Non si può' parlare di cibo....

SUSANNA

Buongiorno, mia figlia è seguita da una psicologa da 2 anni per ansie, bassa autostima e disturbi alimentari. Abbiamo fatto due incontri con lei per parlare di mia figlia con dei consigli che abbiamo seguito. Ho capito da mia figlia che durante le sedute l'argomento alimentare non ne parla, passa dei periodi che decide di mangiare SOLO determinate cose che decide lei (tonno e mozzarella rigorosamente light oppure ultimamente yogurt magro e fragole tutto senza zucchero) e di questo evita di parlare credo anche con la psicologa. A casa l'argomento cibo è un problema, ho chiesto un incontro pensando che un confronto a tre potesse aiutare con la psicologa visto che a volte è impossibile dialogare lei, e mi ha risposto che si poteva fare ma solo dopo che io e suo padre andavamo da un altro psicologo e fare qualche incontro... ma cosa serve visto che non conosce mia figlia e tutta la situazione come la conosce lei? Sono perplessa e mi chiedo ....è una cosa normale?

9 risposte degli esperti per questa domanda

Gentilissima,

da quello che scrive desumo, spero correttamente, che sua figlia sia in età adolescenziale. In questi casi, secondo la mia formazione, uno spazio di ascolto per i genitori, diverso da quello del proprio figlio/a, è un fattore terapeutico favorevole per una buona riuscita del percorso che sua figlia sta facendo. Non si preoccupi del cibo in senso stretto, la collega che segue sua figlia è sicuramente avvertita sui periodi di restrizioni e selettività che sua figlia ha, anche se non ne parla esplicitamente con la collega. La questione cibo non è il punto su cui lavorare con lo psicologo/a. Concordo con l'indicazione della collega nel trovare anche lei e il padre uno spazio vostro di ascolto e sostegno. Trovo anche corretto che ogni tanto la psicologa di sua figlia faccia il punto della situazione con voi genitori. Lo trovo perfino più utile anche di un eventuale incontro tra lei, sua figlia e la psicologa. Ogni caso è comunque a sé e valuterà la collega che sta seguendo sua figlia se utile o meno questo incontro. Da ultimo, mi chiedo se ha chiesto a sua figlia se è d'accordo o meno a fare questo colloquio a tre. Non lo sottovaluti questo aspetto, è molto importante.

Cordialmente, 

Cinzia Paolucci 

Dott.ssa Cinzia Paolucci

Dott.ssa Cinzia Paolucci

Ancona

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Buonasera Susanna,
Suppongo che la situazione che stiate vivendo in famiglia sia difficile da affrontare e le sono vicina per questo.
Nelle situazioni che coinvolgono più persone, come il contesto familiare, può essere opportuno fare riferimento a più professionisti per risolvere un problema.
Pertanto è normale che uno psicologo indichi ai familiari del proprio paziente di rivolgersi ad un collega, con cui creare una rete e con cui affrontare la questione anche dal punto di vista di voi genitori.
Inoltre, è fondamentale poter supportare le figure di riferimento di chi vive un momento di difficoltà.

Rimango a disposizione per eventuali informazioni o dubbi.

Le auguro una buona serata

Dott.ssa Camilla Boccanera 

Dott.ssa Camilla Boccanera

Dott.ssa Camilla Boccanera

Ancona

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La terapia indiretta, spesso, dà risultati più rapidi di quella diretta. Per maggiori info legga l'articolo sul tema riportato nel mio website.

Dott. Matteo Papantuono

Dott. Matteo Papantuono

Ancona

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Cara Susanna, la tua preoccupazione è legittima e pienamente comprensibile. Come genitore, vedere tua figlia attraversare difficoltà così profonde — legate all’ansia, all’autostima e all’alimentazione — senza riuscire ad aiutarla direttamente, può essere un’esperienza dolorosa e frustrante. Hai già fatto passi importanti chiedendo supporto, cercando un confronto, restando presente, e questo va riconosciuto con rispetto. La tua domanda è molto chiara: è normale che la psicologa rifiuti un incontro a tre e chieda invece a voi genitori di andare da un altro terapeuta? La risposta breve è: sì, può essere una scelta professionale sensata, anche se apparentemente poco comprensibile.  Quando un terapeuta lavora con un adolescente, è molto attento a preservare lo spazio di fiducia e sicurezza che si crea in seduta. Se l'adolescente non è pronta a parlare di un tema (come il cibo), forzarlo anche indirettamente — ad esempio con un confronto a tre — potrebbe chiudere ancora di più quella porta. La psicologa potrebbe ritenere che, al momento, un incontro con voi presenti potrebbe non essere utile o persino dannoso per il percorso. Proporre a voi genitori di parlare con uno psicologo separato serve a esplorare dinamiche familiari, comunicazione, gestione dell’ansia o del controllo — tutti fattori che possono influenzare indirettamente la situazione della ragazza. Un terapeuta esterno può offrirvi spazio, strumenti e guida, senza sovrapporsi al lavoro che la psicologa sta facendo con vostra figlia. Forse la terapeuta spera che, creando una maggiore consapevolezza da parte vostra, possiate affrontare certi argomenti in modo meno conflittuale o ansioso, e che questo cambiamento favorisca, in un secondo momento, anche un possibile dialogo a tre più sereno e costruttivo. Il comportamento alimentare che descrivi — la selezione rigida di cibi “light”, il rifiuto di zuccheri, il controllo severo — può essere un segnale importante. È preoccupante che questo aspetto venga evitato, ma non è detto che la terapeuta non stia comunque lavorandoci indirettamente, magari su controllo, ansia, immagine corporea, o senso di valore personale. Talvolta, affrontare il cibo direttamente può generare rifiuto o chiusura, mentre lavorare a monte delle emozioni e delle convinzioni che lo sostengono può essere più efficace. Tuttavia, se senti che dopo due anni non ci sono miglioramenti o che c’è un punto di stallo, hai anche il diritto di chiedere un confronto sereno e professionale con la terapeuta per comprendere meglio l’impostazione del percorso, senza invadere la privacy di tua figlia. Valuta la possibilità di un supporto psicologico anche per te (o per entrambi i genitori). Non è un atto d'accusa, ma uno strumento prezioso per gestire la frustrazione, imparare a comunicare meglio e supportare tua figlia in un momento complesso. Se nel tempo non vedi alcuna apertura o miglioramento, considera anche una seconda opinione clinica, magari con uno specialista nei disturbi alimentari adolescenziali. Cara Susanna, la tua preoccupazione è amore. La tua perplessità è legittima. E il tuo desiderio di capire cosa sia meglio fare è un segno che tua figlia ha una madre presente, attenta e coraggiosa

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Massa-Carrara

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Cara Susanna, le sue preoccupazioni sono lecite. Sono certa che presentandole alla Dott.ssa di sua figlia, le saprà spiegare maggiormente la motivazione che l'ha spinta a farvi una richiesta del genere. 

Detto questo, la situazione che vivete è molto stressante, carica di ansie e timori. Potrebbe essere utile in ogni caso svolgere qualche seduta assieme al padre con uno/a psicologo/a diverso per avere quantomeno un sostegno dal punto di vista emotivo, chiarire il quadro e programmare il da farsi. 

Per qualsiasi dubbio rimango a disposizione.

Un caro saluto,

Dott.ssa Alessandra Papi

 

Dott.ssa Alessandra Papi

Dott.ssa Alessandra Papi

Roma

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Buongiorno. Sì può essere utile lavorare su due piani diversi; da una parte sostenere la ragazza dall’altro aiutare i genitori a comprendere meglio le loro difficoltà e risorse; ciò consente di condurre parallelamente processi elaborativi diversi. Ovviamente secondo me sarebbe utile anche un confronto tra i due terapeuti così da avere un quadro maggiormente esaustivo della situazione per supportare adeguatamente la famiglia. Buona giornata 

Buongiorno! Capisco la tua preoccupazione e la tua perplessità. È normale sentirsi confusi in situazioni del genere, soprattutto quando si tratta della salute e del benessere di una persona cara. La decisione della psicologa di chiedere a te e a tuo marito di consultare un altro professionista potrebbe essere legata alla necessità di avere un supporto esterno o di esplorare ulteriormente le dinamiche familiari.Tuttavia, è importante che tu possa esprimere le tue preoccupazioni e il tuo desiderio di avere un confronto diretto con la psicologa di tua figlia. Potresti chiedere un incontro per discutere di come affrontare insieme la situazione alimentare e il dialogo con tua figlia. La comunicazione aperta è fondamentale, e la psicologa dovrebbe essere in grado di ascoltare le tue preoccupazioni e fornirti il supporto necessario. Non esitare a chiedere chiarimenti e a esprimere i tuoi bisogni!

 

Dott.ssa Fosca Rossi

Dott.ssa Fosca Rossi

Ancona

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Salve Susanna, è comprensibile sentirsi in difficoltà di fronte a una situazione così delicata.  Rispetto alla richiesta della collega di iniziare un percorso genitoriale parallelo, può sembrare inizialmente sorprendente, ma in alcuni casi è una scelta clinica mirata. L’obiettivo non è “valutare” voi come genitori, ma offrire uno spazio in cui comprendere meglio la dinamica familiare, ed esplorare come sostenere vostra figlia nel modo più efficace possibile, favorendo un cambiamento anche attraverso il sistema familiare.

Detto questo, è altrettanto importante che voi possiate comprendere il senso e gli obiettivi di ogni passaggio terapeutico. Se qualcosa non è chiaro, è più che lecito chiedere chiarimenti alla professionista che la segue, esprimendo i vostri dubbi e le vostre aspettative. La trasparenza e la collaborazione sono elementi fondamentali in un percorso terapeutico efficace.

Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento.

Un caro saluto!

Dott.ssa Valentina Sassaroli

Dott.ssa Valentina Sassaroli

Ancona

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Cara Susanna

voglio rispondere direttamente alla domanda che pone:- a cosa serve andare come genitori da uno psicologo diverso da quello che segue mia figlia?- Il collega che sta seguendo sua figlia ha fatto bene nel darle questo consiglio per vari motivi, primo tra tutti, per rispettare lo spazio terapeutico di sua figlia. Inoltre non conoscendo l'approccio terapeutico che utilizza il collega, è possibile che suo approccio prevede questo tipo di setting individuale con sua figlia, e il consiglio di rivolgersi ad un altro psicologo, come genitori, è dato dal fatto di riconoscere che anche voi siete coinvolti nella problematica che ha effetti e conseguenze nelle vostre relazioni di genitori e figlia. Il mio approccio è sistemico e prevede percorsi di aiuto al gruppo familiare o ad entrambi i genitori, anche quando la figlia non è fisicamente presente. Nell’approccio familiare sistemico con la Hellinger® sciencia, la problematica circa il comportamento alimentare di sua figlia, è vista nelle dinamiche interiori che influenzano vari aspetti delle relazioni vissute in famiglia, che sono motivo di preoccupazione, di tensione, di ansia e altro e che riguardano lei come madre e suo marito come padre. La tematica è molto complessa e anche la vostra disponibilità a farsi aiutare è utile.

Un percorso di aiuto per voi genitori, può avere dei riscontri efficaci e determinanti, per affiancare positivamente, lo stesso percorso di cura di sua figlia, e per la buona risoluzione. Quindi accolga il consiglio del collega con fiducia.

 

Grazie per aver condiviso la sua storia.

Per approfondimenti e domande non esitare a contattarmi.

Cordiali saluti

Dott.ssa Leopoldina De Varti

Dott.ssa Leopoldina De Varti

Avellino

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