Mio filgio di 6 anni ha problemi a socializzare

FEDERICA

Mio figlio ha 6 anni ed è generalmente un bambino socievole che fa velocemente amicizia con bambini che non conosce. Da un mese e per sua scelta ha iniziato, oltre alla scuola primaria, la scuola calcio. Bene, pur amando giocare a calcio, durante gli allenamenti sono emerse un sacco di difficoltà. Il bambino non riesce a inserirsi nel gruppo, si emargina e viene emarginato tanto che durante le partite non riuscendo completamente ad entrare nel gioco, si morde le unghie in segno di disagio. Ovviamente ha iniziato a dire che non vuole più andarci, non sapendone spiegare il motivo che però è evidente. Rivedo me da piccola, con gli stessi problemi di socializzazione, che ho tutt'ora, e l'incapacità di riuscire negli sport. Non so come comportarmi con lui, vorrei aiutarlo e sostenerlo, e non vorrei che abbandonasse un qualcosa che gli piace per una difficoltà che io non ho mai superato ma che forse lui, anche con il mio aiuto, può riuscire ad affrontare..

5 risposte degli esperti per questa domanda

Salve Federica

il primo consiglio che posso darle è di non confondere se stessa con suo figlio. Può darsi che riconosca in suo figlio dei tratti simili al suo carattere, ma suo figlio è una persona diversa da lei, non se lo dimentichi mai. 

Può sostenerlo chiedendogli amorevolmente come mai non vuole più andare a calcio (agli allenamenti, alle partite o ad entrambi gli eventi?). E chiedendogli come mai si morde le unghie. Sicuramente suo figlio comprenderà che lei prova interesse per i suoi stati d'animo.

E non si allarmi se suo figlio non è più interessato allo sport che inizialmente pensava potergli piacere; è giusto che i bambini cambino anche più sport per scoprire quelli in cui si sentono più a loro agio, debbono poter anche decidere a cosa rinunciare.

Un caro saluto

Dott.ssa Claudia Corti

Dott.ssa Claudia Corti

Firenze

La Dott.ssa Claudia Corti offre supporto psicologico anche online

Cara Federica,

mi chiamo Ilaria e sono una psicoterapauta di Firenze. Il tuo bambino sta affrontando un passaggio di crescita molto complesso. La scuola elementare è un'esperienza di non facile gestione. I bambini devono allenare la loro capacità di attenzione, confrontarsi con una giornata non più volta all'apprendimento sotto forma di gioco, ma piena di nuove regole e prestazioni. A questa età non è facile gestire in modo adeguato le emozioni, il bambino non è in grado di tollerare più di tanto le frustrazioni e spesso reagisce mettendo in atto rifuti ed evitamenti. Stessa modalità avviene all'interno di una dimensione sportiva come, in questo caso, una società calcistica. All'inizo della mail hai scritto che il tuo bambino è generalmente socievole, quindi è in grado di confrontarsi con nuove amicizie. Il fatto che non riesca ad inserirsi nel gruppo e che venga emarginato mi fa riflettere; una qualsiasi società sportiva dovrebbe aiutare e promuovere l'inserimento del singolo all'interno del gruppo e dare a tutti la possibilità di esprimersi e di giocare; come fa un bambino a soppesare le sue capacità o a confrontarsi se non gliene viene data l'opportunità? E se un allenatore si trova di fronte ad un bambino che ha bisogno dei suoi tempi per integrarsi che tipo di strategie mette in atto per aiutarlo? Dovrebbe essere una guida e non un giudice. Purtroppo negli ultimi anni non è il primo caso che sento relativo al mondo del calcio. Alcuni ragazzi che sono venuti in terapia da me avevano cominciato a soffrire di panico e di fobia sociale proprio perchè non riuscivano a farsi spazio all'interno della propria squadra, venivano messi sempre in panchina e anche offesi per questo. Sarebbe importante che tu parlassi con chi allena il tuo bambino per chiedere spiegazioni. Non dovrebbe sperimentare a sei anni il rifiuto e l'ansia da prestazione, ma la passione e la voglia di mettersi in gioco. Quando una situazione ci crea ansia e difficoltà tendiamo ad evitarla; a breve termine questo ci da sollievo, mentre a lungo termine diventa un costo emotivo troppo alto. Parla con il tuo bambino anche riportando la tua esperienza personale; cerca di capire che paure ha o che sensazioni lo accompagnano durante le partite. Dopo esserti fatta un quadro abbastanza completo valuta anche la possibilità di far lavorare il tuo bambino in terapia; se tende a scoraggiarsi di fronte alle difficoltà o a non riconoscere i suoi limiti e le sue risorse esistono tanti strumenti e tecniche utili e importanti che lo potrebbero aiutare.

Se hai bisogno di confrontarti ancora io sono qui.

Intanto ti auguro una buona serata; e ti ringrazio perchè sono proprio le persone come te che riconoscono i disagi e hanno l'umiltà di chiedere aiuto che mi fanno credere ogni giorno di più in quello che faccio. Un abbraccio non solo da una terapeuta ma anche da una mamma di due bimbi, uno di 6 anni e uno di 6 mesi.

Gentile Federica, la risposta più immediata da dare sarebbe quella di consigliarla a far seguire il bambino da uno psicoterapeuta dell'età evolutiva che lo aiuti a superare i problemi di socializzazione nello sport. Lei scrive che vorrebbe aiutarlo e sostenerlo per superare una difficoltà che lei stessa non ha mai superato. Problemi di socializzazione che si evidenziano in modo particolare nello sport. Perché proprio nello sport? Cosa c'è nel gioco di squadra che rende suo figlio e anche se stessa così impossibilitata a partecipare, a condividere le proprie abilità con gli altri a fini ludici? Federica, è molto difficile riuscire a comunicare ai propri figli una conoscenza che non si è acquisita in prima persona. Generalmente accade il contrario. Noi osserviamo nella pratica clinica come le ansie e i conflitti si tramandino, da generazione in generazione. I genitori si sforzano di parlare, a comprendere, a motivare, a rendere i propri figli persone serene e possibilmente felici, ma l'educazione non passa attraverso le parole, o meglio, passa attraverso esse e i discorsi in minima parte. Ciò che passa è il non-detto, i modelli di comportamento, l'esempio. Io credo che un modo, secondo me il più efficace per affrontare questa situazione, sarebbe quello di ripensare lei stessa alle proprie difficoltà di socializzazione, buttarci uno sguardo, capire. Vedrà che anche suo figlio ne gioverà e il vostro rapporto potrà essere in pieno un rapporto educativo. Se vuole, non siamo molto distanti. La saluto  

Dott.ssa Mirella Caruso

Dott.ssa Mirella Caruso

Roma

La Dott.ssa Mirella Caruso offre supporto psicologico anche online

Buongiorno,

le do un suggerimento, bisogna coinvolgere la figura adulta di riferimento di questa attività. L'allenatore nello specifico. Credo che fare due chiacchiere con lui la aiuterebbe lei ad orientarsi ed a capire che ruolo avere in questa difficoltà di suo figlio. Inoltre questo potrebbe essere un momento di confronto in cui anche l'allenatore si può impegnare a dare attenzione a questo aspetto durante gli allenamenti. Lei conosce suo figlio e sa se può spronarlo a continuare ancora un pò oppure se è già arrivato al punto di non volerne sapere niente. In tal senso le dico anche che i bambini passano questi momenti e cambiano idea molto velocemente, basta un episodio positivo. Quindi continuerei per un pò a farlo andare continuando a sostenerlo in questo percorso quando possibile. Se segue tutti gli allenamenti, ogni tanto proverei anche a non seguirne qualcuno e farmi dare un feedback dall'allenatore dopo averne parlato, perchè a volte la presenza degli adulti, ad esempio genitori, nell'attività ludica, ha un effetto sull'attenzione e la presenza nel gioco dei bambini. 

Se ha ancora bisogno non esiti a contattarmi.

Cara Mamma, è molto probabile che lei, come suo figlio, abbiate avuto leggerissimi sfasi di organizzazione motoria. Per farle capire meglio: quando si cresce i processi neurali è come se si dovessero settare, quindi il cervello è costretto a comprendere la posizione, la coordinazione e l'azione; per ogni singolo movimento. Da quello che mi racconta, il bambino sembrerebbe molto intelligente e spesso i genitori di questi bambini li portano a fare moltissime cose, non rendendosi conto che il bambino con cui hanno a che fare è sempre un bambino e non un adulto come noi. E' normalissimo che il bambino nel momento in cui prova delle difficoltà e quindi frustrazione si inibisca e rifiuti una qualsiasi attività, anche quella che lo appassiona di più.

Pertanto le consiglio di verificare da un neuropsicomotricista la coordinazione motoria e se questo rifiuto e inibizione dovessero iniziare ad investire anche la scuola (quindi con un abbassamento leggero anche dei voti delle insegnanti) contattare uno psicologo per il lato emotivo della cosa.

Entrambe le componenti sono fondamentali ai fini di uno sviluppo Felice del bambino.

Cordialmente