Come dovrebbero comportarsi i genitori?

Sempre più spesso, ultimamente, mi capita di sostenere, in diversi contesti, che non esiste il manuale del buon genitore e che non esistono regole assolute e funzionali per tutti i genitori.

Se così fosse, sarebbe (forse) molto più facile: sapremmo infatti cosa fare, come fare e quando fare una determinata cosa in risposta ad un preciso comportamento o davanti ad una difficoltà o, ancora, per ottenere un determinato risultato.

Leggiamo di regole e compiti genitoriali ma si sa, la teoria può essere ben diversa dalla pratica e spesso conciliare le due cose diventa davvero difficile per noi genitori.

In linea generale penso che non esistano regole genitoriali rigide e determinate che possano funzionare nello stesso modo per tutti i genitori e con tutti i bambini: ogni genitore è unico, con il proprio carattere, il proprio vissuto, i propri valori, la propria storia e la propria emotività. Così come ogni bambino è unico, con il proprio carattere, il proprio temperamento, i propri bisogni e la propria storia. Entrambi fanno parte di un preciso contesto, in un preciso momento e si incontrano in una relazione unica, irripetibile e  in continua mutazione. Ciò significa che quello che può funzionare in una relazione genitore-bambino, potrebbe non funzionare allo stesso modo con un altro genitore e con un altro bambino.

Il genitore che cerca  regole genitoriali assolute, per quanto queste possano essere d’aiuto ad orientarsi in questo difficile compito,  potrebbe trovarsi nella condizione di non vedere e sentire se stesso e il proprio figlio, in nome di quell’unicità di cui parlavamo.

Il concetto quindi è che “quello che funziona con tuo figlio, potrebbe non funzionare con il mio”, “quello che tu pensi sia giusto fare con tuo figlio, potrebbe non esserlo per me”, “una cosa facile per te e per tuo figlio potrebbe non esserlo per me e per mio figlio”…e così via.

Ovviamente, quindi, qualsiasi tipo di giudizio, di paragone, di indicazione o di consiglio, se non contestualizzato, lascia il tempo che trova.

Esistono però degli spunti di riflessione (mi piace chiamarli così, più che regole) per i genitori per mettere in atto una serie di comportamenti che potrebbero aiutare a promuovere lo sviluppo di abilità empatiche e pro sociali del proprio figlio (Shaffer, 1996):

Comunicare principi e regole chiare: provare ad indicare al bambino quali sono i comportamenti più adeguati da adottare in certe situazioni esplicitando con chiarezza i vantaggi e le conseguenze negative delle sue azioni;

Porre enfasi emotiva sui comportamenti desiderabili: sarebbe meglio passare il messaggio cognitivo non in modo “freddo” ma arricchito di intensità emotiva dei sentimenti del genitore;

Attribuire qualità pro sociali al bambino: restituire al bambino un’immagine positiva di sé aiuta il processo di sviluppo di un sé morale in relazione all’immagine di sé;

Fornire esempi concreti: indicazioni teoriche su principi morali non accompagnate da comportamenti coerenti e congruenti genitoriali, possono risultare poco influenti sullo sviluppo della coscienza morale del bambino. Come si sa, la maggior parte degli apprendimenti avviene attraverso l’osservazione del comportamento genitoriale!

Avere nei confronti del bambino modalità di attenzione e di cura empatica: dove ci sono relazione positive e calore affettivo, vi è maggiore possibilità da parte del bambino di aderire ai valori e ai principi genitoriali.

 

 

 

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