Cara Beatrice,
le tue parole toccano un nodo profondissimo: quello dell’amore, della perdita e del senso di colpa. Il tuo vissuto è complesso e intenso, e parla di un conflitto che molte donne portano dentro, spesso in silenzio — tra la scelta e la rinuncia, tra ciò che si è potuto fare e ciò che si sarebbe voluto.
Quello che descrivi non è segno di un “problema mentale”, come tu stessa hai compreso con il supporto del terapeuta, ma l’espressione di un’elaborazione emotiva che non segue un tempo lineare. Anche quando sembra che tutto sia passato, anche quando la vita ha portato con sé una nuova nascita, le ferite antiche possono riemergere. E lo fanno non per dirti che sei sbagliata, ma perché qualcosa dentro di te ha ancora bisogno di essere accolto, ascoltato, legittimato.
Hai attraversato un momento difficile, in un contesto incerto, e hai preso una decisione che ti ha segnato profondamente. Ma il fatto che oggi tu sia madre non cancella — né pretende di farlo — ciò che è accaduto prima. La maternità non “risolve” la perdita, e non colma automaticamente quel vuoto. Anzi, a volte proprio diventare madre può riaprire antiche ferite, perché risveglia il legame profondo con quel bambino che non è nato, ma che ha abitato comunque il tuo corpo, i tuoi pensieri, le tue emozioni.
Beatrice, tu non sei una cattiva persona. Non sei un’“orribile essere”. Sei una donna che ha vissuto qualcosa di lacerante e che, anche a distanza di anni, lo sente ancora dentro di sé perché ha una coscienza profonda, perché ama, perché non ha dimenticato. Questo non ti rende colpevole, ti rende umana. E profondamente viva.
Il dolore che torna non significa che sei tornata indietro: significa che stai attraversando un altro strato di quel lutto. Ogni lutto ha i suoi tempi, e quello per una gravidanza interrotta — soprattutto quando è vissuto in solitudine o con giudizio verso sé stessi — può durare molto, perché spesso è un lutto invisibile. Ma non meno reale.
Perdonarsi, in questi casi, non è un atto immediato, è un processo lento. Significa riconoscere che quella scelta è stata fatta con la consapevolezza, il coraggio e i limiti di quel momento. Significa permettersi di piangere quella creatura, ma anche di accogliere sé stesse con gentilezza, come si farebbe con una cara amica.
Forse oggi puoi iniziare a parlarne di nuovo, magari con un terapeuta che ti aiuti a dare voce a quella parte di te che ha bisogno non solo di essere capita, ma anche abbracciata. Esistono percorsi specifici per l’elaborazione del lutto perinatale e post-aborto, che aiutano proprio a riconoscere e dare spazio a questo tipo di dolore, così spesso taciuto.
Tu hai diritto a sentire quello che senti. E hai diritto a cercare pace, senza negare nulla.
Il fatto che tu stia cercando un senso, che tu voglia perdonarti, è già un gesto d’amore verso di te e verso quella parte della tua storia che ancora oggi chiede tenerezza.
Ti auguro, di cuore, di trovare uno spazio in cui poterti raccontare senza paura, e un tempo in cui il ricordo possa convivere con la gratitudine per ciò che oggi hai costruito, senza colpa. Solo con amore.