organizzarsi con i suoi coetanei. Solo allora, come tutti i genitori, sarete voi a dovergli correre dietro! Al di là dei miei consigli, comunque, se vede che le cose non le piacciono, richieda un consulto di uno psicoterapeuta, che possa approndire, le cause di eventuali strani comportamenti. Lieto di averLe risposto, credo in maniera esauriente, La saluto cordialmente
Cara signora. La prima cosa che mi fa pensare è che tutto dipende molto da come si sente suo figlio.Le racconta qualcosa? ha mai provato a parlare di queste sue preoccupazioni direttamente con lui? suo figlio le ha mai espresso sofferenza o disagio? e se sì per che cosa? è anche vero che i ragazzi davanti ai genitori sono in un modo e fuori magari sfruttano diversamente le loro risorse. Il passaggio alle scuole superiori è sempre critico ed importante.La cosa he lei può fare è continuare ad incitarlo a frequentare spazi e luoghi in cui ppter socializzare oltre la scuola (sport,centri di aggregazione per doposcuola o altre attività,oratori). Altra cosa che può fare e ercare di comunicare e parlare di questi aspetti con suo filio che inizia a divetare gande a sviluppare una sua idea e una sua opinione.Provi a cobfrontarsi con lui. Non pensi che se c'è qualcosa che non va la "colpa" sia sua. Questo è un pensiero non vero e che non aiuta nè lei nè suo figlio. Infine questione ultima ma non meno importante, non pensi di Cambiare suo figlio.Non si puó decidere di "cambiare" nessuno,ma al massimo aiutarlo ad andare verso un'altra strada che ci sembra migliore o comunque indirizzarlo e seguirlo lungo la strada che sceglie. Mi faccia sapere.Spero di esserle stata utile.
Cara Maria, servirebbero più informazioni su suo figlio per centrare la problematica eventualmente esistente. Spesso capita che sul proprio figlio si proiettano le proprie ansie; chissà se lei era così da piccola ed ha paura che suo figlio passi quello che ha passato lei.....Sicuramente il ragazzo sta entrando nell'adolescenza e proprio in questo momento è fisiologico che i ragazzi vogliano stare un pò per i fatti propri. Cerchi di avere un atteggiamento di ascolto, non insista se suo figlio non le vuole raccontare i propri segreti. Gli faccia però sentire che lei è presente e che ci sarà quando lui vorrà. Non sia intrusiva o lui la terrà sempre fuori dal suo mondo, lo osservi crescere e sia vicino a lui ogni volta che lui lo vorrà. Cerchi di conoscere i genitori dei suoi compagni di classe e inviti i figli da voi. Chieda ai nuovi professori come suo figlio si comporta durante la ricreazione o durante l'ora di motoria. Sia fiduciosa e lo elogi ogni volta che raggiunge piccoli traguardi. Metta in evidenza le sue doti e non i suoi difetti!

Salve Maria, Essere genitori è un mestiere molto difficile, quello che vorremmo per i nostri figli è una vita senza problemi, o almeno riuscire a dare delle risposte o trovare delle soluzioni alla risoluzioni di questi quando si palesano nella vita dei nostri figli.

Faccio questa premessa perchè credo che la sua preoccupazione passi proprio da questo, dall'idea che non riesca a far fronte ad una difficoltà relazionale che starebbe vivendo suo figlio. Dico starebbe perchè, da quello che si evince da ciò che scrive, suo figlio ha sempre o per lo meno da moltissimo tempo mostrato un carattere un po' più introverso, ma che a suo modo di vedere è divenuto una difficoltà proprio ora. Non voglio con questo sminuire ciò che ha scritto, lei è sua madre e giustamente ha la possibilità di vedere suo figlio giornalmente e sa se mostra o meno delle preoccupazioni, delle ansie o se è triste per qualcosa, da quello che ho capito suo figlio è da poco passato dalle scuole medie alle superiori, è nella sua piena adolescenza e si trova a fronteggiare un cambiamento di vità radicale, nuova scuola, nuove regole, nuovi compagni, e tutto ciò che concorre con lo sviluppo ed il passaggio dal considerarsi bambino al considerasi adulto, in quanto in questo periodo suo figlio non è né l'uno né l'altro con le conseguenze che ne conseguono. Quello dell'adolescenza è un periodo che abbiamo vissuto tutti e sappiamo che può essere molto difficile. Quello che le consiglio è di parlare con suo figlio, vedere se vi è realmente qualcosa che non va e magari ipotizzare un incontro di consulenza con uno psicologo, per vedere sevi sono o meno difficoltà che suo figlio magari non riesce a far emergere con voi.