Esiste una maniera di riportarla alla ragione, anche senza la sua volontà

silvana

Come si può agire per riportare a casa una ragazza maggiorenne che, non ha accettato la separazione dei genitori? Già più volte rivoltasi ad una consulenza psicologica, rifiuta e vive dove capita essendo preda di qualsiasi pericolo, frequenta persone con problemi di droga ed altro. Situazione molto difficile e conflittuale con la madre che cerca di riportarla a casa. La mia domanda è: esiste una maniera di riportarla alla ragione, anche senza la sua volontà, magari in un centro di rieducazione e recupero pur essendo maggiorenne? Come si può procedere? Grazie, aspetto Vs aiuto.

7 risposte degli esperti per questa domanda

Buon giorno,

non è semplice rispondere a questa domanda in quanto le variabili in gioco sono diverse. Come prima cosa non è possibile obbligare nessuno a seguire percorsi terapeutici a meno che non occorrano gli estremi per ricoveri obbligatori (ma una tale misura, oltre ad essere adottata nel caso in cui il soggetto soffra di una grave patologia psichiatrica, se non necessaria, rischierebbe di compromettere ulteriormente il rapporto genitore - figlio). Anche l'inserimento in una qualche comunità terapeutica richiederebbe l'adesione dell'utente che si impegna in un percorso di riabilitazione. Inoltre dalla sua domanda è difficile capire se la ragazza soffra di qualche disturbo o il suo comportamento sia frutto di una dinamica disfunzionale che pertanto richiederebbe la messa in discussione di tutte le parti coinvolte nella dinamica stessa. Il consiglio è quello di rivolgersi ad uno specialista per una migliore declinazione del caso e l'eventuale pianificazione di una strategia operativa per la gestione dello stesso. 

Cordiali saluti.

Buon giorno, secondo la mia esperienza dico subito che non è possibile imporre qualcosa a qualcuno se il suo Io Persona non decide di ascoltare. Personalmente faccio riferimento alla Antropologia Personalistica Esistenziale del Prof. Antonio Mercurio il quale afferma che dentro di noi esistono almeno 4 soggetti e non uno solo. Se non si impara a conoscere  prima questi 4 soggetti e poi ad armonizzarli e non a farsi fare la guerra, qualsiasi tentativo può risultare vano. Mi rendo conto che non è facile comprendere subito questo discorso. Un mio invito sarebbe quello non tanto di far ragionare la ragazza ma di comunicargli a livello profondo che lei possiede dentro un tesoro e che è giusto che questo tesoro lei lo difenda, così come forse sta facendo attraverso il suo comportamento. Ma se noi continuiamo a negare che dentro ognuno di noi esiste uno spazio di libertà che appartiene solo e soltanto a noi, sbatteremo continuamente la testa e ci faremo e faremo male a noi e agli altri. Per concludere nomino i soggetti personali che sono dentro ognuno di noi:  IO CORPOREO (determinato) IO PSICHICO (determinato)  SE PERSONALE (determinato a mandarci solo cose buone per noi)  IO PERSONA (solo questo soggetto è libero di armonizzarsi con gli altri soggetti o di fargli fare la guerra in continuazione) Spero di aver dato un piccolissimo contributo. Un saluto cordiale

 

 

Dott. Antonio Scarcella

Dott. Antonio Scarcella

Lecce

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Gentilissima Silvana, la questione che sottopone è molto complessa e oltremodo complicata...purtroppo parliamo di una ragazza maggiorenne e pertanto non può essere obbligata contro la sua volontà a un percorso di cura! Certamente anche lei è caduta nel baratro della dipendenza da sostanze e ignoro se i servizi pubblici conoscono la ragazza; solitamente queste persone ricorrono al Sert per una terapia farmacologica che spesso viene usata semplicemente per implementare gli effetti della sostanza e pertanto nel modo più dannoso, sia se si tratti di psicofarmaci sia di metadone o subxone o talvolta in mix! Un genitore non può accedere ad alcuna informazione senza il consenso dell'interessato! Sarebbe utile non fornire i mezzi economici per proseguire in questa strada, qualora con le scuse più inverosimili ne faccia richiesta! Bisogna insistere che le verrà fornito tutto l'aiuto necessario se deciderà di curarsi! Le consiglierei di frequentare nella sua zona i gruppi di auto aiuto che il servizio pubblico o i centri di recupero organizzano costantemente! Ulteriori possibilità possono essere riposte in un trattamento sanitario obbligatorio e in un reato che possa essere compiuto! Se lo desidera mi contatti tranquillamente e cercherò volentieri di essere più esaustivo e preciso! Le faccio i miei più sinceri auguri e restò a sua disposizione per eventuali chiarimenti!

Dott. Carlo Enrico Livraghi

Dott. Carlo Enrico Livraghi

Lecce

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Gentile Silvana,

purtroppo i percorsi di psicologia non si possono imporre. Inoltre, anche da un punto di vista legale, non si può procedere terapeuticamente senza l’esplicita richiesta della persona interessata (tranne i casi di ricovero coatto che richiedono, però, procedure burocratiche particolari e che rischiano di compromettere ulteriormente i rapporti tra il soggetto e i familiari). Poiché, in questo caso,  l’atteggiamento distruttivo della ragazza produce estrema preoccupazione e ansia nella mamma, è preferibile che sia quest’ultima ad avvalersi  di un intervento di sostegno e di aiuto psicologico, soprattutto per contenere l’ansia e lo stress causatole da questa situazione.  Un caro saluto.

Dott.ssa Caterina Carloni

Dott.ssa Caterina Carloni

Roma

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Salve alla sua domanda se è maggiorenne non c'è risposta, le persone decidono della loro vita in maniera autonoma, libera e personale. Non si può obbligare un maggirenne a tornare a casa se non vuole, quello che si può fare è un TSO un Trattamento Sanitario Obbligatorio per proteggere la ragazza e con il ricovero diagnosticarle la psicosi che stà vivendo e poi decidere con i medici della struttura dove ricoverarla e dove indirizzarla. Dal suo racconto sembra che la situazione sia delicata e pericolosa, per un TSO può rivolgersi al CSM Centro di Salute Mentale della sua città, riferire la situazione e concordare con i medici un modo per recuperare dalla strada la ragazza. Si rivolga al CSM se non effettueranno un TSO, possono spiegarle cosa fare e come fare nella sua città, quale associazione ed ente chiamare per il recupero delle persone in strada. Spero di esserle stata di aiuto, cordiali saluti.

Premetto, è improbabile una richiesta d'aiuto spontanea e reale da parte delle ragazza (sarebbero tentativi manipolatori o di controllo della situazione). D'altra parte, se venisse costretta, boicotterebbe la terapia: trova ciò che le occorre nel piacere che danno amici e sostanze.

Più si cerca di aiutarla più si convincerà che sta facendo bene a fare così (gli adulti...sono invischianti, vogliono controllarla, non capiscono, ecc... Meglio evitarli e/o sfruttarli/manipolarli/servisene!).

Allora cosa fare? Iniziare a lavorare con la madre (o con qualcuno del sistema intenzionato a collaborare e in grado di farlo), andando ad indagare sulla situazione presente (quali sono i contatti che hanno, se ci sono, cosa accade in quei momenti, qual è il loro pattern comunicativo, cosa fanno...)

Se ci fosse un momento in cui la ragazza per qualsiasi ragione tornasse a casa (es. bisogno di soldi, farsi una doccia, prendere vestiti, ecc...). 

Questo momento potrebbe essere un'occasione da non lasciarsi sfuggire, per cui, il genitore dovrebbe evitare di fare ramanzine su ciò che non va (di solito sfociano in escalation che, per evitare il peggio o per la sua paura, portano il genitore ad accontentare il figlio, il quale dopo aver soddisfatto il suo bisogno fugge via abbandonando il genitore alle sue tetre paure. La storia si ripeterà la volta dopo, quando ritornerà a casa con una nuova e più impegnativa richiesta.

Anziché essere vittima dei timori e lasciarsi andare alle provocazioni. cosa potrebbe fare la madre? Quando la figlia ritorna dovrebbe dichiararle la sua debolezza dicendole: "sai cara, io come sempre anche questa volta vorrei aiutarti, purtroppo però non ce la faccio. Sai sto andando da un dottore perché ora sono io ad aver bisogno di aiuto. Mi è stato diagnosticata una grave forma di depressione e devo curarmi. Inoltre. mi ha detto che nei tuoi confronti ho sbagliato tutto e che d'ora in poi, per il tuo ed il mio bene, dovrò restare fuori dalla tua vita, perché anche tu, come ognuno di noi, hai il diritto di vivere la tua vita".

In questo caso, se ho inquadrato bene la situazione sinteticamente descritta, riproponendo questa manovra ogni qualvolta vi è un contatto da parte del figlio (che vuole) verso il genitore (che dà), questo circolo si interrompe e si vanno ad eliminare alcuni dei vantaggi secondari.

In concreto: le richieste avanzate,non essendo più soddisfatte, si stoppano; si eliminano i litigi che confermano nel ragazzo che lo stile di vita scelta è meglio; nella figlia potrebbe dominare la paura di ritrovarsi da un momento all'altro senza l'aiuto necessario presente in qualche modo fino a quel momento, e potrebbe andarne alla ricerca; si elimina, inoltre la possibilità illusoria "c'è sempre una via di uscita senza o con pochi rischi"; il genitore non si si sentirebbe più complice del problema del figlio (droga, cattive abitudine, ecc...); si sentirebbe più forte poiché disporrebbe di un'arma con cui fronteggiare i momenti critici. Resterò a disposizione telefonicamente per ulteriori chiarimenti.

    

 

 

Dott. Matteo Papantuono

Dott. Matteo Papantuono

Ancona

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Gent.le signora Silvana,

la sua richiesta è difficile, dato che sarebbe necessario costringere una persona a fare qualcosa senza che ne sia convinta... dunque non sarebbe un riportarla alla ragione, come lei scrive, ma un forzarla senza ragione a eseguire un comportamento... probabilmente tale metodo comporterebbe ulteriori ribellioni e fughe innescando un escalation di comportamenti provocatori e rabbia...  l'unica possibilità in una situazione così complessa, nella quale mi sembra di leggere anche un suo coinvolgimento emotivo forte, caratterizzato da sentimenti di impotenza e preoccupazione, sarebbe ascoltare almeno inizialmente la madre, aiutando lei a comprendere la rabbia della figlia e trovare insieme le strategie più adeguate per aprire almeno uno spiraglio di dialogo o confronto con la figlia... la strada probabilmente è lenta e difficile, ma se non si cerca di conquistare almeno una briciola di fiducia da parte della ragazza , sarà impossibile che lei possa abbassare le difese e aprirsi... se è tanto arrabbiata avrà bisogno di sfogarsi e ed essere aiutata a capire e gettare fuori tutto il suo risentimento, prima che questo imploda portandola ad agire comportamenti autodistruttivi come sta già facendo ora. proporle uno spazio tutto suo in cui possa sfogarsi, dire tutto ciò che non ha accettato dei suoi genitori e tutto ci che vorrebbe, senza forzarla subito a tornare a casa o prendere decisioni definitive potrebbe essere una strategia vincente, che la faccia sentire protagonista della sua vita e delle sue scelte. altrimenti rischierebbe di sentirsi trascinata in qualcosa che non vuole, proprio come la separazone, subita e non accettata. accogliere i suoi sentimenti negativi e riconoscere il suo diritto ad essere arrabbiata, accettare almeno all'inizio il suo dolore è l'unico modo per conquistare la sua fiducia e aiutarla a intraprendere in un secondo momento un percorso che la porti a comprendere anche le ragioni dei suoi genitori e perdonare ciò che ora le sembra inaccettabile. finchè lei non si sente capita, non riesce a mettersi nei panni degli altri e capirne le ragioni, i suoi comportamenti ribelli sono una protesta, che finisce con il distruggere se stessa per punre i suoi... ovviamente tutto questo va fatto in un ambiente protetto, con un esperto che parli separatamente con la madre e con la ragazza e riesca ad avviare una relazione terapeutica con lei...coraggio, la strada è difficile, ma non impossibile...arrendersi o usare metodi coercitivi significa solo farsi del male.. 

Dott.ssa Sara Ingrosso

Dott.ssa Sara Ingrosso

Taranto

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